18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

251.GRAVIDANZA COMPLICATA DALLA MALATTIA

MALATTIE CARDIACHE

Negli USA, l’incidenza della malattia cardiaca durante la gravidanza non si è modificata in 25 anni ed è poco frequente, soprattutto a causa della marcata riduzione della malattia cardiaca reumatica. Le alterazioni cardiache in corso di gravidanza, sono rappresentate principalmente, dalle cardiopatie congenite che, spesso, sono già state precedentemente corrette chirurgicamente.

La gravidanza impone un prevedibile sforzo al sistema cardiovascolare (v. Cap. 249). Sapere che la paziente ha una storia di cardiopatia è utile perché una diagnosi di lesioni cardiache, durante la gravidanza, è complicata dalla presenza dei frequenti soffi sistolici funzionali, dalla distensione venosa, dalla tachicardia e dalle alterazioni delle rx del torace che sono riferibili alla gravidanza e non alla malattia. Comunque, l’inaspettata scoperta di un soffio diastolico o presistolico in corso di gravidanza richiede ulteriori indagini. In circa il 25% delle donne affette da una stenosi mitralica, i sintomi compaiono per la prima volta durante la gravidanza.

Nelle donne con una preesistente malattia cardiaca, la mortalità materna è dell’1% circa, che corrisponde al 10% circa della mortalità materna globale. Una gravidanza con esito positivo non accorcia la vita né riduce in modo permanente la capacità funzionale delle donne affette da una cardiopatia.

Durante la gravidanza, le condizioni cardiologiche della paziente si possono complicare, nonostante i frequenti controlli medici, il riposo, l’eliminazione dello stress o dell’anemia, la profilassi con la penicillina e il controllo ponderale. Un’aritmia o i segni di una congestione polmonare richiedono il ricovero e il riposo a letto. Periodi particolarmente delicati sono quelli tra la 28a e la 34a sett., durante il travaglio e immediatamente dopo il parto, quando il cuore è sottoposto al massimo sovraccarico fisiologico.

Il feto condivide l’aumentato rischio dovuto alla malattia cardiaca materna. Può, infatti, morire durante un episodio di insufficienza cardiaca della madre o può nascere prematuramente.

Il travaglio e il parto sono pericolosi per una paziente cardiopatica, a causa dello stress del travaglio, dello sforzo durante il 2o stadio e dell’aumentato ritorno venoso al cuore dall’utero in contrazione, che interferiscono marcatamente con l’emodinamica cardiaca. La gittata cardiaca aumenta di circa il 20% durante ogni contrazione uterina. Un anestesista esperto di fisiologia cardiaca e di malattie in gravidanza deve essere presente al travaglio. L’anestesia di conduzione è da preferirsi nelle pazienti affette da una valvulopatia mitralica. Poiché le pazienti con alterazioni della valvola aortica non sono in grado di tollerare la transitoria stasi circolatoria e l’occasionale caduta della PA che si possono verificare in corso di un’anestesia di conduzione, devono essere sottoposte ad anestesia locale o, se necessario, a quella generale. Si deve evitare qualunque sforzo nel 2o stadio del travaglio dato che uno sforzo prodotto in questa fase blocca l’ossigenazione e la paziente può diventare anossica nel giro di pochi secondi. Se possibile, si deve espletare il parto con il forcipe o, se c’è l’indicazione, si deve eseguire il taglio cesareo (v. Cap. 253); il parto con il forcipe è preferibile, perché è meno pericoloso per la paziente.

Nel periodo del post-partum la paziente deve essere strettamente monitorata, perché la mobilizzazione dei liquidi produce ampie oscillazioni nella funzione cardiaca. Le pazienti cardiopatiche non devono essere considerate fuori pericolo per diverse settimane e devono essere tenute sotto controllo da un cardiologo.

Per le donne che hanno un’insufficienza cardiaca di classe I e II (The New York Heart Association), il rischio di morte in gravidanza non è aumentato, neanche quando la loro lesione principale è costituita dalla stenosi mitralica, anche se le donne con stenosi mitralica possono, a volte, passare nella classe di rischio superiore. Per le pazienti in classe III e IV (sintomatiche con dispnea, affaticamento e tachicardia dopo un’attività fisica limitata o a riposo) il rischio di morte materna e fetale è aumentato; queste donne non dovrebbero iniziare una gravidanza fino a quando non sono state completamente studiate e mostrano il massimo miglioramento con il trattamento medico e chirurgico. Praticamente tutte le morti dovute a insufficienza cardiaca in corso di gravidanza si verificano in pazienti appartenenti alle classi III o IV. Le pazienti appartenenti alla classe III possono aver bisogno di una terapia digitalica e di riposo a letto a partire dalla 20a sett. di gestazione. Quelle appartenenti alla IV classe possono essere considerate candidate a un aborto terapeutico precoce.

