17. DISORDINI GENITOURINARI

227. INFEZIONI DELLE VIE URINARIE

INFEZIONI BATTERICHE

(v. anche Cap. 157)

Sommario:

Introduzione
Eziologia e patogenesi
Sintomi e segni
Diagnosi
Prevenzione
Terapia


Normalmente la via urinaria è sterile e molto resistente alla colonizzazione batterica. Tuttavia, l’IVU è la più comune infezione batterica in tutti i gruppi di età.

Nei neonati, le IVU sono più frequenti nei maschi che nelle femmine e spesso si associano a batteriemia. Ciò è presumibilmente correlato alla maggiore frequenza di anomalie congenite delle vie urinarie nei bambini di sesso maschile. Tra gli 1 e i 5 anni, l’incidenza della batteriuria è dello 0,03% circa nei maschi e dell’1-2% nelle femmine; aumenta a circa il 5% nelle bambine > 10 anni. Poiché nella pre-adolescenza l’incidenza è rara, i bambini con IVU frequentemente hanno anomalie congenite o acquisite della vie urinarie. Nei bambini < 10 anni, circa il 30-50% delle IVU è associato a reflusso vescico-ureterale (RVU) e a cicatrici renali, che possono condurre all’insufficienza renale se non trattate (v. oltre, pielonefrite cronica). La batteriuria è rara negli adolescenti di sesso maschile. La batteriuria asintomatica si verifica nel 5% delle ragazze in età adolescenziale, ma non è associata ad anomalie urologiche.

Tra i 20 e i 50 anni, le IVU sono circa 50 volte più frequenti nelle donne. L’incidenza aumenta negli uomini e nelle donne > 50 anni; il rapporto uomo:donna diminuisce come risultato dell’aumentata frequenza di patologie prostatiche.

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Eziologia e patogenesi

I batteri aerobi gram – (v. Tab. 227-1) provocano la maggior parte delle IVU. Sono poche le IVU contratte per via ematica, ma circa il 95% si verifica quando i batteri risalgono dall’orifizio vaginale, già colonizzato, e dall’uretra alla vescica e, nel caso di pielonefrite acuta non complicata, fino all’uretere e poi fino al rene. L’Escherichia coli è il batterio più frequentemente isolato, responsabile di circa l’80% delle infezioni acquisite in comunità e lo Staphylococcus saprophyticus di circa il 10%. Nei pazienti ricoverati, l’E. coli è responsabile di circa il 50% dei casi; le specie gram – Klebsiella, Proteus, Enterobacter e Serratia di circa il 40% e i cocchi gram + Enterococcus faecalis e Staphylococcus sp (saprophyticus, aureus) del rimanente. L’incidenza di batteriemie nosocomiali attribuite a IVU è di circa 73/100000.

Le complicanze delle IVU si verificano nell’ambito di una lesione urologica, di solito dovuta a manovre strumentali o a ostruzione (anomalie anatomiche, disfunzione neurogena, calcoli, cateterizzazione). Sebbene l’ostruzione da sola non provochi IVU, la sua presenza è un fattore predisponente e rende più difficile sradicare le IVU con terapia medica.

Le IVU negli uomini < 50 anni sono spesso dovute ad anormalità urologiche. Tuttavia, IVU non complicata può manifestarsi in uomini più giovani senza anomalie che hanno un rapporto anale non protetto, un pene non circonciso, un rapporto non protetto con una donna la cui vagina è colonizzata da patogeni urinari e AIDS (conta dei linfociti CD4< 200/ml).

Tra le suore, la batteriuria è significativamente meno frequente (0,4-1,6% dai 15 ai 54 anni) che tra le donne sessualmente attive, indicando un ruolo del rapporto sessuale nello sviluppo di IVU acute non complicate nelle donne. L’impiego di spermicida con un diaframma è legato a un aumentato rischio di IVU nelle donne, probabilmente poiché lo spermicida induce alterazioni della flora vaginale, consentendo la proliferazione di E. coli.

