3. MALATTIE GASTROINTESTINALI

19. PROCEDURE DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE IN GASTROENTEROLOGIA

(V. anche la trattazione della CPRE, della colangiografia transepatica percutanea e della biopsia epatica nel Cap. 37 e il test alla secretina in Pancreatite cronica nel Cap. 26).

Sommario:

Introduzione
STUDI RADIOLOGICI DELL'ESOFAGO
ESOFAGOSCOPIA
MANOMETRIA ESOFAGEA
MONITORAGGIO DEL PH ESOFAGEO
TEST DI BERNSTEIN (PERFUSIONE ACIDA)
POSIZIONAMENTO DI UN SONDINO NASOGASTRICO O INTESTINALE
ANALISI DEL CONTENUTO GASTRICO
BIOPSIA DEL PICCOLO INTESTINO E ASPIRAZIONE DEL DUODENO
ENDOSCOPIA DEL TRATTO GASTROINTESTINALE SUPERIORE
ANOSCOPIA E SIGMOIDOSCOPIA RIGIDA O FLESSIBILE
COLONSCOPIA
PARACENTESI ADDOMINALE
PERITONEOSCOPIA DIAGNOSTICA (LAPAROSCOPIA)


La diagnosi e il trattamento dei pazienti con disturbi GI richiedono un approccio ponderato, individualizzato e completo. Le valutazioni possibili con l'endoscopia, la scintigrafia, l'angiografia, la TC e la RMN assicurano una notevole precisione e accuratezza, ma a costi elevati e con un certo rischio di morbilità. Inoltre, nonostante i numerosi accertamenti, in una percentuale di pazienti con disturbi GI, che può raggiungere anche il 50%, viene diagnosticato un disturbo funzionale (v. Cap. 21 e 32) in assenza di alterazioni anatomiche. Quindi, un'anamnesi e un esame obiettivo accurati, con particolare attenzione alle caratteristiche biologiche e psicosociali, possono aiutare a ridurre gli esami diagnostici inutili e a sviluppare efficaci strategie di trattamento.

L'anamnesi e l'esame obiettivo rappresentano quindi una parte fondamentale della valutazione. Le informazioni devono essere ottenute usando uno stile di intervista che inizialmente incoraggi il paziente a riferire i sintomi attraverso un'associazione spontanea, piuttosto che in risposta a domande dirette (v. anche Approccio al paziente nel Cap. 21). Le domande atte ad agevolare il paziente (p. es., "Mi può descrivere meglio i suoi sintomi?") devono precedere quelle mirate a ottenere informazioni dettagliate (p. es., "Quando è iniziato il dolore?" "Che cosa lo allevia?"). Da tutte queste informazioni il medico sviluppa delle ipotesi diagnostiche che dovranno essere poi corrette in base a quesiti più specifici (p. es., "Il dolore viene attenuato dagli antiacidi?" "Ha vomitato sangue?"). Le domande che provocano una risposta del tipo sì o no, devono essere fatte solamente quando si prendono in esame specifiche scelte diagnostiche.

Un esame obiettivo mirato può facilitare la diagnosi differenziale; p. es., il reperto di un fegato aumentato di volume in un paziente che riferisce l'emissione di feci scure, picee, può allargare una precedente ipotesi di gastrite o di malattia peptica ulcerosa per comprendere la cirrosi con varici esofagee o un carcinoma GI con metastasi al fegato. Un'ulteriore indagine diagnostica sul consumo di alcol da parte del paziente, su di un'eventuale perdita di peso o un esame della cute alla ricerca di angiomi stellari, permetteranno una valutazione diagnostica ancor più orientata.

Diverse procedure sono disponibili per facilitare ulteriormente la diagnosi dei disturbi GI. La scelta della procedura deve essere basata sui reperti ottenuti all'anamnesi e all'esame obiettivo.

