20. MALATTIE DOVUTE AD AGENTI FISICI

285. LESIONI DA IMMERSIONE O DA LAVORO IN ARIA COMPRESSA

Sommario:

Introduzione
Fisiopatologia dell’aumento di pressione
Altre complicanze
Valutazione dell’idoneità per attività subacquee


I subacquei di profondità e quelli che utilizzano respiratori subacquei possono andare incontro a problemi di natura medica conseguenti alle alte pressioni cui vengono sottoposti, così come i lavoratori edili che lavorano nei tunnel o in aree di lavoro pressurizzate. Un paziente che accusi un qualsivoglia disturbo, durante e soprattutto dopo essere stato esposto ad alte pressioni, deve far sospettare i sintomi di una patologia da decompressione (embolia gassosa arteriosa o malattia da decompressione) e quindi necessita urgentemente di ricompressione. I medici che visitano pazienti di questo tipo devono stare molto in guardia e possono chiedere consulenza al Divers Alert Network (DAN) (Rete di Allarme per Subacquei), coordinato dal Duke University Medical Center, a qualsiasi ora (tel. 001-919-684-8111). (Il numero telefonico del DAN Europe Alarm Center è +039 6898552 e, solo dall’Italia, il numero verde 1678-24080, a qualsiasi ora. La sede amministrativa di DAN Europe è in Via Basilicata, 12, Roseto (TE); tel. +085 8930333, fax +085 8930050 nei giorni feriali e in orario di ufficio, n.d.t.)

L’elevata pressione in profondità deriva dal peso dell’acqua sovrastante, per lo stesso principio per cui la pressione barometrica al suolo deriva dal peso dell’aria sovrastante. Le pressioni in profondità vengono spesso espresse in unità di profondità o atmosfere assolute (Atm Ass, ATA). Un subacqueo alla profondità di 10 m in acqua di mare è sottoposto a una pressione di 760 mm Hg, cioè 1 atm superiore alla pressione barometrica vigente in superficie. La pressione totale a 10 m di profondità è pari a 2 ATA ed è determinata dal peso della colonna d’acqua sovrastante sommato al valore della pressione barometrica in superficie. Per ogni 10 metri in più di profondità la pressione aumenta di 1 atm. La pressione interna in un tunnel subacqueo o in un cassone di immersione (in cui viene immessa aria compressa per espellere l’acqua dal luogo di lavoro) sarà pari al peso della colonna d’acqua sovrastante. La pressione espressa in ATA è inferiore a quote elevate, fattore importante da tenere in considerazione quando ci si immerge in laghi montani.

Inizio Pagina

Fisiopatologia dell’aumento di pressione

Differenze locali di pressione ("barotraumi"): all’aumentare della pressione esterna sul corpo, per profondità maggiori, si osserva un incremento parallelo della pressione dei gas nei polmoni e nelle vie aeree. Se le trombe di Eustachio sono normalmente pervie (p. es., sbadigliando o deglutendo), la pressione nell’orecchio medio può essere mantenuta uguale all’aumentata pressione esterna, se invece sono presenti anomalie anatomiche, riniti allergiche o vasomotorie, oppure IRS, è impedita la compensazione e l’eccessiva pressione esterna viene esercitata direttamente sul timpano e viene trasmessa anche a tutti i vasi sanguigni del corpo. Se la pressione nell’orecchio medio rimane inferiore alla pressione esterna, i capillari della mucosa possono dilatarsi, divenire permeabili e andare incontro a rottura. Se il liquido edematoso e il sangue stravasato non occupano abbastanza spazio da compensare la differenza pressoria, è possibile che il timpano vada incontro a rottura (v. anche Otite media barotraumatica nel Cap. 84), a cui consegue spesso un’infezione dell’orecchio medio. La compressione può inoltre determinare una lesione a livello dei seni paranasali, che si manifesta con dolori locali, o di quelli sfenoidali, con dolore riferito all’occipite, al vertice o all’area frontale. La congestione mucosa, che impedisce il riequilibrio della pressione nell’orecchio o nei seni paranasali, risponde al trattamento con decongestionanti locali o sistemici. In genere, si possono verificare danni gravi se la pressione non viene adeguatamente compensata durante l’immersione.