La batteriuria è più frequente nei pazienti anziani di sesso maschile per la presenza di patologie minzionali e di un significativo residuo vescicale di urina; nella donna per uno scarso riempimento vescicale dovuto a prolasso uterino, per la formazione di cistocele e per la contaminazione del perineo per la presenza di incontinenza fecale; in entrambi i sessi per patologie neuromuscolari e un aumento di manovre invasive e di cateterizzazione vescicale. I pazienti diabetici con vescica neurogena, o che hanno subito una cateterizzazione, hanno un aumento dell’incidenza e gravità delle infezioni. Poiché la gravidanza può provocare stasi urinaria da ostruzione funzionale e anatomica degli ureteri e della vescica, l’IVU durante la gravidanza deve essere considerata come complicata.

Uretrite: l’infezione batterica dell’uretra si verifica quando i microrganismi che la raggiungono colonizzano acutamente o cronicamente le numerose ghiandole del bulbo e la porzione pendula dell’uretra maschile e l’intera uretra femminile.

I microrganismi patogeni trasmessi per via sessuale Chlamydia trachomatis, Neisseria gonorrhoeae e herpes simplex sono causa comune di disuria negli uomini e nelle donne. Le uretriti non gonococciche possono essere associate a infezione del contenuto scrotale (v. Epididimite nel Cap. 219).

Cistite: negli uomini l’infezione batterica della vescica è di solito complicata ed è generalmente dovuta a un’infezione ascendente dell’uretra o della prostata o si verifica secondariamente a una manovra strumentale uretrale. Nelle donne, di solito un rapporto sessuale precede la cistite non complicata.

Prostatite: l’infezione batterica cronica della prostata è la più comune causa di IVU ricorrenti negli uomini; è dovuta a un’invasione retrograda dell’infezione nella vescica.

Pielonefrite acuta: il termine pielonefrite si riferisce all’infezione batterica del parenchima renale e non dovrebbe essere utilizzato per descrivere ogni nefropatia tubulo-interstiziale, a meno che non sia documenta un’IVU. Nelle donne circa il 20% delle batteriemie acquisite in comunità sono attribuite a pielonefrite. La pielonefrite è poco frequente negli uomini con una via urinaria normale. In pazienti che hanno infezioni ricorrenti e nessun’anomalia strutturale, i normali meccanismi di difesa possono essere diminuiti.

Nel 30-50% delle donne con una via urinaria normale, la pielonefrite si verifica per via ascendente, nonostante la dinamica del flusso urinario e l’interposizione della giunzione vescico-ureterale. La cistite da sola o difetti anatomici possono provocare reflusso. Questa tendenza è molto aumentata quando la peristalsi è inibita (p. es., durante la gravidanza, dall’ostruzione, da endotossine di batteri gram –). Sebbene l’ostruzione (stenosi, calcoli, neoplasie, ipertrofia prostatica, vescica neurogena, RVU) predisponga all’infezione, molte donne con pielonefrite non hanno difetti dimostrabili funzionali o anatomici della via urinaria. La pielonefrite o l’ascesso focale possono essere dovuti a IVU per via ematogena, che è poco frequente e di solito è il risultato di una batteriemia con germi virulenti (p. es., le Salmonelle, S. aureus). La pielonefrite è molto comune nelle ragazze o nelle donne gravide dopo manovre strumentali o cateterizzazione vescicale.

Il rene di solito è ingrandito per l’infiammazione da PMN e per l’edema. L’infezione è focale; inizia nella pelvi e nella midollare; si estende nella corticale come un cuneo che si fa strada. Le cellule della flogosi cronica compaiono entro pochi giorni e possono svilupparsi ascessi midollari e subcorticali. È comune la presenza di tessuto parenchimale tra i foci di infezione. Arterie, arteriole e glomeruli sono considerevolmente resistenti all’infezione. La necrosi papillare può essere evidente nella pielonefrite acuta associata a diabete, nell’ostruzione, nella malattia drepanocitica o nella nefropatia da analgesici. Sebbene nei bambini la pielonefrite acuta sia frequentemente associata a cicatrice renale residua, negli adulti una simile cicatrice non è evidenziabile in assenza di reflusso od ostruzione.