Nelle pazienti gravide affette da una cardiopatia reumatica, i rumori dovuti alla stenosi mitralica o a quella aortica sono amplificati; quelli dovuti all’insufficienza mitralica o aortica sono ridotti. Le pazienti affette da un’insufficienza mitralica o aortica asintomatica o soltanto moderatamente sintomatica, in genere tollerano la gravidanza senza problemi; quelle che presentano sintomi gravi, sono spesso consigliate di sottoporsi a una sostituzione valvolare prima di iniziare la gravidanza. Le percentuali di mortalità materna e fetale riportate tra le pazienti con stenosi aortica sono elevate e alle pazienti che presentano una stenosi di grado elevato, deve essere consigliato di sottoporsi a un intervento chirurgico correttivo prima di intraprendere una gravidanza. La stenosi mitralica è particolarmente pericolosa perché la tachicardia, l’aumento della volemia e l’aumento della gittata cardiaca in gravidanza, interagendo con questa lesione, aumentano la pressione capillare a livello polmonare; anche la fibrillazione atriale è frequente. L’insieme di questi fattori aumenta il rischio di edema polmonare, che è la complicanza più letale della stenosi mitralica. La stenosi mitralica spesso porta a un’ipertensione capillare polmonare prima della menopausa, mentre l’insufficienza del ventricolo sinistro, secondaria al reflusso mitralico o alle alterazioni della valvola aortica, è poco frequente durante l’età feconda. La valvulotomia mitralica può essere eseguita nel corso della gravidanza, ma gli interventi a cuore aperto aumentano il rischio di aborto e di danno fetale.

Nelle pazienti con malattia cardiaca reumatica si deve ottenere il massimo miglioramento con il trattamento medico o chirurgico, prima del concepimento. La terapia profilattica con antibiotici deve essere continuata durante la gravidanza. Il trattamento medico è basato sulla limitazione della attività fisica, dell’affaticamento e dell’ansia; sulla prevenzione o sulla tempestiva correzione dell’anemia e sul pronto trattamento delle infezioni. Nelle pazienti affette da una stenosi mitralica, si somministrano 0,25 mg/die di digossina PO, se si sviluppa una fibrillazione atriale. Il travaglio e il parto sono sopportati meglio al termine della gravidanza ed è essenziale porre una costante attenzione all’analgesia e al controllo dell’ansia. A volte, si possono verificare nel periodo post-partum degli episodi improvvisi di congestione polmonare, ma generalmente il periodo più pericoloso è durante il momento del picco massimo della gittata cardiaca (dalla 20a alla 34a sett.). Gli antibiotici vanno sempre usati nell’immediato periodo post-partum, così come quando maggiore è il pericolo di infezioni, p. es., quando si verifica la rottura prematura delle membrane.

Il prolasso della valvola mitrale si verifica più frequentemente in donne giovani e tende a essere familiare. È generalmente un’anomalia isolata, ma può associarsi alla sindrome di Marfan o a un difetto del setto interatriale. Le donne con un prolasso della valvola mitrale generalmente sopportano bene la gravidanza. L’aumento relativo delle dimensioni ventricolari durante la gravidanza diminuisce la discrepanza tra la mitrale, sproporzionatamente larga, e il ventricolo. Le pazienti asintomatiche non richiedono alcun trattamento oltre alla profilassi antibiotica durante il parto, quando l’endocardite batterica è una possibile complicanza. Nelle pazienti con un’aritmia ricorrente, sono indicati i b-bloccanti. Raramente, le pazienti gravide presentano un’embolia sistemica o polmonare e necessitano una terapia anticoagulante. Poiché il decorso del prolasso della mitrale è generalmente benigno, le pazienti devono essere rassicurate sul fatto che questa anomalia minore di sviluppo non deve essere causa di preoccupazioni immotivate.

La maggior parte delle pazienti affette da una cardiopatia congenita non corre un rischio aumentato in gravidanza. Tuttavia, le pazienti affette dalla sindrome di Eisenmenger e da un’ipertensione polmonare primitiva (e forse da una stenosi polmonare isolata) possono essere soggette a un collasso improvviso e morire durante il travaglio o nel post-partum; questo pericolo esiste anche dopo gli aborti che si verificano oltre la 20a sett. di gestazione. La causa della morte in queste pazienti non è chiara, ma il rischio è tale da sconsigliare una gravidanza. Se si verifica una gravidanza, il parto si deve espletare nelle migliori condizioni possibili, con particolare attenzione all’anestesia, con la disponibilità di una rianimazione cardiologica e si deve prevenire lo shunt destro-sinistro mantenendo le resistenze vascolari periferiche e riducendo al minimo quelle polmonari. Il ritorno venoso deve essere sostenuto. Le pazienti affette dalla sindrome di Marfan sono esposte a un rischio maggiore di dissezione dell’aorta e di rottura di aneurismi aortici in corso di gravidanza che è pertanto sconsigliata. La cardiopatia congenita è più comune tra i figli di madri che ne sono affette.

A volte una cardiomiopatia inizia verso il termine della gravidanza o nel periodo post-partum. Questa sindrome, chiamata cardiomiopatia del peripartum, colpisce maggiormente le pluripare, le donne con più di 30 anni, quelle con gravidanze gemellari e quelle affette da una preeclampsia gravidica. La cardiomiopatia del peripartum è associata a una mortalità del 50% a 5 anni e ha un’elevata probabilità di recidivare nelle gravidanze successive che sono, quindi, controindicate.

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