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STUDI RADIOLOGICI DELL'ESOFAGO

In aggiunta al tradizionale pasto baritato, la video- e la cinefluoroscopia sono utili per accertare delle condizioni anatomiche particolari (p. es., setti esofagei) e per la valutazione dei disturbi motori (p. es., spasmo cricofaringeo, acalasia).

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ESOFAGOSCOPIA

L'esofagoscopia può essere eseguita a scopo diagnostico per valutare il dolore o la disfagia, per identificare anomalie organiche o fonti di sanguinamento o per ottenere dei campioni bioptici. Le procedure terapeutiche che si possono eseguire in corso di esofagoscopia includono la rimozione dei corpi estranei, l'emostasi tramite la coagulazione o la legatura delle varici esofagee, la distruzione del tessuto tumorale tramite il laser o l'elettrocoagulazione bipolare e la dilatazione dei setti o delle stenosi. Non esistono controindicazioni assolute all'esame che può essere facilmente eseguito in regime ambulatoriale; richiede un'anestesia locale della gola e, generalmente, una sedazione EV. Le complicanze sono rare e sono di solito correlate all'uso di farmaci (p. es., la depressione respiratoria); il sanguinamento in occasione di una perforazione è meno frequente.

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MANOMETRIA ESOFAGEA

La manometria esofagea viene usata per valutare i pazienti con disfagia, pirosi gastrica o dolore toracico. Misura la pressione a livello degli sfinteri esofagei superiore e inferiore nonché l'efficacia e la coordinazione dei movimenti propulsivi e mette in evidenza le contrazioni anomale. Viene usata per la diagnosi di acalasia, spasmo diffuso, sclerodermia, ipo e ipertensione dello sfintere esofageo inferiore e per valutare la funzione esofagea dopo determinati procedimenti terapeutici (p. es., chirurgia antireflusso, dilatazione pneumatica per acalasia). Un piccolo tubo viene inserito attraverso la gola nell'esofago. Le complicanze sono estremamente rare, ma possono includere un trauma al passaggio del tubo nel naso.

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MONITORAGGIO DEL PH ESOFAGEO

Il monitoraggio del pH esofageo viene eseguito in corso di manometria esofagea o come studio prolungato nei pazienti ambulatoriali (v. Diagnosi in Malattia da reflusso gastroesofageo nel Cap. 20).

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TEST DI BERNSTEIN (PERFUSIONE ACIDA)

Il test di Bernstein è un esame molto sensibile che permette di accertare se il reflusso acido è la causa del dolore, ma può essere falsamente negativo nei pazienti già in trattamento. Questo test viene eseguito mediante la perfusione dell'esofago con una soluzione salina isotonica alternata a una soluzione di acido cloridrico 0,1 N attraverso il sondino nasogastrico, a una velocità di 6 ml/min.

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POSIZIONAMENTO DI UN SONDINO NASOGASTRICO O INTESTINALE

Il sondino nasogastrico o intestinale viene usato per decomprimere lo stomaco nel trattamento dell'atonia gastrica, dell'ileo paralitico o di un'ostruzione; per rimuovere delle sostanze tossiche ingerite; per ottenere un campione del contenuto gastrico da analizzare (volume, acidità, sangue); per l'apporto di sostanze nutritive con l'alimentazione artificiale. Le controindicazioni includono l'ostruzione nasofaringea o esofagea, i traumi maxillofacciali, le alterazioni incontrollabili della coagulazione e, probabilmente, la presenza di voluminose varici esofagee. Sono disponibili diversi tipi di sonde. La sonda di Levin o di Salem viene usata per la decompressione gastrica o per il prelievo di campioni da analizzare, oppure, raramente, per l'alimentazione enterale a breve termine. Le sonde con un palloncino pesante all'estremità, contenente del mercurio (p. es., la sonda di Miller-Abbott, di Cantor), superano lo stomaco per ottenere una decompressione intestinale o per l'alimentazione enterale. Le sonde molto flessibili con l'estremità di mercurio o di tungsteno (p. es., Corpak, Dobbhoff ed Entriflex) vengono usate principalmente per l'alimentazione enterale di lunga durata.