Pielonefrite cronica (nefrite tubulo-interstiziale infettiva cronica): quest’infezione piogena cronica del rene, a focolai, spesso bilaterale, provoca atrofia e deformità caliceale con cicatrizzazione del parenchima sovrastante. Causa insufficienza renale terminale in circa il 2-3% dei pazienti trattati con dialisi o con trapianto. La pielonefrite cronica si verifica soltanto in pazienti con importanti anomalie anatomiche, quali uropatia ostruttiva, calcoli di struvite o, molto frequentemente, RVU (nel 30-45% dei bambini con IVU sintomatica). Il RVU è di solito un difetto congenito, risultato dell’incompetenza della valvola uretero-vescicale, molto spesso dovuta a un corto segmento intramurale. Il RVU può essere acquisito in pazienti con una vescica flaccida da lesione del midollo spinale.

Il quadro istologico è aspecifico ed è simile a quello di altre patologie che causano nefropatia tubulo-interstiziale cronica. L’alterazione più specifica è una cicatrice parenchimale associata a retrazione della papilla adiacente. Le lesioni renali (dette anche nefropatia da reflusso) sono provocate principalmente dal reflusso di urina infetta attraverso gli ureteri e nel parenchima renale attraverso i dotti di Bellini nella punta delle papille, spargendosi all’esterno lungo i tubuli collettori (detto reflusso intrarenale). Nelle lesioni intrauterine, una concomitante displasia renale con difetti di perfusione può essere responsabile della formazione della cicatrice piuttosto che dell’IVU. È improbabile che l’infezione, in assenza di reflusso intrarenale, provochi lesione renale. Gli orifizi papillari del dotto collettore normalmente sono ampiamente aperti nei poli superiori e inferiori dei bambini, ma una normale crescita di solito provoca una spontanea cessazione del reflusso intrarenale all’età di 6 anni. L’effetto è quello che quasi tutte le nuove lesioni nei bambini con RVU si verificano prima degli 8 anni e praticamente soltanto in associazione a nuove IVU. In confronto, il reflusso ad alta pressione da ostruzione può provocare lesioni a qualunque età.

La pielonefrite xantogranulomatosa è un’insolita variante della pielonefrite cronica che si verifica di solito nelle donne di mezza età con una storia di IVU ricorrenti. È una complicanza dell’ostruzione da calcoli renali ed è di solito associata a infezioni da Proteus. Il rene è ingrandito e sono frequenti la fibrosi perirenale e l’aderenza alle adiacenti strutture retroperitoneali. La malattia è quasi sempre monolaterale e sembra rappresenti una risposta immune abnorme all’infezione con cellule giganti, macrofagi ripieni di lipidi e fenditure di colesterolo, responsabili del colore giallo del tessuto infetto. Nei bambini si manifestano due modalità di presentazione. La più comune colpisce bambini e bambine in egual misura e interessa l’intero rene. L’altra forma, che è più comune nelle ragazze, è localizzata e può simulare una neoplasia.

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Sintomi e segni

Uretrite: l’esordio è graduale e i sintomi sono lievi. Uomini con uretrite di solito si presentano con secrezione uretrale, che è purulenta quando è dovuta a N. gonorrhoeae e mucoide biancastra quando è aspecifica (v. anche Cap. 164). Le donne di solito si presentano con disuria, pollachiuria e piuria.

Cistite: l’insorgenza è di solito improvvisa. La cistite generalmente provoca pollachiuria, disuria, stranguria, iscuria e riduzione della diuresi. È comune la nicturia con dolore in regione ipogastrica o lombare. L’urina è spesso torbida e in circa il 30% dei pazienti è presente macroematuria.

Un paziente con vescica neurogena o catetere a permanenza di solito non presenta una sintomatologia riferibile alla vescica in caso di IVU, ma può presentare sintomi e segni di una pielonefrite, oppure una febbre di origine sconosciuta (che può essere il primo segno di sepsi). Negli anziani, le IVU sono spesso asintomatiche.

Prostatite: la prostatite batterica acuta è caratterizzata da brividi, febbre, pollachiuria, dolore perineale e lombare, vari sintomi di ostruzione minzionale, disuria, nicturia e talvolta macroematuria. La ghiandola prostatica è dolente, focalmente o diffusamente ingrandita e indurita.

La prostatite cronica è più silente della prostatite acuta; il paziente di solito si presenta con batteriuria ricorrente o febbricola con fastidio in regione lombare o pelvica.