Si può anche verificare una compressione locale quando uno spazio rigido o semirigido, in cui vi sia aria, rimanga adeso al corpo. Mentre la pressione delle maschere subacquee si riequilibra facendo fuoriuscire aria dal naso, quella negli occhiali subacquei e in alcune tute da immersione non è equilibrabile e provoca talvolta disagio, emorragie locali e danni tissutali. I tappi per le orecchie realizzano una raccolta gassosa chiusa nel canale uditivo esterno, impediscono il riequilibrio della pressione e pertanto non devono essere usati.

Le vertigini possono conseguire a variazioni della pressione e del volume gassoso nell’orecchio medio, attraverso almeno tre diversi meccanismi. (1) Rottura della membrana timpanica di un sommozzatore a capo scoperto nell’acqua fredda, con conseguenze paragonabili a quelle del test calorico (v. Valutazione clinica dell’apparato vestibolare nel Cap. 82): vertigini gravi e potenzialmente disastrose, disorientamento, nausea e vomito. (2) Pressioni non compensate nell’orecchio medio possono interessare l’orecchio interno, attraverso la finestra rotonda, causando una vertigine alternobarica, che può provocare perdita dell’equilibrio, sperimentata qualche volta dai sommozzatori quando iniziano a risalire. (3) Presenza di una fistola perilinfatica, con perdita della perilinfa dalla finestra ovale o dalla finestra rotonda, forma rara, che causa gravi vertigini e richiede intervento chirurgico d’urgenza. La vertigine può essere confusa con la malattia da decompressione vestibolare, quando si manifesti dopo un’immersione.

Compressione ed espansione dei gas: la legge di Boyle-Mariotte afferma che il volume di una determinata massa di gas varia in maniera inversamente proporzionale alla pressione assoluta; p. es., 1 l di aria alla superficie del mare (1 ATA) risulta compressa a 1/2 l a 10 m di profondità (2 ATA). Si deve quindi equilibrare la pressione negli spazi gassosi interni del corpo, durante la discesa, per compensare tale compressione, mentre respirando con l’aiuto di caschi da immersione o di autorespiratori viene compensata la compressione del gas nel sistema respiratorio.

La densità di un gas aumenta in maniera proporzionale alla pressione in ATA, ma la frequenza degli atti del respiro e il volume respiratorio di un sommozzatore di profondità sono circa gli stessi presenti in superficie (alle stesse condizioni di lavoro). Quindi, il numero di molecole di gas respirate nell’unità di tempo in profondità aumenta proporzionalmente alla pressione, p. es., il numero di molecole di gas respirate a 2 ATA sarà doppio di quello in superficie, di conseguenza, diminuisce proporzionalmente la durata della scorta di aria presente nelle bombole del sub e, a profondità maggiori, la respirazione diventa progressivamente difficoltosa, a causa dell’aumento delle resistenze nelle vie aeree e nell’apparato respiratorio del sub, che si oppongono al flusso dell’aria inspirata. Tali cambiamenti possono rendere difficoltoso l’esercizio fisico e aggravare la fatica respiratoria e l’affaticamento generale, rappresentando problemi notevoli durante l’immersione, anche in condizioni normali.

L’espansione dei gas polmonari durante l’emersione può essere causa di complicanze che mettono a rischio la vita del sub. Se un sommozzatore inspira anche una sola boccata d’aria o di altro gas in profondità e non la espira liberamente durante l’emersione, il gas espandendosi può sovradistendere i polmoni. Le conseguenze possono essere il pneumotorace, l’enfisema sottocutaneo e mediastinico e l’embolia gassosa a livello arterioso; quest’ultima rappresenta una situazione di estrema emergenza ed è la causa principale di morte fra i sommozzatori (v. oltre e Tab. 285-1).

