10. AFFEZIONI DERMATOLOGICHE

122. ULCERE DA PRESSIONE

(Piaghe torpide; ulcere da decubito; ulcere trofiche)

Necrosi ischemica e ulcerazione dei tessuti che ricopre una sporgenza ossea soggetta a una prolungata pressione contro oggetti esterni (p. es., individui costretti a letto o su sedie a rotelle, soggetti portatori di apparecchi gessati o stecche ortopediche).

Sommario:

Introduzione
Eziologia
Profilassi
Terapia


Le piaghe da decubito sono molto frequenti nei soggetti con ridotta o assente sensibilità, negli emaciati, nei defedati, nei paralizzati, negli allettati per lunghi periodi. I tessuti che ricoprono la regione sacrale, l’ischiatica, la gran trocanterica, la malleolare esterna e la calcaneare sono i più colpiti; anche altre aree possono essere coinvolte a seconda della posizione del paziente. Le piaghe da decubito possono coinvolgere anche le strutture muscolari e ossee.

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Eziologia

I fattori intrinseci comprendono la perdita delle sensazioni dolorifiche e tattili (che normalmente inducono il paziente a cambiare posizione per alleviare la pressione sulle zone compresse) e lo scarso spessore della cute o del tessuto adiposo sottocutaneo e del tessuto muscolare che ricopre le sporgenze ossee molto prominenti. L’atrofia da immobilità, la malnutrizione, l’anemia e le infezioni sono anch’essi fattori determinanti. Infatti, nel paziente paralizzato, essendo leso il controllo vasomotorio centrale, si ha una riduzione del tono vascolare e un rallentamento del tempo di circolo. Quindi, fenomeni spastici del microcircolo terminale, specialmente nei paraplegici spinali, conducono a un furto ematico della zona colpita e quindi a una compromissione circolatoria.

Tra i fattori estrinseci, il più importante è la pressione dovuta agli insufficienti cambiamenti di posizione del paziente; inoltre contribuiscono la frizione meccanica e l’irritazione esercitata da supporti adattati male, dalle grinze delle lenzuola o da quelle degli indumenti. L’intensità e la durata di tale pressione determinano l’estensione dell’ulcera. In un paziente immobilizzato, una pressione notevole è già in grado di compromettere la circolazione locale in meno di 3 ore, causando un’anossia tissutale locale che, se non bloccata, progredisce verso la necrosi della cute e del tessuto sottocutaneo. L’umidificazione della cute, determinata p. es., dalla perspirazione o dall’incontinenza, può condurre alla macerazione cutanea e predisporre all’insorgenza delle ulcere da pressione.

Gli stadi di formazione dell’ulcera da decubito corrispondono agli strati tissutali (v. Tab. 122-1).

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Profilassi

La miglior terapia è la prevenzione, dando sollievo pressorio alle aree sensibilizzate.

Il paziente immobilizzato a letto va rigirato almeno q due ore finché non venga dimostrata una tolleranza a periodi più lunghi di immobilità (per assenza di arrossamento). I materassi ad acqua, quelli rigonfi d’aria con pressione intermittente, quelli con particelle di caucciù o gel di silicone, aiutano a ridurre la pressione sulle aree più sensibili, ma non esimono dalla necessità di variare il decubito q 2 ore circa. Quando il massimo sollievo pressorio è richiesto, altri sistemi, compresi i materassi ad aria, vanno usati. Un telo operatorio (Stryker) facilita il cambio di posizione in pazienti con lesioni del midollo spinale. Imbottiture protettive (p. es., di pelle d’agnello o equivalenti sintetici) vengono impiegate per foderare busti o altri apparecchi gessati, in modo da proteggere le zone più sporgenti; in corrispondenza della sede dei potenziali punti di pressione, deve essere ritagliata un’apertura nel gesso.

I pazienti costretti sulla sedia a rotelle possono sviluppare ulcere da pressione, quindi, devono cambiare posizione o essere spostati q 10-15 minuti, anche se utilizzano gli speciali cuscini per ridurre la pressione.

L’ispezione della cute va effettuata in condizioni di illuminazione adeguata. Le zone sottoposte a pressioni vanno esaminate per rilevare eventuali eritemi o traumi almeno una volta al giorno. Inoltre, è necessario istruire i pazienti e i loro familiari a una routine giornaliera di osservazione e palpazione dei siti sensibili, per impedire la comparsa di ulteriori ulcere da decubito.