Pielonefrite acuta: generalmente, l’insorgenza della sintomatologia è rapida e caratterizzata da brividi, febbre, dolore lombare, nausea e vomito. Sintomi di infezione delle basse vie urinarie (p. es., pollachiuria, disuria), si verificano contemporaneamente in circa 1/3 dei pazienti. Se la resistenza addominale è assente o lieve, a volte si può palpare un rene dolente, ingrossato. Nel lato infetto è generalmente riscontrabile una dolorabilità costovertebrale. Nei bambini, i sintomi sono spesso scarsi e meno caratteristici.

Pielonefrite cronica: i sintomi e i segni (p. es., febbre, dolore lombare o addominale) spesso sono vaghi e inconsistenti. Nella pielonefrite xantogranulomatosa, la sintomatologia di presentazione può comprendere dolore lombare, febbre, malessere, anoressia e calo ponderale. All’esame obiettivo di solito si può palpare una massa renale monolaterale.

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Diagnosi

La differenziazione clinica tra IVU del tratto superiore e inferiore è impossibile in molti pazienti. Indagini che prevedono la cateterizzazione ureterale e una tecnica di washout vescicale hanno dimostrato che circa il 30-50% dei pazienti con sintomi di IVU del tratto inferiore ha anche un’infezione renale silente. La migliore tecnica non invasiva per differenziare le infezioni vescicali da quelle renali sembra essere la risposta a un breve ciclo di terapia antibiotica (v. oltre, Terapia). L’urografia può essere d’aiuto nella valutazione delle infezioni ricorrenti in uomini sintomatici, nelle donne, con una storia di infezioni nell’infanzia, di sospetta nefrolitiasi, di infezioni recidivanti o ematuria asintomatica e nei bambini. Le indagini urologiche non sono necessarie di routine nelle donne con IVU ricorrenti sintomatiche o asintomatiche, poiché spesso non influenzano la terapia.

Uretriti: nelle donne, le uretriti e le vaginiti sono responsabili della maggior parte dei sintomi urinari quando le urinocolture sono negative per la presenza di batteri. Le vaginiti associate con Candida albicans, Trichomonas vaginalis o vaginiti batteriche possono provocare disuria e stranguria al passaggio dell’urina attraverso le labbra vaginali infiammate. Sebbene il sintomo predominante possa essere la disuria, in molte donne si manifestano anche perdite vaginali maleodoranti e dispareunia. Le uretriti causate da malattia sessualmente trasmessa, come C. trachomatis, N. gonorrhoeae o herpes simplex virus, provocano una sintomatologia più lieve, hanno un’insorgenza graduale e provocano disuria senza altri sintomi urinari. L’ematuria è praticamente sempre assente all’esame chimico delle urine di metà mitto.

Cistite: la presenza di macroematuria è fortemente indicativa di cistite batterica. L’esame microscopico delle urine (per batteri e GB) e l’urinocoltura confermano la diagnosi; quasi tutti i pazienti hanno piuria e fino al 50% microematuria. La coltura di un campione di urina di metà mitto generalmente evidenzia il batterio responsabile, ma circa il 30% dei pazienti con simili sintomi di cistite non ha una batteriuria significativa (< 10colonie/ml). Un esame chimico delle urine o una colorazione Gram che danno esito negativo non escludono la cistite batterica acuta nei casi con bassa conta delle colonie.

Nelle donne, la diagnosi differenziale comprende altre comuni infezioni genitali che provocano disuria, come vulvovaginite (miceti, Trichomonas, vaginite batterica) o malattie trasmesse per via sessuale che coinvolgono l’uretra e la cervice (infezione da C. trachomatis, N. gonorrhoeae, herpes simplex virus).

Prostatite: poiché la cistite acuta di solito accompagna la prostatite acuta, i batteri patogeni spesso possono essere identificati dall’urinocoltura. Per il rischio di batteriemia, il medico non deve massaggiare una ghiandola prostatica in fase acuta di infiammazione finché non venga raggiunta la concentrazioni ematica di un antibiotico adatto.

