21. ARGOMENTI SPECIALI

295. PROCESSO DECISIONALE NELLA PRATICA CLINICA

OPERARE DELLE SCELTE

Dopo aver interpretato le informazioni diagnostiche disponibili su un paziente, il medico deve successivamente decidere (di comune accordo con il paziente) il piano diagnostico o terapeutico. Sebbene tali scelte siano spesso operate in maniera informale e implicita, un’analisi decisionale che utilizzi i seguenti passi può spesso migliorare il processo e forse i risultati:

1. Il problema viene formulato esplicitamente come un quesito che implichi una scelta tra un numero limitato di opzioni mutuamente esclusive: p. es., Trattare? Non trattare? Eseguire il test?

2. Il problema viene strutturato, spesso come un albero decisionale o talvolta come un cosiddetto diagramma di flusso, con una chiara designazione delle scelte (nodi decisionali, di solito indicati da quadrati), delle possibilità (nodi probabilistici, di solito indicati da cerchi, che indicano la probabilità di ciascuna opzione o evento come probabilità di diramazione; la somma di tali probabilità per ciascun nodo probabilistico deve essere 1,0 poiché le diramazioni sono esaustive e mutuamente esclusive) e dei risultati (nodi terminali, di solito indicati da rettangoli, che contengono un valore o un’utilità associata a quel risultato).

3. Vengono specificate le probabilità di diramazione per ogni nodo di casualità, avendo cura di esaminare ogni relazione appropriata fra tali probabilità (p. es., viene osservata la revisione delle probabilità diagnostiche dopo il risultato di un test).

4. Ad ogni risultato viene attribuita un’utilità su una scala o su scale compatibili (v. la trattazione delle utilità, oltre).

5. Il modello decisionale viene valutato utilizzando due regole di base: in corrispondenza di ogni nodo probabilistico, viene stabilito un valore che rappresenta la media pesata dei valori dei suoi possibili risultati, utilizzando le probabilità di diramazione come pesi; per ogni nodo decisionale, alla migliore opzione viene assegnata un’utilità uguale all’utilità attesa della migliore opzione. Poiché le decisioni devono essere guidate dalle possibili conseguenze (risultati) della scelta, la valutazione inizia a livello dei nodi terminali dell’albero decisionale e procede verso il nodo decisionale. Questo processo di valutazione permette il calcolo di una media o di un valore atteso per ognuna delle strategie considerate. La strategia con il più elevato valore atteso è la strategia di scelta.

6. Ogni variabile nell’albero decisionale (cioè, probabilità e utilità) viene esaminata per determinare come i cambiamenti degli assunti iniziali influenzino il valore atteso di ogni strategia e la selezione di una strategia ottimale. Questa esplorazione del problema decisionale (chiamata analisi di sensibilità), una delle più efficaci tecniche di analisi decisionale formale, incrementa fortemente la nostra comprensione del problema decisionale e la saldezza di ogni soluzione proposta.

Le variabili alla base del problema decisionale possono essere esaminate individualmente (analisi di sensibilità a una via), a coppie (analisi di sensibilità a due vie), a gruppi di tre (analisi di sensibilità a tre vie) oppure in gruppi o programmi. Un’analisi di sensibilità a una via (nella quale si modifica una sola variabile) può fornire un valore soglia, tale che un’azione risulti appropriata se il valore presunto della variabile (in un paziente oppure in una situazione) è più grande del valore soglia e che un’altra azione risulti appropriata se il valore presunto della variabile è sotto il valore soglia.

I risultati sono valutati per determinare se le intuizioni raggiunte con l’analisi assicurano la ristrutturazione del problema. Quindi, l’analisi decisionale è iterativa. Tutti i modelli sono imperfetti a causa di errori evidenti, eccessive semplificazioni oppure omissioni di importanti caratteristiche del problema. L’obiettivo dell’analisi decisionale è raggiungere un modello che risponda al quesito o permetta una maggior consapevolezza del problema.

Nell’analisi decisionale, i valori relativi dei vari risultati in funzione delle differenti strategie di gestione sono espressi come utilità, rappresentate su una scala conforme per ogni risultato di ogni strategia considerata. Le utilità possono essere misurate utilizzando qualunque scala arbitraria (p. es., da 0 a 100), ma una migliore immediatezza di lettura può essere raggiunta utilizzando scale quali l’aspettativa di vita (o media di sopravvivenza) e l’aspettativa di vita corretta per la qualità di vita, che abbassa la media della sopravvivenza nel corso del tempo in accordo con la morbilità a lungo e a breve termine. Per esempio, se la qualità della vita di un paziente fosse l’80% rispetto a quando è in piena salute, allora 1 anno di vita con la malattia corrisponderebbe a 0,8 anni corretti per la qualità di vita. Altre utilità potrebbero considerare la morbilità, il dolore e la sofferenza, lo stato funzionale e, forse, i costi.

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