4. MALATTIE DEL FEGATO E DELLE VIE BILIARI

38. ASPETTI CLINICI DELLE MALATTIE DEL FEGATO

ASCITE

Liquido libero nella cavità peritoneale.

Sommario:

Eziologia
Fisiopatologia
Sintomi, segni e diagnosi
Terapia


Eziologia

Nelle epatopatie, l'ascite rappresenta un processo morboso ad andamento cronico o subacuto, che non è presente nelle malattie acute (p. es., l'epatite virale non complicata, le intossicazioni da farmaci, l'ostruzione biliare). La causa più comune è la cirrosi, specialmente quella a eziologia alcolica. Altre cause di origine epatica sono l'epatite cronica, le gravi epatiti alcoliche in assenza di cirrosi e l'ostruzione delle vene sovraepatiche (sindrome di Budd-Chiari). Di solito, la trombosi della vena porta non determina ascite, a meno che non sia presente un danno epatocellulare.

Le cause extraepatiche dell'ascite includono lo stato anasarcatico secondario a malattie sistemiche (p. es., lo scompenso cardiaco, la sindrome nefrosica, l'ipoalbuminemia grave, la pericardite costrittiva) e a processi patologici intra-addominali (p. es., la carcinomatosi, la peritonite tubercolare). L'ipotiroidismo talvolta è causa di un notevole ascite, mentre la pancreatite di rado determina la presenza intraperitoneale di un'abbondante quantità di liquidi (ascite pancreatica). Talvolta, i pazienti con insufficienza renale, specie quelli in emodialisi, vanno incontro alla formazione di un versamento peritoneale di difficile spiegazione (ascite nefrogena).

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Fisiopatologia

I meccanismi che producono l'ascite sono complessi e non completamente conosciuti. I due fattori più importanti nelle epatopatie sono (1) la bassa pressione osmotica del siero causata dall'ipoalbuminemia e (2) l'ipertensione portale; questi fattori sembrano contribuire in maniera sinergica all'alterazione delle forze di Starling, che regolano lo scambio dei liquidi attraverso la membrana peritoneale. Può essere implicata anche un'ostruzione dei linfatici epatici. Nonostante la volemia sia in genere normale o addirittura aumentata, il rene si comporta come se fosse ridotta e ritiene, con avidità, il Na; la concentrazione urinaria di Na è tipicamente < 5 mEq/l. Questo ha portato al concetto che la ritenzione renale di Na sia causata da una "effettiva" riduzione del volume ematico circolante, causata dall'iniziale perdita di liquidi nella cavità peritoneale (teoria dell'underfill). Tuttavia, altre evidenze suggeriscono che il rene gioca un ruolo fondamentale nell'iniziare il processo, forse attraverso dei meccanismi umorali o nervosi, e che l'ascite è il risultato e non la causa della ritenzione di Na (teoria dell'overflow). Alcune osservazioni mediano queste 2 teorie, indicando che il volume ematico centrale è diminuito nonostante un incremento del volume intravascolare totale. Quest'ultimo sembra essere causato, in parte, da una vasodilatazione arteriolare periferica generalizzata.

Ulteriori anomalie fisiopatologiche e meccanismi neuroumorali sembrano giocare un ruolo nella genesi della ritenzione renale di Na e dell'ascite. Questi includono l'attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, un aumento del tono simpatico, il furto intrarenale del sangue che va alla corticale, l'aumentata formazione di ossido nitrico e l'alterata formazione o l'alterato metabolismo dell'ormone antidiuretico, delle chinine, delle prostaglandine e del fattore natriuretico atriale. Il ruolo specifico e l'interrelazione di queste anomalie rimangono incerti.

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Sintomi, segni e diagnosi

L'ascite massiva può causare un senso di fastidio addominale aspecifico e dispnea, ma i versamenti meno pronunciati, solitamente, sono asintomatici. La diagnosi di ascite viene posta clinicamente in base all'ottusità mobile che si evoca alla percussione dell'addome, anche se l'ecografia o la TC possono mettere in evidenza quantità inferiori di liquido ascitico. Nei casi avanzati l'addome è teso, la cicatrice ombelicale è appianata o estroflessa e alla palpazione si apprezza il segno del fiotto. Solitamente, l'esame obiettivo differenzia l'ascite dall'obesità, dalla distensione meteorica dell'addome, dalla gravidanza, dai tumori ovarici o da altre masse addominali, ma occasionalmente può essere necessario uno studio radiologico o una paracentesi diagnostica. Nelle epatopatie e nelle malattie degli organi addominali, l'ascite di solito è isolata o di entità sproporzionata rispetto agli edemi periferici; nelle malattie sistemiche (p. es., l'insufficienza cardiaca) di solito si verifica l'opposto.