La prostatite cronica può essere più silente e di solito si presenta soltanto come batteriuria ricorrente o con febbricola e fastidio in regione lombare o pelvica. La prostatite cronica è la causa più comune negli uomini di IVU ricorrenti, sintomatiche ed è dovuta a penetrazione retrograda dell’infezione nella vescica. La diagnosi viene posta dalla positività delle colture dopo massaggio prostatico. L’area periuretrale viene pulita e successivamente il paziente urina. I 5-10 ml iniziali (VB1) e un campione di metà mitto (VB2) vengono prelevati per una coltura quantitativa. Il paziente smette di urinare prima che la vescica sia vuota e la prostata viene massaggiata. Ogni fuoriuscita di secrezioni prostatiche e i primi 5-10 ml delle urine successiva (VB3) vengono messe in coltura. L’interpretazione dell’esame richiede che l’urina della vescica (VB2) sia < 103/ml per consentire l’identificazione del, frequente, piccolo numero dei microrganismi di origine prostatica. La prostatite cronica viene sospettata quando VB3 presenta > 12 GB per campo ad alta risoluzione. La coltura delle urine o delle secrezioni prostatiche sono quasi sempre positive nella prostatite cronica, ma le colture negative non escludono la diagnosi.

Pielonefrite acuta: i tipici sintomi e segni di sepsi e di pielonefrite (dolore lombare, febbre, rigidità, disuria) con reperti di leucocitosi, piuria e batteriuria alla colorazione Gram delle urine supportano fortemente la diagnosi (v. Tab. 214-3). Le infezioni della pelvi renale e del parenchima non possono essere differenziate clinicamente; di solito sono colpite entrambi le sedi. Il reperto di neutrofili in un tubulo è l’equivalente istologico dei cilindri leucocitari nelle urine. L’esame obiettivo talvolta evidenzia una certa rigidità addominale, che deve essere differenziata da quella provocata da patologie intraperitoneali. Sono necessarie speciali colorazioni per differenziare i cilindri leucocitari e i cilindri tubulari renali. I cilindri leucocitari, quando presenti, sono patognomonici di pielonefrite ma si osservano anche nella glomerulonefrite o nella nefrite tubulo-interstiziale non infettiva. Il pH urinario può essere alcalino per la presenza di organismi che scindono l’urea; la proteinuria è minima (< 0,6 g/m2/ die, rapporto proteine/creatinina urinaria < 0,6).

La pielonefrite acuta deve essere differenziata da altre patologie intraaddominali (p. es., appendicite, urolitiasi) che possono presentarsi con dolore lombare, febbre, rigidità e qualche volta sintomi di cistite. Nelle donne, si devono considerare anche la malattia infiammatoria pelvica, la gravidanza ectopica e la rottura di una cisti ovarica.

Pielonefrite cronica: una storia di IVU e di pielonefrite acuta ricorrente è d’aiuto ma raramente si riesce a ottenerla, eccetto che nei bambini con RVU. Talvolta si manifestano IVU ricorrenti e un tipico quadro di disfunzione renale, che sono fortemente indicativi della diagnosi, stabilita principalmente dalla urografia. La cicatrizzazione parenchimale provoca irregolarità del contorno renale, con parziale o quasi completa perdita di parenchima renale visibile tra i calici e la capsula renale. La cicatrizzazione focale è raramente assente all’urografia. Può essere presente dilatazione uretrale, che riflette le alterazioni indotte dal reflusso cronico di grave entità. Queste anomalie sono specifiche di pielonefrite batterica cronica, sebbene non necessariamente d’infezione con germi comuni. Alterazioni simili possono verificarsi nella TBC della via urinaria (v. Tubercolosi Genitourinaria nel Cap. 157), che è fortemente indicativa di concomitante anomalia del tratto inferiore della via urinaria (p. es., stenosi uretrale, vescica contratta).

Un cistouretrogramma minzionale può non mostrare reflusso, che frequentemente scompare spontaneamente (dopo la pubertà) a causa dell’aumento della lunghezza della porzione sottomucosa dell’uretere terminale. Tuttavia, la cistoscopia mostra segni di pregresso reflusso a livello degli orifizi ureterali. La proteinuria è assente, minima o intermittente anche quando la cicatrizzazione renale è in fase molto avanzata. Il sedimento urinario è di solito scarso, ma si ritrovano cellule epiteliali renali, cilindri granulari e talvolta leucocitari. Si possono riscontrare difetti nella capacità di concentrazione e acidosi ipercloremica prima dell’iperazotemia. Soltanto una cistouretrografia minzionale anormale indica la diagnosi in un paziente con proteinuria altrimenti non spiegata (talvolta nel range nefrosico) e insufficienza renale. In questi casi, la biopsia renale evidenzierà una glomerulosclerosi focale tipica della nefropatia da reflusso in fase avanzata.

