19. PEDIATRIA

265. INFEZIONI NEI BAMBINI

INFEZIONI VARIE

SINDROME DI KAWASAKI

Sindrome che interessa di solito i lattanti e i bambini di età < 5 anni caratterizzata da febbre prolungata, esantema, congiuntivite, mucosite, linfoadenopatia cervicale e poliartrite di gravità variabile.

Sommario:

Eziologia, epidemiologia e anatomia patologica
Sintomi, segni e complicanze
Esami di laboratorio e diagnosi
Prognosi
Terapia


Eziologia, epidemiologia e anatomia patologica

L’eziologia è sconosciuta, ma l’epidemiologia e la presentazione clinica suggeriscono un’infezione o una risposta immunologica anomala a un’infezione.

Da quando è stata descritta per la prima volta in Giappone negli anni ‘60, sono stati riportati nel mondo migliaia di casi in diverse razze e gruppi etnici, benché i bambini di discendenza giapponese mostrino una più alta incidenza. Ogni anno negli USA si verificano diverse migliaia di casi. Il rapporto maschio/femmina è di 1,5:1. L’ottanta percento dei pazienti sono di età < 5 anni (mediana, 2 anni); casi reali in adolescenti o adulti sono rari. Casi di malattia si verificano tutto l’anno, ma più spesso in primavera o inverno. Sono state riportate epidemie all’interno di comunità, senza chiara evidenza di diffusione da persona a persona. Recidive si verificano in circa l’1% dei pazienti.

Il reperto anatomopatologico è molto simile a quello della periarterite nodosa con vasculite che interessa primariamente le arterie coronarie, ma anche altre arterie di grosso e medio calibro.

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Sintomi, segni e complicanze

La malattia decorre in stadi iniziando con febbre, di solito remittente e > 39°C, che è associata a irritabilità, spesso estrema, e occasionale letargia o coliche addominali intermittenti. La febbre dura 1-2 sett. o più nei pazienti non trattati. Generalmente entro uno o due giorni dall’inizio della febbre appare, un’iperemia congiuntivale bulbare bilaterale senza essudato. Entro 5 giorni compare una eruzione polimorfa eritematosa e maculare che interessa prima il tronco, spesso con accentuazione nella regione perineale. L’eruzione può essere orticarioide, morbilliforme o scarlattiniforme ed è accompagnata da iperemia faringea; arrossamento, secchezza e fissurazione delle labbra; lingua rossa a fragola. Durante la prima settimana, può comparire pallore della parte prossimale delle unghie delle mani e dei piedi (leuconichia parziale). Di solito verso il 3o-5o giorno compaiono un eritema o una colorazione rosso-porpora e un edema variabile delle palme delle mani e delle piante dei piedi. Benché l’edema possa essere lieve, esso è spesso teso, duro e non presenta il segno della fovea. Verso il 10o giorno dall’esordio, inizia una desquamazione periungueale palmare e plantare. Gli strati cutanei superficiali talvolta si distaccano a grosse falde, lasciando intravedere una nuova cute normale. Durante tutto il decorso è presente nel 50% circa dei pazienti una linfoadenopatia cervicale dolente non suppurativa ( 1 linfonodo  1,5 cm); ognuno degli altri reperti è presente in circa il 90% dei pazienti. La malattia può durare da 2 a 12 sett. o più a lungo.

Altri sintomi meno specifici indicano il coinvolgimento di molti altri apparati. Artrite o artralgie si verificano in circa 1/3 dei pazienti (sono soprattutto interessate le grosse articolazioni). Possono manifestarsi anche uretrite, meningite asettica, diarrea, idrope della colecisti e uveite anteriore.

Le complicanze più importanti sono rappresentate dall’infiammazione cardiaca, principalmente dall’arterite coronarica. Le manifestazioni cardiache di solito iniziano intorno al 10o giorno, quando la febbre, l’eruzione e gli altri sintomi acuti precoci cominciano a regredire; ovvero, in una fase subacuta della sindrome. L’infiammazione delle arterie coronarie con dilatazione e formazione di aneurismi si verifica nel 5-20% di tutti i casi e talvolta si associa a miocardite acuta con insufficienza cardiaca, aritmie e pericardite e, raramente, a tamponamento cardiaco, trombosi o infarto.

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Esami di laboratorio e diagnosi

Durante la fase acuta della malattia è comune una leucocitosi, spesso con un notevole aumento delle cellule immature. Altri segni ematologici sono una lieve anemia, trombocitosi (ł 500000/ ml) nella 2a o 3a sett. di malattia e VES elevata (spesso in modo molto marcato).

Le altre alterazioni, a seconda degli apparati interessati, possono comprendere piuria, proteinuria, pleiocitosi del LCR e alterazioni dell’ECG (aritmie, ridotto voltaggio o ipertrofia ventricolare sinistra). L’esame ecocardiografico deve essere eseguito in tutti i pazienti alla diagnosi (per definire un quadro basale e per diagnosticare aneurismi coronarici, pericardite o miocardite); a 3-4 sett. dall’esordio; a 6-8 sett. dall’esordio e forse a 6-12 mesi dall’esordio. L’arteriografia coronarica è utile occasionalmente nei pazienti con aneurismi e test da sforzo patologici. Gli elettrocardiogrammi sono spesso ripetuti insieme agli ecocardiogrammi.