Se esistono dubbi sulla causa, si deve procedere a una paracentesi diagnostica (v. Cap. 19). Si estraggono circa 50-100 ml di liquido e se ne valutano, a seconda dei quesiti clinici, l'aspetto macroscopico, il contenuto di proteine e di cellule ematiche, la citologia, la presenza di germi con l'esame colturale, la colorazione acido-resistente e/o il contenuto in amilasi. Nella maggior parte delle malattie il liquido è chiaro e di color paglierino. L'aspetto torbido e un elevato numero di polimorfonucleati (> 300-500 cellule/ml) indicano un'infezione, mentre il carattere sieroematico del liquido solitamente depone per una neoplasia o per la TBC. Il raro reperto di ascite lattescente (chiloso) è il più delle volte secondario a linfomi. Una concentrazione proteica < 3 g/dl depone per un'epatopatia o per una malattia sistemica; un più alto contenuto di proteine è suggestivo di un processo essudativo (p. es., neoplasia, infezione). Tuttavia, nella cirrosi si osserva, talvolta, una concentrazione di proteine nel liquido ascitico > 4 g/dl. Un indice più affidabile di ascite da ipertensione portale, rispetto al contenuto proteico totale, è rappresentato da un gradiente di concentrazione tra l'albumina sierica e quella ascitica > 1,1 g/dl.

A volte, l'ascite cirrotica, specialmente negli alcolisti, si infetta senza una causa apparente (peritonite batterica spontanea). La diagnosi clinica può essere difficile, dato che il versamento maschera i segni della peritonite. Pertanto, nei cirrotici con un peggioramento inspiegabile delle condizioni generali e con febbre, devono essere eseguiti precocemente una paracentesi diagnostica e un esame colturale del liquido prelevato, soprattutto se il paziente lamenta un fastidio addominale; la presenza di > 300-500 polimorfonucleati/ml di liquido giustifica la terapia. La sopravvivenza dipende dalla precoce e vigorosa somministrazione di antibiotici.

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Terapia

Il riposo a letto e la restrizione del Na alimentare sono i capisaldi della terapia. Un apporto di 20-40 mEq di Na/die con la dieta, per quanto non gradevole, aumenta solitamente la diuresi nell'arco di pochi gg e di rado provoca gravi squilibri elettrolitici. Nei casi in cui non si ha risposta alla rigida restrizione del Na, bisogna usare i diuretici. Lo spironolattone, a dosi di 100-300 mg/die PO in 2 o 3 dosi frazionate, è di solito efficace senza causare le notevoli perdite di K, spesso associate all'uso di tiazidici o di altri diuretici analoghi. Se tutto ciò non si dimostra efficace, si deve aggiungere un diuretico tiazidico o un diuretico dell'ansa (p. es., idroclorotiazide, 50-100 mg/die PO o furosemide, 40-160 mg/die PO, in dosi frazionate). Non è necessaria una restrizione dei liquidi, a meno che la natriemia non scenda al di sotto dei 130 mEq/l. La risposta al trattamento può essere valutata attraverso i controlli del peso corporeo e della natriuria. Una perdita di 500 g di peso/die rappresenta la risposta ottimale, dato che il liquido del compartimento ascitico non può essere mobilizzato molto più rapidamente. Un'intensa diuresi induce infatti una perdita di liquidi a spese del compartimento intravasale, specie quando non sono presenti degli edemi periferici; ne possono derivare un'insufficienza renale o degli squilibri elettrolitici (p. es., ipokaliemia), che possono precipitare l'encefalopatia porto-sistemica. La persistenza dell'ascite è solitamente legata a un'insufficiente restrizione del Na alimentare.

La paracentesi terapeutica rappresenta un approccio alternativo. La rimozione giornaliera di 4-6 l è sicura, se contemporaneamente si inietta EV albumina a basso contenuto di Na (circa 40 g/ paracentesi) per prevenire la deplezione del volume intravascolare. Anche una singola paracentesi totale sembra essere sicura. Il trattamento con la paracentesi terapeutica abbrevia il ricovero con un rischio relativamente modesto di squilibri elettrolitici o di insufficienza renale; comunque, i pazienti devono continuare ad assumere i diuretici anche perché tendono a riaccumulare liquido più rapidamente dei pazienti trattati con la terapia tradizionale.

Le tecniche per l'infusione autologa di ascite (p. es., lo shunt peritoneo-venoso di LeVeen) sono gravate da frequenti complicanze. Il loro ruolo nel trattamento dell'ascite refrattaria è controverso. Lo shunt porto-sistemico intraepatico transgiugulare può trattare con successo l'ascite refrattario riducendo la pressione portale, ma è una procedura invasiva e relativamente complessa il cui ruolo non è ancora del tutto chiaro.

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