Il decorso è estremamente variabile, ma la malattia caratteristicamente progredisce molto lentamente; molti pazienti hanno un’adeguata funzione renale per  20 anni dopo l’insorgenza. Le frequenti esacerbazioni della pielonefrite acuta, sebbene controllate, di solito danneggiano ulteriormente l’architettura e la funzione renale. L’ostruzione continua predispone o perpetua la pielonefrite e aumenta la pressione pelvica, che provoca un danno renale diretto.

La cicatrizzazione renale nella vita intrauterina può essere scoperta dall’ecografia prenatale. Nei pazienti più anziani, la formazione di cicatrici renali si verifica comunemente con il danno ischemico da nefrosclerosi. Tuttavia, le cicatrici sono distribuite casualmente e i calici sono normali, non smussati né dilatati.

Nella pielonefrite xantogranulomatosa, gli esami ematici rivelano reperti aspecifici comprendenti anemia e lieve disfunzione epatica. Sebbene l’esame chimico delle urine e l’urinocoltura indichino la presenza di IVU, la diagnosi è confermata dall’indagine radiologica. L’urografia è anormale ma generalmente non diagnostica e la TC viene preferita per la valutazione di una sospetta pielonefrite xantogranulomatosa e per escludere una neoplasia renale.

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Prevenzione

Nelle donne che vanno incontro a  3 episodi di IVU per anno, urinare subito dopo un rapporto sessuale o evitare l’uso di diaframma possono essere d’aiuto. Bere succo di mirtillo può ridurre la piuria e la batteriuria. Se questi metodi non hanno successo, la profilassi con un antibiotico per via orale a basso dosaggio praticamente elimina l’incidenza di recidive di IVU: p. es., trimethoprim-sulfametossazolo 40/200 mg PO/die o tre volte a settimana, trimethoprim 100 mg al giorno o tre volte a settimana o una capsula al dì di un fluorochinolonico (p. es., ciprofloxacina, norfloxacina, ofloxacina, lomefloxacina, enoxacina) o nitrofurantoina (macrocristalli) 50 o 100 mg/ die. Dopo un rapporto sessuale possono essere efficaci il trimethoprim-sulfametossazolo o un fluorochinolonico. Se l’IVU recidiva dopo 6 mesi di questa terapia, la profilassi può essere istituita di nuovo per 2 o 3 anni.

Un’efficace profilassi di IVU nelle donne gravide è simile a quella delle altre donne. Le pazienti idonee per questa profilassi sono quelle con pielonefrite acuta durante una precedente gravidanza, le pazienti con batteriuria durante la gravidanza che hanno avuto una recidiva dopo trattamento e le pazienti che necessitano di profilassi per IVU ricorrenti prima della gravidanza.

La profilassi antibiotica per le donne in post-menopausa è simile a quella descritta sopra. In aggiunta, la terapia estrogenica sistemica o topica riduce marcatamente l’incidenza di IVU ricorrenti.

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Terapia

Gli obiettivi dell’impiego di antibiotici nell’IVU sono l’eradicazione dell’organismo infettante, la prevenzione o il controllo della batteremia e delle susseguenti complicanze sistemiche, ed evitare la ricorrenza di IVU sintomatiche. È importante anche il rapporto costi- beneficio e l’evitare seri effetti sfavorevoli.

L’uropatia ostruttiva, le anomalie anatomiche e le lesioni neuropatiche GU possono richiedere una correzione chirurgica. Il drenaggio mediante catetere di una via urinaria ostruita aiuta a controllare prontamente l’IVU. Talvolta, un ascesso corticale renale o perinefritico necessita di drenaggio chirurgico. Se possibile, è necessario rimandare l’indagine strumentale della via urinaria inferiore in presenza di urina infetta. La sterilizzazione delle urine prima delle manovre strumentali e una successiva terapia antibiotica per 3-7 giorni possono prevenire la sepsi urinaria potenzialmente fatale.