La diagnosi si basa sui segni clinici e sull’esclusione di altre malattie. I criteri per la diagnosi sono riportati nella Tab. 265-19. I risultati delle colture per batteri e virus, cosi come i test sierologici per la diagnosi di infezione, sono negativi ma possono essere utili per diagnosticare altre malattie con presentazioni simili.

La diagnosi differenziale include malattie batteriche (soprattutto la scarlattina, la sindrome stafilococcica esfoliativa e la leptospirosi), esantemi virali (p. es., morbillo), rickettsiosi (p. es., febbre purpurica delle montagne rocciose), toxoplasmosi, acrodinia (causata dall’avvelenamento da mercurio), sindrome di Stevens-Johnson e artrite reumatoide giovanile.

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Prognosi

Il tasso di mortalità è dello 0,1% con la terapia adeguata; senza terapia, la mortalità può raggiungere l’1%. Le morti sono più frequentemente conseguenza di complicanze cardiache, ma possono essere improvvise e imprevedibili; più del  > 50% dei decessi si verifica entro 1 mese dall’inizio, il 75% entro 2 mesi e il 95% entro 6 mesi ma può verificarsi fino a 10 anni dopo. Una terapia efficace riduce i sintomi acuti e, più importante, riduce l’incidenza degli aneurismi coronarici dal 20% a meno del 5%. In assenza di alterazioni coronariche, la prognosi per una completa guarigione è eccellente. Circa i 2/3 degli aneurismi coronarici regredisce entro 1 anno, benché non si sappia se residuino stenosi coronariche. Gli aneurismi coronarici giganti (diametro interno > 8 mm all’ecocardiogramma) regrediscono meno frequentemente e richiedono un follow-up e una terapia più intensivi.

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Terapia

I bambini con sindrome di Kawasaki devono essere trattati da un cardiologo pediatra esperto o uno specialista in malattie infettive pediatriche o in stretta collaborazione con essi. La terapia va iniziata il più presto possibile, idealmente entro i primi 10 giorni di malattia, con una combinazione di alte dosi di immunoglobuline endovena (una singola dose di 2 g/kg di IGEV somministrate in 10-12 h) e alte dosi di aspirina per via orale (80-100 mg/kg/die in 4 dosi). Il dosaggio dell’aspirina viene ridotto a 3-5 mg/kg/die in singola dose quando il bambino diviene apiretico. (In alcune strutture si preferisce continuare l’aspirina ad alto dosaggio fino al quattordicesimo giorno di malattia.) Il metabolismo dell’aspirina è imprevedibile durante la fase acuta della malattia di Kawasaki, cosa che spiega in parte gli alti dosaggi richiesti. Presso alcune strutture vengono monitorizzati i livelli sierici di aspirina durante la terapia ad alte dosi, soprattutto se la terapia viene somministrata per 14 giorni.

La maggior parte dei pazienti ha una rapida risposta entro 24 h dall’inizio della terapia; una piccola percentuale continua a star male con febbre per diversi giorni e richiede un nuovo ciclo di IGEV. Una schema alternativo, che può determinare una risoluzione dei sintomi lievemente più lenta, ma può giovare a quei pazienti con disfunzione cardiaca che non possono tollerare il volume di un’infusione di 2 g/kg di IGEV, è 400 mg/kg/die di IGEV per 4 giorni (sempre in combinazione con aspirina ad alto dosaggio). L’efficacia della terapia con IGEV/aspirina quando cominciata più di 10 giorni dopo l’inizio della malattia è sconosciuta, ma la terapia deve comunque essere presa in considerazione.

Dopo il miglioramento del bambino, l’aspirina viene proseguita al dosaggio di 3-5 mg/kg/die per almeno 8 sett., finche non viene eseguito un nuovo esame ecocardiografico. Se non ci sono aneurismi coronarici e i segni di infiammazione sono in via di risoluzione (come dimostrato dalla normalizzazione della VES e delle piastrine), l’aspirina può essere interrotta. Per la sua azione antitrombotica, l’aspirina viene continuata a tempo indefinito nei bambini con alterazioni coronariche. I bambini con aneurismi coronarici giganti possono richiedere una terapia anticoagulante aggiuntiva (p. es., coumadin o dipiridamolo).

I bambini che ricevono IGEV possono avere una risposta ridotta ai vaccini con virus vivi. Pertanto, il vaccino anti morbillo-parotite-rosolia deve generalmente essere procrastinato di 11 mesi dopo la somministrazione di IGEV, e il vaccino anti-varicella deve essere posticipato di  5 mesi. Se il rischio di esposizione al morbillo è alto, la vaccinazione deve essere effettuata, ma dopo 11 mesi deve essere effettuata una rivaccinazione (o l’esame sierologico).

Nei bambini che ricevono aspirina a lungo termine durante epidemie di influenza o varicella esiste un basso rischio di sindrome di Reye (v. sopra). I genitori di bambini che ricevono aspirina devono essere istruiti a contattare prontamente il medico del proprio bambino se questo è esposto o sviluppa sintomi di influenza o varicella. Può essere presa in considerazione la temporanea sospensione dell’aspirina (sostituendola con dipiridamolo nei bambini con aneurismi documentati). La vaccinazione antiinfluenzale annuale è indicata per i bambini che ricevono terapia con aspirina a lungo termine.

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