Per il posizionamento del sondino, si fa sedere il paziente in posizione eretta o lo si fa giacere in decubito laterale sx. Con il capo parzialmente flesso, la sonda, ben lubrificata, viene inserita attraverso la narice, diretta posteriormente e poi inferiormente per assecondare la conformazione del nasofaringe. Appena l'estremità raggiunge la parete posteriore della faringe, il paziente deve aspirare dell'acqua attraverso una cannuccia (violenti colpi di tosse con il passaggio di aria attraverso il sondino durante gli atti respiratori, indicano che la sonda è stata erroneamente posizionata in trachea). L'aspirazione di succo gastrico conferma il posizionamento della sonda nello stomaco. Con le sonde più grandi la corretta posizione può essere confermata insufflando da 20 a 30 ml di aria e auscultando il passaggio dell'aria stessa con lo stetoscopio a livello della regione sottocostale sx.

Con le sonde da alimentazione enterale più piccole e più morbide, spesso è necessario usare dei mandrini o delle guide metalliche. Per il passaggio di queste sonde attraverso il piloro è, di solito, necessaria l'assistenza fluoroscopica o endoscopica.

Le complicanze sono rare e includono i traumi nasofaringei con o senza emorragia, l'inalazione polmonare, l'emorragia o la perforazione traumatica dell'esofago o dello stomaco e la penetrazione intracranica o mediastinica (molto rara).

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ANALISI DEL CONTENUTO GASTRICO

L'analisi del contenuto gastrico viene eseguita per valutare gli stati di ipercloridria (p. es., la sindrome di Zollinger-Ellison) o di ipocloridria (p. es., l'anemia perniciosa, la gastrite atrofica, la sindrome di Ménétrier); nell'ambito della valutazione pre e postoperatoria per un'ipergastrinemia inspiegabile, nei pazienti in cui è stato programmato un intervento chirurgico per la riduzione dell'acidità e per valutare la possibile incompletezza della vagotomia nei pazienti con recidiva di malattia ulcerosa peptica, dopo una vagotomia chirurgica. Le controindicazioni includono un recente sanguinamento o il dolore dovuti a una malattia ulcerosa attiva.

Si introduce una sonda nasogastrica di Levin (per la tecnica, v. sopra, Posizionamento di una sonda nasogastrica o intestinale). Il contenuto gastrico viene aspirato ed eliminato. Con un'aspirazione manuale continua si raccolgono poi quattro campioni di succo gastrico prodottosi in 15 min (secrezione acida basale [Basal Acid Output, BAO]). In seguito, viene somministrata la pentagastrina (6 mg/kg) SC e quindi si ripete il prelievo di altri quattro campioni di succo gastrico in 15 min (secrezione acida massima o di picco [Maximal Acid Output, MAO o Peak Acid Output, PAO]). I campioni vengono titolati con idrossido di sodio per calcolare la BAO e le variazioni secretorie della MAO dopo la stimolazione.

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BIOPSIA DEL PICCOLO INTESTINO E ASPIRAZIONE DEL DUODENO

La biopsia del piccolo intestino e l'aspirazione duodenale sono eseguite per sostenere, confermare o escludere i disordini infiammatori e organici del piccolo intestino (p. es., sprue celiaca, morbo di Whipple, infezione da Giardia lamblia). I disordini incontrollabili della coagulazione rappresentano una controindicazione all'esame.