Uretrite e cistite: i sintomi di uretrite o cistite possono scomparire senza terapia antibiotica (alcuni pazienti si autocurano soltanto con carico idrico e/o non si fanno visitare da un medico). Negli uomini, il trimethoprim-sulfametossazolo o un fluorochinolonico vengono somministrati per 10-14 giorni poiché cicli più brevi sono associati a recidive frequenti. Nelle donne sintomatiche, un ciclo di 3 giorni di trimethoprim-sulfametossazolo o di un fluorochinolonico tratta efficacemente la cistite acuta ed eradica i potenziali batteri patogeni nel serbatoio vaginale e gastrointestinale. Le b-lattamine sradicano meno efficacemente i batteri patogeni dai due serbatoi e sono associati a una maggiore frequenza di resistenza antibiotica e a percentuali di ricorrenza più elevate.

La risposta al ciclo di terapia di tre giorni aiuta a determinare quali pazienti richiedano ulteriori indagini e terapia. La terapia monodose provoca percentuali di recidiva più elevate e non è raccomandata. Cicli più lunghi di terapia (7-14 giorni) vengono prescritti per pazienti con storia di IVU recente, diabete mellito o con sintomi che durano da > 1 sett..

Donne precedentemente sane senza sintomi di vaginite sono trattate come descritto sopra e non necessitano di esame chimico delle urine né di urinocoltura, a meno che la sintomatologia non continui dopo la terapia. Se l’esame chimico delle urine e l’urinocoltura sono negative, non viene prescritta un’ulteriore terapia antibiotica. Se in una donna sessualmente attiva è presente piuria ma non batteriuria, l’uretrite da C. trachomatis è diagnosticata in via presuntiva e un ciclo più lungo di tetraciclina o sulfamidici viene prescritto alla paziente e al suo partner sessuale. Una paziente sintomatica con un esame chimico delle urine positivo e un microrganismo, evidenziato in coltura, sensibile al ciclo di terapia antibiotica di tre giorni, è trattato per un’infezione renale con un ciclo di 14 giorni di trimethoprim-sulfametossazolo o di un fluorochinolonico. Alcune pazienti con bassa conta delle colonie sviluppano una sindrome uretrale acuta dovuta a trauma o a infiammazione dell’uretra, talvolta causata da malattia gonococcica, tubercolare o da miceti.

La cistite ricorrente associata a pneumaturia (passaggio di aria nell’urina) è un indizio di fistola enterovescicale. Sono comuni variazioni dei microrganismi responsabili o infezioni polimicrobiche. La causa più comune di cistite ricorrente negli uomini è la prostatite batterica cronica. Sebbene la prostatite acuta possa rispondere a 10-14 giorni di terapia, anche la recidiva è comune, probabilmente dovuta alla scarsa penetrazione tissutale di molti antibiotici e ai calcoli prostatici che possono ostruire il drenaggio e agire da corpi estranei nel prevenire la sterilizzazione del tessuto.

Molti organismi patogeni colonizzano il vestibolo vaginale (apparentemente dovuti a un inadeguato meccanismo di difesa locale) per lungo tempo; la cistite ricorrente è talvolta secondaria a una piccola fistola vescico-vaginale che altrimenti è di per sé asintomatica. Una forma insolita di cistite, la cistite enfisematosa, è caratterizzata da sintomi di infezione con pneumaturia ed è dovuta a un’infezione da germi che formano gas che coinvolge la sottomucosa della parete vescicale.

La batteriuria sintomatica nei pazienti diabetici, nelle persone anziane o in quelle con cateterizzazione vescicale cronica, di solito non dovrebbe essere trattata con antibiotici. Tuttavia, nelle donne gravide vengono ricercati attivamente batteri asintomatici e trattati come un’IVU sintomatica. Comunque, pochi antibiotici possono essere usati con sicurezza. Le b-lattamine per via orale, i sulfamidici e la nitrofurantoina sono considerati sicuri nelle prime fasi della gravidanza, ma i sulfamidici devono essere evitati in prossimità del parto a causa di un loro possibile ruolo nello sviluppo del kernicterus. Il trimethoprim causa tossicità fetale in studi condotti su animali; manca un dato simile negli umani. I fluorochinolonici vengono evitati per la possibilità di un danno al tessuto cartilagineo fetale. Quando durante la gravidanza viene diagnosticata la pielonefrite, sono misure appropriate il ricovero in ospedale e la terapia parenterale con una b-lattamina con o senza un aminoglicoside.

