4. MALATTIE DEL FEGATO E DELLE VIE BILIARI

47. TUMORI DEL FEGATO

CARCINOMA EPATICO PRIMITIVO

CARCINOMA EPATOCELLULARE

(Epatoma)
Tumore epatico che origina da epatociti maligni.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi e terapia


Il carcinoma epatocellulare, sebbene sia molto più raro del carcinoma metastatico, nella maggior parte dei paesi rappresenta la più frequente neoplasia primitiva, e un'importante causa di morte in certe zone dell'Africa e del Sud-Est asiatico. L'infezione da virus B dell'epatite cronica (HBV) è ampiamente responsabile dell'elevata prevalenza del tumore in aree endemiche; il rischio è più che centuplicato nei portatori del HBV e l'incidenza del tumore generalmente va di pari passo con la prevalenza geografica del HBV. Nei portatori del HBV, che sono in prevalenza asintomatici, il DNA virale viene, alla fine, incorporato nel genoma ospite degli epatociti infetti. Ciò porta a una trasformazione maligna, anche se il meccanismo preciso è sconosciuto. Anche i carcinogeni ambientali possono avere un certo ruolo; p. es., si ritiene che l'ingestione di cibo contaminato con delle aflatossine fungine contribuisca all'elevata incidenza dell'epatoma nelle regioni subtropicali.

Più recentemente, anche l'epatite cronica da infezione con il virus C (HCV) è stata riconosciuta come un importante fattore nella genesi del carcinoma epatocellulare. Il meccanismo della carcinogenesi è sconosciuto perché il HCV è un RNA virus e (diversamente dal HBV) non viene incorporato nel genoma dell'ospite. Il tumore può evolvere dalla fibrogenesi piuttosto che dall'infezione da HCV in sé perché la cirrosi si è già sviluppata in quasi tutti i casi.

Nel Nord America, in Europa e in altre aree a bassa prevalenza, la maggior parte dei pazienti presenta una cirrosi di base non correlata all'infezione da HBV o da HCV. La cirrosi alcolica, quella criptogenetica e specialmente quella emocromatosica hanno tutte una tendenza alla trasformazione maligna, sebbene, curiosamente, il rischio nella cirrosi biliare primitiva sia minore. Come già detto, si può raramente verificare una trasformazione maligna degli adenomi epatici. Gli altri pazienti non presentano alcuna evidente epatopatia di base.

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Sintomi e segni

Le più comuni manifestazioni cliniche sono rappresentate dal dolore addominale, dal calo ponderale, dalla presenza di una tumefazione nel quadrante superiore destro e dal peggioramento inspiegabile delle condizioni generali, precedentemente stabili, in un paziente affetto da cirrosi. La febbre è relativamente comune e può simulare un'infezione. Occasionalmente, la prima manifestazione è data da un addome acuto dovuto alla rottura o all'emorragia del tumore. Si possono verificare, a volte, delle manifestazioni metaboliche sistemiche come l'ipoglicemia, l'eritrocitosi, l'ipercalcemia e l'iperlipemia.

Solitamente i reperti obiettivi non sono tipici. Un'epatomegalia ingravescente o dolorosa, un rumore da sfregamento epatico o un soffio suggeriscono la diagnosi, specialmente nei pazienti con cirrosi conosciuta o residenti nelle aree dove il HBV è endemico.

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Diagnosi

Tranne che per la presenza dell'a-fetoproteina nel siero, gli esami biochimici sono di scarso aiuto diagnostico. L'a-fetoproteina scompare subito dopo la nascita; la sua presenza negli adulti indica una differenziazione degli epatociti e pertanto viene osservata più frequentemente nel carcinoma epatocellulare. Valori > 400 mg/l sono tipici ma peraltro rari, tranne che nel teratocarcinoma del testicolo, un tumore molto meno comune. Valori più bassi sono meno specifici e si possono osservare anche in corso di una rigenerazione epatocellulare (p. es., nell'epatite). La maggior parte degli epatomi, nelle aree geografiche dove il HBV è endemico, è alla fine associata a elevati livelli di a-fetoproteina, anche se negli stadi iniziali della malattia i valori sono spesso normali; nelle aree a bassa prevalenza, i livelli elevati sono meno frequenti. Un aumento della des-g-carbossiprotrombina sierica, un precursore della protrombina, può essere un altro marker biochimico per il carcinoma epatocellulare, ma sono necessari ulteriori dati per stabilirne l'esatto valore clinico.

L'ECO, la TC e la RMN dell'addome sono importanti ausili diagnostici e possono talvolta mettere in evidenza dei carcinomi subclinici; lo screening ecografico nei portatori cronici di HBV viene eseguito con questo intento in alcune aree a elevata prevalenza (p. es., il Giappone). L'esame è meno valido nei pazienti affetti da una cirrosi di base, poiché i risultati sono più difficili da interpretare. L'arteriografia epatica evidenzia spesso dei reperti caratteristici del tumore e deve essere presa in considerazione per confermare una diagnosi fortemente sospetta e per delineare l'anatomia vascolare quando è programmato l'intervento chirurgico.

La biopsia epatica conferma la diagnosi in un'alta percentuale di casi, specialmente se eseguita sotto guida ecografica; il rischio è generalmente basso, a meno che il tumore sia intensamente vascolarizzato o necrotico.

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Prognosi e terapia

La prognosi del carcinoma epatocellulare è solitamente infausta e il trattamento insoddisfacente. La resezione chirurgica fornisce la speranza migliore, ma è possibile soltanto in alcuni casi. Nei pazienti con piccoli tumori localizzati, si può ottenere un aumento della sopravvivenza con la resezione, ma la diagnosi è di solito tardiva e la morte si verifica spesso entro pochi mesi. Il tumore non è radiosensibile e i risultati della chemioterapia solitamente sono scarsi, anche quando vengono usate l'infusione diretta nell'arteria epatica o la chemioembolizzazione. Non è ancora dimostrato se l'identificazione dei soggetti ad alto rischio mediante uno screening eseguito di routine possa diminuire la mortalità della malattia. L'uso del vaccino contro il HBV dovrebbe avere, alla fine, un effetto benefico, specie nelle aree endemiche (v. Cap. 42).

Delle percentuali leggermente migliori di sopravvivenza a lungo termine sono state riportate dopo il trapianto del fegato, ma ciò può riflettere degli errori di selezione nei pazienti con tumori localizzati, relativamente piccoli. La maggior parte degli esperti rimane diffidente circa l'indicazione al trapianto per un tumore maligno. Quando il trattamento aggressivo diventa inappropriato la terapia deve essere rivolta alla riduzione del dolore e delle sofferenze (v. Cap. 294).

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