Una sonda ben lubrificata, con una capsula di Carey alla sua estremità, viene introdotta nell'orofaringe e il paziente viene invitato a deglutire. Quando la sonda entra nello stomaco, viene guidata, sotto controllo fluoroscopico, attraverso il piloro sino alla terza o alla quarta porzione del duodeno. La biopsia viene eseguita esercitando una pressione negativa con una siringa mentre la finestra di aspirazione resta aperta. La mucosa viene aspirata attraverso la finestra della sonda o della capsula ed è quindi sezionata da una lama che viene attivata dall'operatore mediante un filo metallico. I campioni di liquido per la diagnosi di infezione da Giardia si ottengono aspirando il contenuto duodenale. Raramente si verificano un'emorragia, un intrappolamento della sonda nel duodeno, una batteriemia e l'inalazione di liquido o di mercurio durante il passaggio della sonda. Questa tecnica è stata soppiantata dalla biopsia endoscopica, che permette di ottenere più facilmente dei campioni di tessuto soddisfacenti.

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ENDOSCOPIA DEL TRATTO GASTROINTESTINALE SUPERIORE

L'endoscopia del tratto GI superiore viene eseguita per localizzare la sede di un sanguinamento; per identificare visivamente ed effettuare la biopsia di alterazioni osservate alle rx dell'apparato digerente (ulcere gastriche, difetti di riempimento, masse); per il follow-up nel trattamento delle ulcere gastriche; per valutare una disfagia, una dispepsia, un dolore addominale o un'ostruzione gastrica dovute a un'infezione (Helicobacter pylori, G. lamblia, sindrome da crescita batterica). Le indicazioni terapeutiche includono l'asportazione dei corpi estranei o dei polipi gastrici o esofagei, la terapia sclerosante o la legatura con elastici delle varici esofagee e l'emostasi di una fonte emorragica. Le controindicazioni assolute comprendono lo shock acuto, l'infarto acuto del miocardio, le convulsioni, l'ulcera perforata in fase acuta e la sublussazione dell'atlante. Le controindicazioni relative comprendono la mancata cooperazione del paziente, il coma (a meno che il paziente non sia intubato), una coagulopatia (tempo di protrombina > 3 s rispetto a quello di controllo, una piastrinemia < 100000 ml, un tempo di emorragia > 10 min), la presenza di un diverticolo di Zenker, un'ischemia miocardica e un aneurisma dell'aorta toracica.

Il paziente deve essere a digiuno da almeno 4 h. Un anestetico topico viene spruzzato nella faringe o viene usato per eseguire dei gargarismi e, di solito, si somministra EV un narcotico con il midazolam per sedare il paziente. Questi viene messo nella posizione opportuna e l'estremità dell'endoscopio viene posta nell'ipofaringe. Appena il paziente deglutisce, l'endoscopio viene delicatamente guidato attraverso il muscolo cricofaringeo (lo sfintere esofageo superiore) e quindi fatto avanzare sotto visione diretta attraverso lo stomaco nel duodeno. L'esame di tutte le strutture può essere arricchito da fotografie, dal prelievo di campioni per esame citologico e dal prelievo di campioni bioptici. Le procedure terapeutiche sono utilizzate in base all'indicazione; p. es., il trattamento sclerosante viene effettuato facendo passare un catetere, fornito di un ago all'estremità, attraverso un apposito canale dell'endoscopio e iniettando l'agente sclerosante nella varice.

La percentuale globale di complicanze varia dallo 0,1 allo 0,2%; la mortalità è circa dello 0,03%; le complicanze correlate all'uso dei farmaci sono le più comuni e includono la flebite e la depressione respiratoria. Le più frequenti complicanze della procedura sono l'inalazione, il sanguinamento dalla sede della biopsia e la perforazione. Spesso si verifica una batteriemia transitoria (8%) che non si associa allo sviluppo di una endocardite. La profilassi antibiotica può essere indicata nei pazienti con patologie valvolari. I pazienti con disturbi della coagulazione vanno più facilmente incontro alla formazione di un ematoma retrofaringeo o ad altre complicanze emorragiche. Le procedure terapeutiche (p. es., la sclerosi delle varici, la dilatazione di una stenosi, la polipectomia) sono associate a percentuali di complicanze più elevate.