Una terapia può essere indicata anche in un’IVU asintomatica in pazienti neutropenici, in quelli con un recente trapianto renale, in pazienti in lista per un indagine strumentale della via urinaria (dopo rimozione di un catetere vescicale che è stato lasciato in situ per < 1 sett.), in bambini con RVU di grado grave e in pazienti con un calcolo di struvite che non può essere rimosso e con frequenti sintomi di IVU. La terapia tipica consiste di un antibiotico idoneo sulla base dei risultati della coltura per 3-14 giorni o la terapia soppressiva cronica per problemi ostruttivi intrattabili (p. es., calcoli, reflusso).

Prostatite: l’infezione acuta può rispondere a 10-14 giorni di terapia con trimethoprim-sulfametossazolo o con un fluorochinolonico, ma le recidive sono frequenti per la scarsa penetrazione tissutale di molti antibiotici e per la presenza di anomalie anatomiche (p. es., calcoli prostatici). Per la prostatite recidivante o cronica, possono essere necessarie 4-12 sett. di terapia antimicrobica. Tuttavia, si può verificare una percentuale di fallimento fino al 40% e spesso vengono scoperti organismi resistenti (p. es., E. faecalis, P. aeruginosa). La terapia a questo stadio comprende una prolungata soppressione con antibiotici, ripetizione della terapia per ogni recidiva e rimozione chirurgica della ghiandola prostatica infetta sotto copertura antibiotica.

Pielonefrite acuta: la terapia ambulatoriale con antibiotici orali (trimethoprim-sulfametossazolo o un fluorochinolonico per 14 giorni) è possibile se il paziente non ha nausea o vomito, nessun segno di deplezione di volume, né infezione batterica e nessuna evidenza di sepsi ed è affidabile nel seguire i consigli medici. Altrimenti, i pazienti devono essere ricoverati e deve essere somministrata loro una terapia parenterale in accordo con il quadro di sensibilità locale del ceppo coinvolto. I regimi più utilizzati comprendono ampicillina più gentamicina, trimethoprim-sulfametossazolo e un fluorochinolonico e cefalosporine ad ampio spettro (p. es., ceftriaxone). L’Aztreonam, le combinazioni di b-lattamine/inibitori delle b-lattamasi (ampicillina-sulbactam, ticarcillina-clavulanato, piperacillina-tazobactam) e l’imipenem-cilastatin sono generalmente riservate ai pazienti con pielonefrite più complicata (p. es., ostruzione, calcoli, batteri resistenti) o recenti manovre strumentali delle vie urinarie. La terapia parenterale viene continuata finché non si verificano scomparsa della febbre e altri segni di miglioramento clinico. In > 80% dei pazienti, questo miglioramento si verifica entro 72 h. La terapia orale viene iniziata e il paziente può essere dimesso e continuare il ciclo di 14 giorni di terapia. Nei casi complicati, le correzioni urologiche dei difetti anatomici possono essere necessarie e associate a un prolungamento della terapia antibiotica.

Pielonefrite cronica: in assenza di ostruzione dimostrabile o di pielonefrite acuta ricorrente, non si è ancora chiaramente stabilito se la batteriuria renale silente sia dannosa. Di conseguenza, non sono indicati cicli ripetuti di terapia antibiotica. Le complicanze della uremia o l’ipertensione devono essere trattate in modo appropriato. Se non si può eliminare l’ostruzione e se le infezioni ricorrenti sono frequenti, è utile una terapia antibiotica a lungo termine (p. es., trimethoprim-sulfametossazolo, trimethoprim, fluorchinolonici, nitrofurantoina).

Per la pielonefrite xantogranulomatosa, deve essere somministrato un ciclo iniziale di antibiotici per il controllo dell’infezione locale, seguita da nefrectomia in blocco con rimozione di tutto il tessuto coinvolto e chiusura di tutte le fistole.

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