23. AVVELENAMENTI

308. MORSI E PUNTURE

ANIMALI MARINI

Sommario:

Celenterati
Razze lanceolate
Molluschi
Echinodermi e ricci di mare


Celenterati

I celenterati sono responsabili di un maggior numero di avvelenamenti rispetto a qualunque altro animale marino. Delle 9000 specie, circa 100 sono tossiche per l’uomo. I celenterati, comprendenti i coralli, gli anemoni di mare, le meduse e gli idroidi (p. es., la caravella portoghese) sono muniti di un apparato pungente altamente evoluto (nematocisti) in grado di perforare la cute umana. Le nematocisti sono particolarmente abbondanti sui tentacoli dell’animale; in seguito al contatto, un tentacolo può scaricare nella cute migliaia di nematocisti. Le lesioni variano a seconda del tipo di celenterato. In genere, le lesioni iniziali appaiono come piccole eruzioni papulari lineari che si sviluppano rapidamente in una o più linee discontinue, a volte circondate da una zona eritematosa rilevata. Il dolore può essere intenso e il prurito è frequente. Le papule possono trasformarsi in vescicole ed evolvere verso la trasformazione in pustole, l’emorragia e la desquamazione. Le manifestazioni sistemiche comprendono debolezza, nausea, cefalea, dolore e spasmi muscolari, lacrimazione e rinorrea, aumento della traspirazione, alterazioni della frequenza del polso e dolore toracico pleuritico. Nelle acque del Nord America, la caravella portoghese ha causato diversi decessi. I membri dell’ordine delle Cubomedusae sono i più pericolosi tra tutti i celenterati, particolarmente la vespa di mare (Chrionex fleckeri) e la medusa quadrata (Chiropsalmus quadrigatus) e sono stati responsabili di diversi decessi nelle acque dell’oceano Indiano e del Pacifico.

In alcune parti del mondo non è consigliato alcun trattamento. Tuttavia, per interrompere il meccanismo della puntura, vengono usati: l’aceto, per la medusa quadrata; la soda da cucina in un impasto 50:50, per le ortiche di mare, e l’acqua di mare, per la caravella portoghese. I tentacoli vengono rimossi, preferibilmente con pinze o con le mani protette da guanti. L’analgesia mediante l’impiego di aspirina, di un FANS o di un altro antidolorifico va cominciata immediatamente per le punture più lievi. I casi più gravi possono richiedere l’O2 o l’assistenza cardiorespiratoria. Gli spasmi muscolari dolorosi possono essere alleviati con 10 ml di gluconato di calcio al 10% EV. I narcotici sono i farmaci di scelta per il dolore intenso. Nei pochi casi in cui si verifica uno shock, possono essere necessari l’adrenalina e i liquidi EV. È disponibile un antidoto per le punture di alcune specie australiane di celenterati, ma esso è inutile per le punture delle specie del Nord America.

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Razze lanceolate

Le razze lanceolate un tempo causavano circa 750 punture/anno lungo le coste nordamericane, ma l’incidenza attuale è sconosciuta. Il veleno è contenuto in una o più spine sulla superficie dorsale della coda dell’animale. Le lesioni solitamente si verificano quando un sommozzatore o un palombaro incauto calpesta la razza lanceolata mentre cammina sulla risacca, sulla sabbia o nell’acqua stagnante, inducendo la razza a proiettare verso l’alto e in avanti la coda, conficcando così la spina (o le spine) dorsale nel piede o nella gamba della vittima. Il guscio tegumentario che circonda la spina si rompe e il veleno si riversa nei tessuti della vittima, causando un intenso dolore immediato. Anche se è spesso limitato all’area colpita, il dolore può diffondersi rapidamente, raggiungendo la sua massima intensità in meno di 90 min e riducendosi gradualmente nel giro di 6-48 h. Sincope, astenia, nausea e ansia sono frequenti e possono essere dovute, in parte, a vasodilatazione periferica. Sono stati descritti linfangite, vomito, diarrea, sudorazione, crampi generalizzati, dolore ascellare o inguinale e difficoltà respiratoria.

La ferita è di solito frastagliata, sanguina copiosamente ed è spesso contaminata da frammenti del rivestimento tegumentario. I suoi margini sono spesso discromici e si può verificare una certa distruzione tissutale localizzata. In genere sono presenti gonfiore ed edema. Le ferite aperte vanno soggette a infezioni.

Le ferite degli arti devono essere irrigate con l’acqua salata a disposizione. Deve essere fatto un tentativo per rimuovere il guscio tegumentario, se è possibile vederlo. Quindi l’arto va immerso per 30-90 min nell’acqua più calda che il paziente riesce a tollerare senza riceverne danno. La ferita deve essere riesaminata per verificare l’eventuale presenza di residui del guscio e poi sbrigliata. Va somministrata un’adeguata terapia antitetanica e l’estremità colpita deve essere mantenuta sollevata per vari giorni. Può rendersi necessario l’uso di un antimicrobico e la chiusura chirurgica della ferita.

Se le misure iniziali di primo soccorso vengono prese in ritardo o il dolore persiste, la ferita può essere anestetizzata localmente con lidocaina. Possono essere necessari i narcotici. Lo shock primario che talvolta segue immediatamente una puntura in genere risponde a semplici misure di supporto. Le punture a livello del tronco devono essere valutate con molta attenzione per la possibilità di perforazione di organi interni.

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Molluschi

I molluschi comprendono le conchiglie coniche, i polpi e le conchiglie bivalvi. Il Conus californicus è la sola conchiglia conica riconosciuta pericolosa delle acque del Nord America. La sua puntura provoca dolore localizzato, gonfiore, arrossamento e intorpidimento. I morsi dei polpi nordamericani sono di rado pericolosi. L’avvelenamento paralizzante da molluschi, causato dall’ingestione di alcuni bivalvi che a loro volta hanno ingerito dinoflagellati tossici, è trattato nel paragrafo Avvelenamento alimentare chimico nel Cap. 28.

Il trattamento è in larga parte empirico. Le misure locali sembrano essere di scarso valore. È stata suggerita l’iniezione locale di adrenalina e il successivo uso di neostigmina. Le punture gravi da Conus possono richiedere la ventilazione meccanica e provvedimenti contro lo shock.

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Echinodermi e ricci di mare

Gli echinodermi comprendono diverse classi velenose. Alcuni ricci di mare possiedono organi veleniferi (Pedicellarie globose) con mascelle calcaree in grado di perforare la cute umana, ma le lesioni sono rare. Molto più comuni sono le lesioni da spine di riccio di mare, che si possono spezzare all’interno della cute e provocare reazioni tissutali locali. Se non vengono rimosse, le spine possono migrare nei tessuti più profondi, causando una lesione nodulare granulomatosa, oppure possono incunearsi in un osso o in un nervo. Si possono verificare anche dolore articolare e muscolare e una dermatite.

Le punture di G. pedicellariae vengono trattate lavando la zona e applicando un balsamo mentolato. Le spine del riccio di mare devono essere rimosse immediatamente. Una discromia bluastra nella sede di ingresso può aiutare a localizzare la spina, che a volte è visibile ai raggi X. L’aceto discioglie la maggior parte delle spine superficiali; può essere sufficiente bagnare la ferita con aceto varie volte al giorno e applicare un impacco sempre a base di aceto. Raramente, va praticata una piccola incisione per estrarre la spina; bisogna fare attenzione, perché le spine sono molto fragili. Una spina che sia migrata nei tessuti più profondi può richiedere la rimozione chirurgica.

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