Effetti della pressione parziale: la pressione parziale (P) di un gas è determinata dalla concentrazione del gas e dalla pressione ambientale; p. es., la concentrazione di O2 nell’aria è di circa il 21%, quindi la pressione parziale di O2 (Po2) nell’aria al livello del mare (1 ATA) sarà di circa 0,21 atm. La concentrazione di O2 nell’aria rimane la stessa al variare della profondità, ma la Po2 aumenta, riflettendo l’aumento della pressione e della compressione dei gas. A 2 ATA, il numero di molecole di O2 per unità di volume (densità) e la Po2 sono il doppio di quello che si riscontra in superficie.

I gas inerti (p. es., N2 ed elio) vengono assorbiti a livello ematico e tissutale, quando vi sia un aumento della loro pressione parziale. Durante la risalita, quando la pressione diminuisce, possono formarsi bolle gassose, responsabili di diverse affezioni (v. malattia da decompressione, oltre).

Gli effetti dei gas sono correlati alle rispettive pressioni parziali e si modificano al variare della profondità. Una prolungata esposizione a una Po> 0,5 atm (equivalente al 50% di O2 in superficie o al 25% di O2 a 10 m) può comportare una tossicità polmonare da ossigeno. La tossicità dell’ossigeno verso il SNC, che si verifica sostanzialmente nel corso di lavori in immersione, può causare convulsioni nel caso in cui la Po2 si avvicini o superi le 2 atm (p. es., il 100% di O2 a 10 m o il 50% di O2 a 30 m [4 ATA]) o perfino quando sia inferiore a 1,6 atm (p. es., il 100% di O2 a 6 m).

La narcosi da azoto, che presenta caratteri simili all’intossicazione alcolica, si verifica quando aumenta la pressione parziale di N2, nei subacquei che inspirano aria compressa; può divenire evidente a 30 m (100 piedi) o meno e diviene di solito inabilitante a circa 90 m (300 piedi) o a 10 ATA, a questa profondità infatti il suo effetto anestetico è paragonabile a quello del protossido d’azoto al 30% in superficie. Dal momento che l’elio non possiede questo effetto anestetico, per immersioni a grandi profondità viene utilizzato al posto dell’N2 per diluire l’O2.

Nelle immersioni in apnea e mentre si nuota sott’acqua, senza far uso di un autorespiratore, si osserva un cambiamento nei gas alveolari sia della Po2 che della Pco2. Lo stimolo a riemergere per riprendere a respirare dipende in gran parte dall’accumulo di CO2 nell’organismo, piuttosto che dalla carenza di O2. L’iperventilazione prima di un’immersione in apnea può aumentare il tempo di permanenza sott’acqua, perché riduce la CO2 favorendo un lieve incremento delle riserve di O2, quindi, la perdita di coscienza dovuta all’ipossia, può avvenire in assenza di sintomi premonitori, prima che la Pco2 arteriosa raggiunga valori sufficienti a stimolare il centro del respiro. Le immersioni in apnea a profondità notevoli elevano la Po2 alveolare, consentendo un’aumentata captazione di O2 in profondità, quindi, un subacqueo che si spinga oltre i limiti può perdere coscienza durante l’emersione, quando la Po2 alveolare scende a valori sempre più bassi. Questo fenomeno è probabilmente alla base di molti annegamenti inspiegabili tra subacquei in gare di pesca subacquea e tra quelli che praticano spesso l’immersione in apnea. Talvolta si usa la definizione di sindrome delle acque poco profonde, che tuttavia andrebbe riservato al suo significato originario: perdita di coscienza da eccesso di CO2, che si verifica con alcuni tipi di autorespiratori, che eliminano la CO2 in rapporto all’assorbimento chimico attivo.

Pressione idrostatica: la sindrome neurologica da alta pressione viene attribuita alla pressione idrostatica, indipendentemente dalla compressione dei gas o dalle loro pressioni parziali ed è caratterizzata da anomalie neuromuscolari e cerebrali, che possono verificarsi a circa 180 m (600 piedi) durante la discesa. Non ha rilevanza medica alle basse profondità.

