19. PEDIATRIA

265. INFEZIONI NEI BAMBINI

INFEZIONI VARIE

SINDROME DI REYE

Sindrome caratterizzata da encefalopatia acuta e infiltrazione grassa del fegato che insorge dopo alcune infezioni virali acute.

Sommario:

Introduzione
Epidemiologia
Anatomia patologica
Sintomi, segni e complicanze
Diagnosi
Prognosi
Terapia


L’eziologia è sconosciuta, ma sono stati implicati agenti virali (p. es., i virus dell’influenza B e A e della varicella), tossine esogene (p. es., l’aflatossina dell’Aspergillus flavus), salicilati e difetti metabolici intrinseci.

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Epidemiologia

Tra il 1974 e il 1984, la sindrome di Reye si verificava annualmente negli USA in 200-550 bambini l’anno, ma è divenuta da allora molto rara, verificandosi in meno di 20 bambini l’anno. La sindrome si verifica quasi esclusivamente in bambini di età <18 anni. Negli USA la maggior parte dei casi si verifica in autunno inoltrato e in inverno. Sono state descritte sia forme epidemiche che sporadiche. Si sono avute estese epidemie in associazione con influenza B e varicella, benché anche in corso di epidemie la sindrome di Reye sia rara. In Tailandia e in Giamaica una sindrome simile è stata associata all’ingestione di aflatossine o di altre tossine. È stata notata un’incidenza aumentata della malattia fra fratelli, ma non è noto se la causa di tale rilievo sia da ricercare nei fattori ambientali (p. es., l’esposizione comune a tossine esogene), nella predisposizione genetica (p. es., il deficit ereditario di un enzima), o nella maggiore consapevolezza della malattia.

L’uso del salicilato durante una malattia influenzale acuta aumenta il rischio di sviluppo della sindrome di Reye fino a 35 volte. Infatti, l’uso del salicilato in persone di età inferiore ai 18 anni, fatta eccezione per poche malattie specifiche (p. es., AR giovanile, malattia di Kawasaki), è considerato potenzialmente pericoloso. Tuttavia, non è ancora chiaro se la riduzione nell’incidenza della sindrome di Reye sia dovuta esclusivamente al ridotto impiego di salicilati nei bambini o altri fattori.

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Anatomia patologica

Con il microscopio ottico si nota, in sezioni di tessuto epatico congelato, un’uniforme infiltrazione grassa microvescicolare intracitoplasmatica panlobulare del fegato che si colora con rosso Sudan. Nelle sezioni epatiche si notano al microscopio elettronico lesioni a carico dei mitocondri che variano a seconda della gravità della malattia ma comprendono deplezione di glicogeno, proliferazione del reticolo endoplasmatico liscio, danno dei perossisomi, e rigonfiamento della matrice mitocondriale. Le alterazioni istologiche a carico del fegato di solito si normalizzano entro 8-12 sett. dall’inizio della malattia.

I sintomi a carico del SNC sono aspecifici e comprendono edema cerebrale, appiattimento delle circonvoluzioni, rigonfiamento della sostanza bianca e compressione ventricolare. Al microscopio si notano aree chiare perivascolari e perineuronali con rigonfiamento degli astrociti.

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Sintomi, segni e complicanze

La malattia varia molto in termini di gravità ma è caratteristicamente bifasica: all’inizio c’è una infezione virale, di solito a carico delle vie aeree superiori (di rado esantematica), seguita intorno al 6o giorno da nausea e vomito incoercibile e da un improvviso deterioramento dello stato mentale. Se preceduta da varicella, l’encefalopatia si sviluppa di solito intorno al 4o-5o giorno dopo la comparsa delle manifestazioni cutanee. Le manifestazioni dell’interessamento del SNC vanno da una lieve amnesia e un’importante letargia a episodi intermittenti di disorientamento e di agitazione che spesso progrediscono rapidamente fino al coma che si manifesta con progressivo deterioramento del sensorio, atteggiamento in decorticazione e decerebrazione, convulsioni, flaccidità, midriasi fissa e arresto respiratorio. Di rado si notano segni neurologici focali. L’epatomegalia si ha in circa il 40% dei casi, ma l’ittero è raro.

Le complicanze sono: squilibrio idro-elettrolitico, diabete insipido, sindrome da inappropriata secrezione di ADH, ipotensione, aritmie cardiache, diatesi emorragica (specialmente a carico dell’apparato digerente) pancreatite, insufficienza respiratoria e polmoniti da aspirazione.

