22. FARMACOLOGIA CLINICA

304. TERAPIA FARMACOLOGICA NELL’ANZIANO

Una terapia farmacologica sicura ed efficace rimane una delle maggiori sfide della geriatria clinica. Gli anziani sono affetti da molti disordini cronici e di conseguenza utilizzano più farmaci rispetto a qualsiasi altra fascia di età. Le loro già diminuite riserve fisiologiche possono essere ulteriormente ridotte dagli effetti dei farmaci e da quelli di patologie acute o croniche. L’invecchiamento modifica la farmacodinamica e la farmacocinetica, influenzando la scelta, il dosaggio e la frequenza di somministrazione di molti farmaci. In aggiunta, la terapia farmacologica può essere complicata dall’incapacità di un paziente anziano ad acquistare o procurarsi i farmaci o ad attenersi ai regimi terapeutici prescritti.

Negli USA, circa 2/3 delle persone di età  65 anni assumono farmaci soggetti a ricettazione e non soggetti ad essa (da banco). Le donne assumono più farmaci rispetto agli uomini perché sono mediamente più anziane e perché utilizzano una maggior quantità di farmaci psicoattivi e antiartritici. In ogni momento, un anziano medio utilizza da quattro a cinque farmaci soggetti a prescrizione e due farmaci da banco e richiede da 12 a 17 prescrizioni l’anno. Gli anziani più cagionevoli sono quelli che utilizzano la maggior quantità di farmaci. L’impiego dei farmaci è maggiore negli ospedali e nelle RSA che nella comunità; tipicamente, un residente in una RSA assume sette o otto farmaci diversi.

Il tipo di farmaco utilizzato più frequentemente dagli anziani varia a seconda della situazione. Coloro che vivono nella comunità generale utilizzano più frequentemente analgesici, diuretici, farmaci cardiovascolari e sedativi; i residenti nelle RSA utilizzano più comunemente antipsicotici e sedativi-ipnotici, seguiti dai diuretici, dagli antiipertensivi, dagli analgesici, dai farmaci cardiologici e dagli antibiotici. I farmaci psicoattivi vengono prescritti al 65% dei pazienti delle RSA e al 55% dei pazienti delle residenze protette; il 7% dei pazienti delle RSA riceve tre o più farmaci psicoattivi contemporaneamente.

Molti farmaci sono di reale utilità negli anziani. Alcuni possono salvare la vita, p. es., gli antibiotici e le terapie trombolitiche nelle patologie acute. I farmaci ipoglicemizzanti orali possono migliorare l’autosufficienza e la qualità della vita perché tengono sotto controllo una malattia cronica. I farmaci antiipertensivi e i vaccini antinfluenzali possono aiutare a prevenire o a ridurre la morbilità. Gli analgesici e gli antidepressivi possono controllare una sintomatologia debilitante. Perciò è l’appropriatezza, cioè un’adeguata superiorità dei potenziali benefici rispetto ai potenziali rischi, che deve guidare le scelte terapeutiche.

La polifarmacia (uso contemporaneo di molti farmaci) in quanto tale non è una buona misura dell’appropriatezza della terapia, perché le persone più anziane spesso sono affette da molte patologie che richiedono tutte un trattamento; tuttavia, essa può essere un indice di una prescrizione inappropriata. Molti tra i pazienti più anziani ricoverati negli ospedali e nelle RSA ricevono regolarmente farmaci (comprendenti ipnotici, analgesici, antagonisti H2, antibiotici e lassativi) che non sono essenziali e che possono recare danno, in maniera diretta o tramite interazioni. Un accurato riesame della terapia consente spesso di ridurre il numero dei farmaci utilizzati e, secondo alcuni dati ancora limitati, può migliorare la prognosi del paziente.

Anche il sottoutilizzo di alcuni farmaci è un problema significativo tra i pazienti anziani. Per esempio, l’impiego degli antidepressivi nelle RSA è molto inferiore a quanto richiederebbe l’elevata prevalenza della depressione. Vengono sottoutilizzati anche i farmaci per l’incontinenza e i trattamenti preventivi (p. es., i farmaci per il glaucoma e per l’influenza e i vaccini antipneumococcici).

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