Un’igiene meticolosa è indispensabile per prevenire i fenomeni di macerazione e di sovrainfezione secondaria. Giacere su una pelle di pecora aiuta a mantenere la cute del paziente in buone condizioni e a minimizzare le aree di decubito. Infatti, involucri protettivi, cuscini e pelli d’agnello vengono impiegati per creare una separazione protettiva fra le varie superfici corporee.

Buona igiene e cute asciutta aiutano a prevenire la macerazione. Lenzuola e indumenti vanno cambiati frequentemente; la biancheria del letto deve essere soffice, pulita, priva di pieghe o di particelle. Sono essenziali gli impacchi con acqua calda e una perfetta asciugatura dopo il bagno. Speciali precauzioni dovranno essere usate per pazienti incontinenti. Molte zone possono essere trattate con talco comune.

Deve essere evitata l’eccessiva sedazione, mentre va incoraggiata l’attività fisica. La fisioterapia, qualora possibile, può essere eseguita per mezzo di mobilizzazione attiva o passiva. L’idroterapia può essere utile.

Diete ben bilanciate, ricche di proteine, sono di primaria importanza. È stato dimostrato che il supporto di vitamina C e di zinco favorisce la guarigione.

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Terapia

L’ulcera è come un’iceberg: possiede una piccola superficie visibile e una base più estesa e sconosciuta, perciò non esiste alcun modo per determinare l’estensione del danno tissutale.

Le ulcere da decubito in fase iniziale (stadio 1 e 2) richiedono tutte le misure profilattiche enunciate precedentemente per prevenire la necrosi tissutale. L’area colpita deve rimanere esposta, priva di alcuna pressione e asciutta. La riattivazione circolatoria per mezzo di un lieve massaggio, accelera il processo riparativo.

Le ulcere che non sono avanzate oltre il 3o stadio possono guarire spontaneamente se è stata rimossa la pressione e se la regione colpita non è estesa. I nuovi gel idrofili e le medicazioni idrocolloidali accelerano la guarigione.

Le ulcere del 4o stadio necessitano di uno sbrigliamento o di chirurgia più invasiva. Quando le ulcere sono ripiene di pus o di materiale necrotico, microsfere di polimeri di destrano o di più recenti polimeri idrofili, possono accelerare lo sbrigliamento senza ricorrere alla chirurgia. Uno sbrigliamento conservativo del tessuto necrotico viene realizzato con forbici e pinze chirurgiche. Per alcune ulcere l’azione detergente del perossido di idrogeno all’1,5%, come pure un bagno caldo a getti rotatori, può agevolare lo sbrigliamento.

Le ulcere più avanzate, con interessamento del grasso sottocutaneo e dei muscoli, necessitano di un trattamento chirurgico di pulizia e di riparazione. Il tessuto osseo interessato può richiedere la rimozione chirurgica e può essere necessaria anche una disarticolazione. La formazione di tessuto di granulazione che segue lo sbrigliamento può ritenersi una buona base per innesti cutanei a coperture di piccole aree. Il metodo di scelta per la riparazione è rappresentato da un lembo cutaneo a tutto spessore, che vada a coprire le grosse prominenze ossee quali i trocanteri, l’ischio e il sacro, dato che il tessuto cicatriziale non riesce a sopportare la pressione esercitata su queste sedi. Per ottenere un’adeguata guarigione, il paziente può aver bisogno di un letto adatto alla ridistribuzione del peso, come p. es., quelli ad aria compressa.

Per la cellulite è necessaria una penicillina penicillinasi-resistente o una cefalosporina. La coltura solitamente non aiuta nella scelta di un antibiotico e tra l’altro la crescita è spesso polimicrobica.

Sono in fase di preparazione molte nuove medicazioni e agenti topici. Non esistono polveri, gel o medicazioni riconosciute come superiori ad altri preparati, in quanto alcuni sono idrofili e fortemente occlusivi; un uso prolungato aumenta il rischio di infezione come da Pseudomonas. Altri farmaci risultano dolorosi, tutti sono costosi e studi clinici di controllo atti a valutare i pro e i contro di varie medicazioni spesso non sono disponibili. I suggerimenti validi per la cura dei decubiti sono spesso frutto della pratica quotidiana degli infermieri dei reparti geriatrici, anche se la consulenza di un chirurgo plastico è comunque necessaria.

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