15. DISTURBI PSICHIATRICI

195. USO E DIPENDENZA DA SOSTANZE

DIPENDENZA DA CANNABIS (MARIJUANA)

Uso cronico o periodico di cannabis che produce un certo grado di dipendenza psicologica senza dipendenza fisica.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni

Ogni sostanza che causa euforia e riduce l’ansia può provocare dipendenza, e la cannabis non fa eccezione. Tuttavia, il consumo intenso e le lamentele di incapacità a smettere sono rari. La cannabis può essere usata in maniera episodica senza evidenze di disfunzionalità sociale o psicologica. Il termine "dipendenza" probabilmente è usato in modo sbagliato da molti consumatori. Quando la sostanza viene sospesa non si manifesta una sindrome di astinenza, ma alcuni consumatori accaniti riferiscono disturbi del sonno e nervosismo alla sospensione.

L’uso della cannabis è diffuso ovunque. Le indagini che avevano mostrato una diminuzione di prevalenza dal 1979 al 1991 mostrano un aumento dell’uso da parte delle persone tra i 12 e i 17 anni fino al 1995. La prevalenza può essersi stabilizzata di recente. Circa il 2-3% dei 65-70 milioni di americani che hanno sperimentato la cannabis ne fanno un uso pressoché quotidiano. Non tutti i consumatori cronici sono tossicomani. L’uso di cannabis costituisce effettivamente un problema di droga (come indica l’aumento della prevalenza e del numero di persone che chiedono aiuto per controllarne il consumo), sebbene la sua importanza tossicologica sia incerta. Il numero di consumatori che hanno chiesto un trattamento o una consulenza per essere aiutati a smettere può essere sovrastimato, poiché i soggetti che risultano positivi ai test sul posto di lavoro spesso sono obbligati a richiedere il trattamento e poi vengono seguiti con analisi obbligatorie.

Negli USA, la cannabis è di solito fumata in sigarette fatte con le inflorescenze e le foglie della pianta essiccata o con l’hashish, la resina pressata della pianta. Il dronabinolo, un derivato sintetico del D-9-tetraidrocannabinolo (il principale principio attivo della marijuana), viene usato per trattare la nausea e il vomito associati alla chemioterapia per il cancro e per aumentare l’appetito nei pazienti con AIDS. Non è reperibile come sostanza da strada.

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Sintomi e segni

La cannabis produce uno stato di coscienza oniroide nel quale le idee appaiono sconnesse, incontrollabili e liberamente fluenti. Il tempo, i colori e le percezioni spaziali possono essere alterati. In genere si produce una sensazione di benessere e rilassamento ("sballo"). Questi effetti durano fino a 2-3 h dopo l’assunzione. Non vi sono evidenze convincenti di un effetto prolungato o di postumi. Si manifestano costantemente tachicardia, iperemia congiuntivale e bocca secca. Molti degli effetti psicologici appaiono correlati alla situazione in cui la droga viene assunta. Si sono verificate reazioni di panico, soprattutto nei consumatori alle prime esperienze, ma sono divenute meno frequenti con il crescere dell’accettazione sociale di questa droga. Si manifesta diminuzione delle capacità comunicative e motorie, compromissione della percezione della profondità e dei movimenti oculari di inseguimento dell’oggetto e alterazione del senso del tempo, con possibilità di rischio in certe situazioni (p. es., la guida, il lavoro con attrezzature pesanti). La marijuana può esacerbare sintomi di tipo schizofrenico, anche in pazienti trattati con farmaci antipsicotici (p. es., la clorpromazina). L’appetito spesso aumenta.

Coloro che criticano l’utilizzo di marijuana citano numerosi dati scientifici sui suoi effetti avversi, ma molte delle affermazioni su un suo presunto grave impatto biologico non sono state dimostrate, anche nel caso di consumatori relativamente accaniti e per aree esaminate approfonditamente, come la funzione immunologica e riproduttiva. Tuttavia, i fumatori di alte dosi di marijuana possono manifestare sintomi a livello polmonare (episodi di bronchite acuta, affanno, tosse e catarro) e la loro funzione polmonare può risultare alterata. Ciò è reso evidente da estese alterazioni delle vie aeree, di significato sconosciuto. Neanche i fumatori quotidiani sviluppano malattie ostruttive polmonari. Il carcinoma polmonare non è stato osservato nei soggetti che fumano solo marijuana, probabilmente perché viene inalato meno fumo che con le sigarette. Tuttavia le biopsie dei tessuti bronchiali mostrano alterazioni precancerose, quindi un carcinoma può comunque insorgere. In alcuni studi caso-controllo, determinati test hanno rilevato una diminuzione della funzionalità cognitiva in piccoli campioni di consumatori di dosi elevate a lungo termine; questo risultato è in attesa di conferme. Gli studi sui neonati non hanno trovato evidenza di danni fetali dovuti all’uso di cannabis da parte della madre. É stata riportata una diminuzione del peso fetale, ma quando vengono stimati tutti i fattori (p. es., uso di alcol e tabacco da parte della madre), l’effetto sul peso fetale scompare. Il D-9-tetraidrocannabinolo viene escreto nel latte materno. Sebbene non sia stato dimostrato alcun danno per i neonati allattati al seno, si raccomanda di evitare l’uso di cannabis da parte delle madri che allattano, così come da parte delle donne incinte.

Poiché i metaboliti dei cannabinoidi restano evidenti a lungo, nei consumatori regolari le analisi delle urine dopo un’unica assunzione restano positive per diversi giorni o settimane dalla sospensione. Le analisi che identificano un metabolita inattivo accertano soltanto il consumo, non la disfunzione; il fumatore può non essere sotto l’effetto della droga nel momento in cui la sua urina viene analizzata. L’analisi può rivelare quantità estremamente piccole e quindi è di scarsa utilità nell’identificazione delle modalità d’uso.

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