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Diagnosi

La sindrome di Reye deve essere sospettata in ogni bambino che presenti un’encefalopatia a esordio acuto (senza una pregressa esposizione a metalli pesanti o a tossine) e vomito incoercibile associati a una disfunzione epatica. La biopsia epatica, che è determinante per la diagnosi, è di aiuto specialmente nei casi sporadici e nel bambino piccolo. La diagnosi può essere fatta anche quando i tipici dati clinici e anamnestici sono associati a questi dati di laboratorio: transaminasi aumentate (AST, ALT più che triplicati rispetto ai valori normali), bilirubinemia normale, iperammoniemia, tempo di protrombina prolungato. Il LCR mostra di solito una pressione aumentata, un numero di leucociti < 8-10/ml e una proteinorrachia normale; i livelli di glutammina del LCR possono essere elevati. Nel 15% dei casi, specialmente nei bambini di età inferiore ai 4 anni, sono presenti ipoglicemia e ipoglicorrachia.

Segni di squilibrio metabolico diffuso includono elevati livelli sierici di aminoacidi, alterazioni dell’equilibrio acido-base (di solito con iperventilazione, alcalosi respiratoria mista ad acidosi metabolica), iper- e ipo-osmolalità, ipernatremia, ipokaliemia e ipofosfatemia.

La diagnosi differenziale va fatta con le altre cause di coma e danno epatico, come la sepsi e l’ipertermia (specialmente nei lattanti); con anomalie congenite potenzialmente suscettibili di terapia del ciclo dell’urea (p. es., deficit di ornitina transcarbamilasi) o dell’ossidazione degli acidi grassi (p. es., deficit sistemico di carnitina o deficit di acetil-CoA deidrogenasi a media catena); con l’intossicazione da fosforo o da tetracloruro di carbonio; con l’encefalopatia acuta da intossicazione salicilica o da altri farmaci o veleni; con l’encefalite o la meningoencefalite virale e con l’epatite acuta. Nella steatosi idiopatica della gravidanza e nel danno epatico da tetracicline si osserva, alla biopsia epatica, un quadro istologico simile.

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Prognosi

L’esito dipende dalla gravità e dalla velocità di progressione del coma, dal grado di ipertensione endocranica e d’iperammoniemia. Nella Tab. 265-18 è riportato uno schema di stadiazione raccomandato. La progressione dallo stadio I agli stadi successivi è probabile quando l’ammoniemia iniziale supera i 100mg/dl (60 mmol/l) e il tempo di protrombina è  3 s più lungo rispetto ai controlli. Nei casi letali, fra il ricovero e la morte intercorrono in media 4 giorni. La morte si verifica in media nel 21% dei casi con un range che va dal 2% nei soggetti che si trovano nel I stadio di malattia a più dell’80% nei pazienti al IV o al V stadio. Fortunatamente, nella maggior parte dei pazienti si riesce a fare diagnosi nel I stadio e si ritiene che un precoce trattamento possa migliorare o impedire la progressione della malattia. I tassi di mortalità sono elevati specialmente se il paziente presenta convulsioni, flaccidità e arresto respiratorio. La prognosi per i sopravvissuti è generalmente buona, e le recidive sono rare. Comunque, l’incidenza delle sequele neurologiche (ritardo mentale, convulsioni, paralisi dei nervi cranici, disturbi motori) può raggiungere il 30% tra i pazienti che presentano convulsioni o segni di decerebrazione durante la malattia.

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Terapia

Poiché l’eziologia è sconosciuta e le alterazioni metaboliche diffuse, non esiste una terapia universalmente accettata. La diagnosi precoce e la tempestiva istituzione della terapia intensiva di supporto costituiscono i cardini del trattamento, soprattutto nella malattia progressiva o avanzata. Un monitoraggio costante delle condizioni neurologiche, dell’equilibrio idro-elettrolitico, dello stato metabolico, dell’attività cardiovascolare e respiratoria è essenziale per far fronte ai rapidi cambiamenti che si verificano. Procedure comuni sono il monitoraggio con catetere arterioso dell’emogasanalisi, del pH e della pressione sanguigna; l’intubazione e la ventilazione controllata. La terapia comprende la somministrazione EV di liquidi e soluzioni elettrolitiche contenenti glucoso per contrastare la disidratazione e la deplezione di glicogeno, l’uso parsimonioso di catartici e di antibiotici non assorbibili (p. es., neomicina) per l’encefalopatia epatica e vitamina K e, se necessario, plasma fresco congelato, per la coagulopatia. L’aumentata pressione intracranica deve essere attentamente monitorizzata e controllata con farmaci come mannitolo, desametasone o glicerolo. Altri trattamenti, p. es., l’exsanguinotrasfusione, l’emodialisi, l’induzione del coma profondo con l’uso di barbiturici (per ridurre la pressione intracranica), non hanno mostrato particolari benefici ma sono talvolta impiegati.

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