Inizio Pagina

Altre complicanze

Se l’O2 nelle unità con respirazione in circuito chiuso è spiazzato da un eccesso di N2 o di un altro gas, può verificarsi ipossia, per tale ragione sono necessarie precauzioni eccezionali nella preparazione delle miscele di gas da respirare (p. es., combinazioni di N2-O2, piuttosto che di aria).

Avvelenamento da anidride carbonica (CO2): in superficie, l’iperpnea o la mancanza di respiro rappresentano normalmente segnali d’allarme dell’aumento della CO2 nell’aria inspirata, una reazione simile, invece, non avviene necessariamente sott’acqua, in particolare quando coesistano esercizio fisico ed elevata Po2 arteriosa. Alcuni individui trattengono spontaneamente CO2 durante l’esercizio, perché la ventilazione polmonare non aumenta in maniera adeguata. Una Pco2 arteriosa molto elevata, qualunque ne sia la causa, può provocare perdita od obnubilamento dello stato di coscienza (sindrome delle acque poco profonde), può aumentare il rischio di convulsioni da O2 e aggravare la narcosi da azoto. Si deve sospettare la tendenza alla ritenzione di CO2 in quei subacquei che lamentano frequenti cefalee post-immersione o che si vantano di aver consumato poca aria dai loro autorespiratori.

Avvelenamento da monossido di carbonio (CO): se l’aria presente nell’autorespiratore è contaminata da CO, può verificarsi la possibilità che i subacquei vadano incontro a perdita di coscienza o a morte (v. anche Cap. 292). Si deve sospettare un avvelenamento da CO se un sub lamenta nausea o cefalea o presenta debolezza, lentezza nei movimenti o alterazioni mentali, mentre la cute color rosso ciliegia non è un segno affidabile. Tipiche cause della contaminazione da CO nell’aria dei sub sono le prese d’aria di un compressore posizionate troppo vicine ai gas di scarico del motore e la combustione dell’olio lubrificante in un compressore difettoso. A scopo preventivo bisogna quindi controllare periodicamente le bombole dei sub per rilevare la presenza di CO e altri contaminanti.

Complicanze: la scarsa visibilità, lo sforzo eccessivo per resistere alle correnti marine e il freddo possono aggravare o essere causa di alcune patologie durante l’immersione. L’ipotermia si può sviluppare molto rapidamente in acqua, gli effetti immediati possono consistere nella perdita di attenzione e di destrezza fisica. Nei soggetti predisposti l’acqua fredda può innescare aritmie cardiache fatali.

L’ipoglicemia è un pericolo per i sub con diabete insulino-dipendente e probabilmente per coloro che assumono eccessive quantità di alcolici, trascurando un adeguato apporto calorico. I farmaci, le droghe e l’alcol possono avere effetti imprevedibili o inattesi in profondità.

Inizio Pagina

Valutazione dell’idoneità per attività subacquee

Ai medici viene spesso richiesto di stabilire l’idoneità alla pratica dell’immersione o ad attività correlate. Si consiglia, quando possibile, di rivolgersi a personale qualificato. I medici, di solito non possono impedire alle persone di praticare le immersioni e si dovranno quindi limitare a dare dei consigli e informare delle possibili complicanze e delle loro implicazioni. È prudente, elencando tali possibili sintomi, riportarli per iscritto, facendo firmare per presa di conoscenza la persona interessata. La valutazione clinica di subacquei professionisti e di subacquei dilettanti con anamnesi positiva per patologie specifiche richiede esami particolari (p. es., le prove di funzionalità respiratoria, l’ECG da sforzo, l’audiometria e le radiografie ossee).

