20. MALATTIE DOVUTE AD AGENTI FISICI

285. LESIONI DA IMMERSIONE O DA LAVORO IN ARIA COMPRESSA

PATOLOGIA DA DECOMPRESSIONE

MALATTIA DA DECOMPRESSIONE

(Malattia dei cassoni; malattia dei sommozzatori)

Patologia causata dalla riduzione della pressione circostante (p. es., durante la risalita da una immersione, nell’uscita da un cassone o da una camera iperbarica, oppure nell’ascesa ad alte quote), attribuita alla formazione di bolle gassose nei tessuti o nel sangue e abitualmente caratterizzata da dolore e/o da sintomi neurologici (v. Tab. 285-1).

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Prevenzione
Terapia d’urgenza


Eziologia

Il sommozzatore o il lavoratore in aria compressa, che respiri aria a pressione aumentata, assorbe quantità maggiori di O2 e di N2, che si disciolgono nel sangue e nei tessuti. L’O2 è un gas eliminabile attraverso differenti meccanismi fisiologici, mentre l’N2 (o qualsiasi altro gas inerte) lascia il corpo soltanto attraverso la circolazione sanguigna e i polmoni, via inversa a quella utilizzata per il suo ingresso. Gradienti di pressione parziale governano l’immissione e l’eliminazione del gas, ma il grado di sovrasaturazione (che si verifica quando la pressione gassosa dei tessuti o del sangue è superiore alla pressione ambientale) determina la possibile formazione di bolle gassose che divengono sintomatiche nel corso dell’emersione o immediatamente dopo.

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Sintomi e segni

Il dolore locale nei sub insorge più comunemente a livello o nei pressi di un’articolazione degli arti superiori, mentre si localizza a livello delle articolazioni degli arti inferiori nei lavoratori in ambienti in aria compressa. Caratteristicamente il dolore appare difficile da descrivere e spesso poco localizzato; espressioni ricorrenti sono: "un dolore profondo" o "qualcosa di fastidioso all’interno dell’osso". Talvolta il dolore è di tipo trafittivo e ben localizzabile; inizialmente può essere leggero o intermittente, ma tende ad aumentare costantemente fino a diventare molto intenso. La dolorabilità locale e l’infiammazione sono spesso assenti e il dolore può non essere aggravato dai movimenti.

Le manifestazioni neurologiche possono presentarsi da sole o accompagnate da dolore, si verificano in > 50% dei pazienti con malattia da decompressione e sono più frequenti nei sub che utilizzano autorespiratori che non nei lavoratori nei cassoni o in quelli forniti di attrezzatura tradizionale e di casco da immersione. I sintomi e i segni neurologici variano da lievi parestesie fino a problemi cerebrali imponenti. L’interessamento vestibolare può provocare vertigini gravi e soltanto con difficoltà potrà essere distinto da una fistola perilinfatica (v. sopra). Le complicanze precoci apparentemente lievi, come la debolezza o il torpore alle estremità, possono invece comportare conseguenze terribili, come la paraplegia, che può divenire irreversibile se l’intervento terapeutico viene ritardato o si dimostra inappropriato. Talvolta, il danno iniziale è troppo grave per porvi rimedio; anche con la terapia più tempestiva e corretta, tuttavia, sembrano essere utili somministrazioni ripetute di ossigeno iperbarico (v. Cap. 292). I pazienti con lesione del midollo spinale, conseguente alla malattia da decompressione, presentano una prognosi nettamente più favorevole rispetto ai mielolesi da altre cause.

"Chokes" (patologia da decompressione respiratoria) è di raro riscontro, ma di notevole gravità, è la conseguenza di un’embolizzazione massiva, con bolle gassose nell’albero vascolare polmonare. In alcuni pazienti, questa condizione si risolve spontaneamente, ma il più delle volte può rapidamente portare al collasso circolatorio e alla morte, se non si esegue una rapida ricompressione. Manifestazioni precoci sono la comparsa di fastidio retrosternale e di tosse durante le inspirazioni profonde o durante l’inalazione di fumo di tabacco. Negli studi sugli animali, questa condizione sembra fortemente associata al rapido raggiungimento di alte quote dopo un’immersione. La sincope e altre manifestazioni gravi che si sviluppano ad alta quota non vengono trattate necessariamente con il semplice ritorno al livello del mare, ma possono richiedere una pronta installazione in camera di ricompressione.

