13. MALATTIE INFETTIVE

161. INFEZIONI PARASSITARIE

PROTOZOI EXTRAINTESTINALI

TRIPANOSOMIASI AFRICANA

(Malattia del sonno africana)

Infezione da protozoi del genere Trypanosoma, che causano una malattia cronica con linfoadenopatia generalizzata e spesso una meningoencefalite fatale.

Sommario:

Eziologia e patogenesi
Sintomi e segni
Diagnosi
Prevenzione
Terapia


Eziologia e patogenesi

La tripanosomiasi africana è causata da T. brucei gambiense in Africa centro-occidentale e da T. brucei rhodesiense in Africa orientale, entrambi trasmessi da mosche tsetse. Le forme metacicliche inoculate dalle mosche si trasformano in tripomastigoti che si moltiplicano per fissione binaria, si diffondono per via ematica e raggiungono i linfonodi circa 1 sett. dopo l’inoculazione. I tripomastigoti si moltiplicano finché anticorpi specifici prodotti dall’ospite lisano i microrganismi e riducono al minimo i livelli del parassita. Tuttavia, alcuni parassiti sfuggono alla distruzione immunitaria alterando i loro antigeni di superficie e iniziando un nuovo ciclo di moltiplicazione se l’infezione non viene trattata. Il ciclo di moltiplicazione e lisi si ripete per molti mesi. Più tardi nel corso dell’infezione, i tripanosomi si trovano nei fluidi interstiziali di molti organi, specialmente nel miocardio e nel SNC. Le tripanosomiasi africane possono anche essere trasmesse da trasfusione di sangue.

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Sintomi e segni

Una papula può svilupparsi entro pochi giorni o 2 sett. nel punto della puntura della mosca tsetse che diventa gradualmente un nodulo duro (nodulo tripanosomiale) di colore rosso scuro o dolente, che si risolve poi spontaneamente. Questo è più comune nelle infezioni da T. b. rhodesiense ed è meno comune tra gli africani che tra le altre popolazioni. La fase successiva della malattia si sviluppa dopo vari mesi nei pazienti africani ma può iniziare bruscamente e precocemente nei pazienti non africani. Febbre intermittente, cefalea, rigidità ed edema transitorio si verificano quando i tripanosomi si diffondono nel sangue, nei linfonodi e nel midollo osseo. Un caratteristico, evanescente rash eritematoso circinato si verifica da 6 a 8 sett. dopo l’infezione, più facilmente visibile nelle aree scoperte della cute. È spesso presente una linfoadenopatia generalizzata.

Il segno di Winterbottom (linfonodi ingrossati nel triangolo cervicale posteriore) è caratteristico della malattia del sonno del Gambia. Nella forma gambiana, il coinvolgimento del SNC si verifica da mesi a diversi anni dopo l’esordio della malattia acuta nella forma rodesiana, l’invasione del SNC si verifica nei primi mesi. Il coinvolgimento del SNC causa persistente cefalea, incapacità di concentrazione, alterazioni della personalità come stanchezza progressiva e indifferenza, sonnolenza diurna, bulimia, tremore, atassia e coma terminale. Se l’infezione non viene trattata, si verifica la morte di solito entro 9 mesi dall’esordio della malattia nella forma rodesiana e durante il secondo o terzo anno nella forma gambiense. I pazienti muoiono in coma, con miocardite, malnutrizione o infezioni secondarie.

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Diagnosi

In fase precoce di malattia, la diagnosi viene fatta trovando i tripanosomi nei vetrini o in preparati sottili colorati con Giemsa o vetrini spessi di sangue periferico (più utili nel tipo rodesiano) o in aspirato da un linfonodo ingrossato (più utile nel tipo gambiense). La centrifugazione del sangue o di campioni di fluidi può essere necessaria per concentrare i tripanosomi. Negli stadi avanzati, i tripanosomi possono essere trovati solo in centrifugati del LCR. Il sangue o i fluidi possono essere inoculati in animali o coltivati per la diagnosi. È utile effettuare esami sierologici quali (immunofluorescenza[IFA], ELISA, agglutinazione su carta).

Quando è coinvolto il SNC, la pressione del LCR è aumentata e il LCR presenta livelli elevati di linfociti, proteine totali e IgM. Oltre ai tripanosomi possono essere presenti le caratteristiche cellule di Mott (plasmacellule moruleggianti piene di goccioline di immunoglobuline). Gli esami di laboratorio includono anemia, monocitosi e livelli sierici marcatamente elevati di IgM policlonali.

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Prevenzione

La prevenzione include l’evitare aree endemiche e il proteggersi contro le mosche tsetse. I visitatori dei parchi devono indossare abiti a maniche lunghe e pantaloni (le mosche tsetse pungono attraverso i tessuti sottili) e utilizzare profusamente repellenti per insetti.

La profilassi con pentamidina (4 mg/kg IM q 3-6 mesi) offre una certa protezione contro la forma gambiense. La pentamidina può tuttavia causare insufficienza renale, diabete e un’infezione mascherata se non adeguatamente gestita. Perciò essa è usata solo in situazioni particolari.

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Terapia

La suramina e la pentamidina sono efficaci contro gli stadi ematici di entrambe le forme da T. brucei ma non curano le infezioni del SNC. Una dose di prova iniziale di 100 mg di suramina EV (per escludere l’ipersensibilità) è seguita da 1 g EV il giorno seguente e quindi il 3o, 7o, 14o e 21o per un totale di 5 g. Ai bambini si somministrano 20 mg/kg EV dopo una dose di prova di 100 mg. Il dosaggio della pentamidina isetionato è 4 mg/kg/die IM per 10 giorni.

Il melarsoprolo è il farmaco di scelta nel caso di disturbi del SNC. Si somministra di solito in un ciclo di 3 giorni da 2 a 3,6 mg/kg/die EV che viene ripetuto dopo 1 e 2 sett. Ai pazienti debilitati con grave compromissione del SNC, si somministra melarsoprolo in 3 dosi quotidiane o a gg alterni, di 1,5, 2 e 2,2 mg/kg EV. Dopo un intervallo di 7 gg, si somministrano 3 dosi di melarsoprolo da 2,5, 3 e 3,6 mg/kg/die EV; dopo un altro intervallo di 7 gg si somministra un terzo ciclo con 3,6 mg/kg/die EV per 3 gg. Per i bambini la dose iniziale è di 0,36 mg/kg EV, da portare gradualmente a un massimo di 3,6 mg/kg EV q 1-5 gg per un totale di 9-10 dosi o di 18-25 mg/kg in 1 mese. Gli effetti collaterali gravi includono encefalopatia reattiva e dermatite esfoliativa in aggiunta alla comune tossicità degli arsenicali sul tratto gastrointestinale e sull’apparato renale. Un precedente trattamento con suramina (2-4 dosi a gg alterni di 250-500 mg EV) può aiutare a prevenire un’encefalopatia.

L’eflornitina è efficace sia contro gli stadi precoci che quelli tardivi gambiani (non rodesiani) della tripanosomiasi. Viene somministrata EV con dosaggi di 400 mg/kg/die in 4 dosi frazionate per 14 giorni, seguita da terapia orale con 300 mg/kg/die per 3-4 sett.

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