I dati attuali sostengono che donne in buona salute fisica, salvo alcune eccezioni, possono praticare l’immersione in modo sicuro tanto quanto gli uomini. Comunque, alcuni studi evidenziano che le donne sono più suscettibili alla malattia da decompressione, perciò dovrebbero essere ancor più prudenti degli uomini. Alcune ricerche suggeriscono che le immersioni provocano un aumento dell’incidenza di difetti congeniti e di morte fetale. Poiché i limiti di esposizione sicuri non possono essere indicati con precisione, si consiglia alle donne in gravidanza o che potrebbero esserlo di evitare le immersioni.

I requisiti fisici e psichici per le immersioni, riportati nei testi e nei manuali per le immersioni, presentano alcune caratteristiche di base:

I sub devono essere in grado di far fronte da soli a molte situazioni; le immersioni possono comportare un esercizio fisico pesante, anche quando non ci si attenda alcuna attività subacquea impegnativa, le bombole di aria sono pesanti e la corrente può costringere a un’attività di nuoto estenuante, i subacquei, quindi, devono essere esenti da malattie cardiache o polmonari significative e devono possedere una capacità aerobica superiore alla media. L’anamnesi familiare e i fattori di rischio coronarico sono importanti. Alcune aritmie cardiache, comprese quelle che non impediscono lo svolgimento di altre attività, rendono impossibili le immersioni subacquee. La pervietà del forame ovale potrebbe consentire alle bolle di decompressione di eludere il filtro polmonare e potrebbe spiegare alcuni casi di malattia cerebrale da decompressione o di apparenti embolie gassose, tale patologia dovrebbe essere esclusa prima che il soggetto si immerga nuovamente. L’obesità marcata si associa spesso a una scarsa tolleranza all’esercizio fisico e a una maggiore predisposizione alla malattia da decompressione. Limiti d’età rigidi sono irragionevoli, ma i subacquei più anziani vanno controllati con maggior rigore, in particolare per la funzionalità cardiopolmonare. Le limitazioni fisiche andranno valutate nei termini della capacità individuale di soccorrere un compagno di immersione o di essere autosufficiente.

I subacquei devono essere in grado di equilibrare le pressioni gassose rapidamente in tutti gli spazi aerei del corpo. Le affezioni polmonari che provocano intrappolamento d’aria possono essere causa di embolia gassosa durante la fase di riemersione. Le controindicazioni assolute all’immersione comprendono: cisti polmonari, enfisema, asma in fase conclamata e una storia anamnestica di pneumotorace. Un’anamnesi positiva per l’asma rappresenta un pericolo perché potrebbe insorgere una nuova crisi sott’acqua. Costituiscono, inoltre, controindicazioni la congestione nasale cronica, la perforazione della membrana timpanica e alcuni interventi chirurgici otologici. Nel corso di infezioni respiratorie e di riesacerbazioni di rinite allergica o vasomotoria sarà bene evitare le immersioni. Gli individui che abitualmente inghiottono aria o hanno la tendenza al rigurgito, possono presentare problemi durante l’immersione.

I subacquei non devono essere soggetti a perdite di coscienza, di attenzione o di giudizio; tali inconvenienti, anche se soltanto momentanei, possono far commettere errori sott’acqua, mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei compagni d’immersione. Epilessia, sincopi, alcolismo e abuso di droghe sono incompatibili con la pratica dell’immersione. Il diabete insulino-dipendente rappresenta un pericolo perché l’esercizio fisico può determinare ipoglicemia. I subacquei non devono assumere farmaci che provocano sonnolenza o riducono lo stato di attenzione; tali farmaci, inoltre, possono aggravare la narcosi da azoto. La mancanza di stabilità emotiva è pericolosa per i subacquei e per i loro compagni. Un allenamento adeguato è il requisito essenziale per immersioni sicure e a tale scopo sono disponibili corsi offerti da organizzazioni nazionali di immersione.

Inizio Pagina

-indietro- -ricerca- -indice sezione- -indice generale- -indice tabelle- -indice figure- -help-

Copyright © 2002 Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A. Via G. Fabbroni, 6 - 00191 Roma - Tutti i diritti riservati.

Informativa sulla privacy