Possono manifestarsi prurito, eruzione cutanea e grave affaticamento, la ricompressione non viene abitualmente eseguita per sintomi di questo tipo, ma poiché talvolta sono precursori di situazioni ben più gravi è consigliabile in situazioni del genere tenere sotto osservazione i subacquei. Tali sintomi possono essere alleviati con la somministrazione di O2 al 100%. L’edema cutaneo è raro e riflette probabilmente l’ostruzione di vasi linfatici da parte di bolle gassose, un edema persistente o progressivo necessita comunque di ricompressione. La comparsa di chiazze cutanee (marmorizzazione) è un’evenienza rara, ma può precedere o accompagnare altre condizioni che richiedono la ricompressione. Il dolore addominale può indicare la formazione di bolle a questo livello ma, in particolare, se presenta una localizzazione a fascia, può indicare un coinvolgimento del midollo spinale. È inoltre possibile l’insorgenza di uno shock, quando la terapia sia tardiva, specialmente nei casi gravi.

L’osteonecrosi disbarica (una forma di necrosi ossea asettica) è molto più frequente tra i lavoratori in aria compressa che non tra i sub. Le esposizioni prolungate o frequenti e ravvicinate comportano presumibilmente un rischio più grave. Le lesioni in prossimità delle superfici articolari, più comunemente alla spalla e all’anca, possono causare gravi danni alle articolazioni con dolore cronico e notevole inabilità. La necrosi ossea è insidiosa perché diviene sintomatica o visibile radiologicamente soltanto mesi o anni dopo l’evento causale, potendosi verificare anche per un singolo episodio di decompressione errata.

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Prevenzione

Una significativa formazione di bolle può essere evitata diminuendo l’immissione di gas, p. es., mantenendo la profondità e la durata delle immersioni entro limiti che non richiedano soste di decompressione durante la risalita (nessun limite di decompressione [nessuna sosta]) oppure usando una tabella di decompressione ad aria, come quelle del Manuale della U.S. Navy Diving o del Manuale del National Oceanic and Atmospheric Administration Diving. Queste tabelle forniscono un modello di risalita dopo l’immersione che permette la fuoriuscita del gas inerte in eccesso, senza produrre alcun danno. Raramente la malattia da decompressione si verifica nelle immersioni condotte entro appropriati limiti di non-sosta o quando vengano seguite le tabelle di decompressione. Tuttavia, il sub non sempre è pienamente cosciente della profondità a cui si trova, della durata dell’immersione e della corretta procedura di decompressione. Molti subacquei ritengono erroneamente che le predette tabelle siano state fissate con ampi margini di sicurezza e dunque non le seguono alla lettera. Nuovi limiti non richiedenti soste di decompressione, nuove tabelle e computer portatili subacquei per la decompressione, presentano margini di sicurezza maggiori, ma anch’essi possono essere male utilizzati. I sub dovrebbero rispettare attentamente le profondità e i tempi che non richiedono soste, riemergere nei tempi stabiliti e osservare uno stop di sicurezza di pochi minuti alla profondità di 5 m. Nel caso delle donne e dei sub più anziani, sono state verificate soltanto poche tabelle di decompressione, pertanto tali individui devono utilizzarle con cautela.

Immersioni ripetute possono essere causa di malattia da decompressione, poiché un’eccedenza di gas inerte rimane nel corpo dopo ogni immersione e quindi aumenta la quantità di gas in eccesso ad ogni immersione. Se l’intervallo tra le immersioni è < 12 h, bisogna seguire le tabelle per immersioni ripetute.

È necessario prendere particolari precauzioni quando ci si immerga in specchi d’acqua situati ad alte quote e si intraprenda un viaggio aereo subito dopo un’immersione, in particolare, si raccomanda di trascorrere 24 h a livello del mare successivamente all’immersione, prima di salire ad alte quote.

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Terapia d’urgenza

La malattia da decompressione richiede la ricompressione (v. oltre). Il trasporto del paziente in un centro di soccorso, dotato di attrezzature per la ricompressione, ha la precedenza assoluta su qualsiasi altra misura terapeutica non indispensabile per la sopravvivenza. Non si deve rinviare il trasporto neanche nei casi che sembrino di lieve entità, perché è possibile che conseguenze più gravi si instaurino in seguito.

Quando il paziente presenti manifestazioni a carico del SNC, è utile ricorrere a misure che riducano l’edema cerebromidollare, specialmente se il miglioramento a seguito della ricompressione sia lieve o ritardato.

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