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ANOSCOPIA E SIGMOIDOSCOPIA RIGIDA O FLESSIBILE

La sigmoidoscopia viene utilizzata per studiare il paziente che presenta sintomi riferibili al retto o all'ano (p. es., sanguinamento rettale rosso vivo, secrezioni, protrusioni, dolore), per valutare una lesione raggiungibile con lo strumento o per esaminare il retto e il sigma prima di un intervento chirurgico sull'ano e sul retto. Non ci sono controindicazioni assolute. Nei pazienti affetti da un'aritmia cardiaca o che presentano una recente ischemia miocardica, l'esame deve essere rinviato fino a quando le condizioni non migliorano o deve essere eseguito sotto monitoraggio cardiologico. I pazienti portatori di protesi valvolari possono aver bisogno di una profilassi antibiotica per prevenire l'endocardite.

L'esame dell'area perianale e del tratto distale del retto può essere eseguito con un anoscopio di 7 cm; il retto può essere esplorato sia con lo strumento rigido da 25 cm che con quello flessibile da 60 cm; il colon sigmoideo viene studiato con il sigmoidoscopio flessibile. La sigmoidoscopia flessibile è circa due volte più costosa rispetto all'esame eseguito con lo strumento rigido, ma è molto più confortevole per il paziente e permette di eseguire più facilmente delle fotografie, delle biopsie o dei prelievi per esame citologico.

La sigmoidoscopia flessibile viene eseguita con la stessa tecnica descritta oltre per la colonscopia, a eccezione del fatto che, di solito, non è necessaria la somministrazione EV di farmaci. Inoltre, la preparazione è più facile: il retto può essere pulito con un clistere a base di fosfati. La sigmoidoscopia rigida solitamente viene effettuata con il paziente in posizione genupettorale. Dopo l'esplorazione rettale, si esamina l'area perianale e lo strumento, ben lubrificato, viene delicatamente inserito per 3-4 cm al di là dello sfintere anale. Si rimuove l'otturatore e si fa proseguire lo strumento sotto visione diretta. È necessaria una considerevole abilità per oltrepassare la giunzione rettosigmoidea (15 cm) senza causare dolore al paziente. Lo strumento viene inserito per tutta la sua lunghezza, così come precedentemente descritto per la sigmoidoscopia rigida, di solito, con il paziente in decubito laterale sinistro. Le complicanze sono estremamente rare quando l'esame viene eseguito nel modo corretto.

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COLONSCOPIA

La colonscopia è usata a fini diagnostici per lo screening dei polipi colici o dei carcinomi negli individui ad alto rischio (p. es., quelli con una storia familiare di carcinoma del colon); per valutare meglio un'alterazione osservata al clisma opaco; per determinare l'origine di un sanguinamento GI occulto o attivo o di un'anemia (microcitica) inspiegabile; per valutare nei pazienti affetti da un carcinoma del colon, la presenza di altre lesioni durante lo studio pre- o postoperatorio e per determinare l'estensione di un'affezione infiammatoria intestinale. Le indicazioni terapeutiche comprendono la rimozione dei polipi, la coagulazione delle fonti di sanguinamento, la riduzione dei volvoli o delle invaginazioni e la decompressione delle dilatazioni coliche acute e subacute. Le controindicazioni assolute comprendono lo shock acuto, l'infarto acuto del miocardio, la peritonite, la perforazione intestinale e la colite fulminante. Le controindicazioni relative includono una preparazione intestinale insufficiente oppure una emorragia intestinale massiva, una scarsa cooperazione da parte del paziente, una diverticolite, un recente intervento chirurgico addominale, una storia di molteplici interventi sulla pelvi oppure una voluminosa ernia. Nei pazienti portatori di protesi cardiache o articolari sarà necessaria una profilassi antibiotica per prevenire l'endocardite.

La preparazione del paziente comprende l'assunzione di catartici e l'esecuzione di clisteri di pulizia oppure l'assunzione di una soluzione di lavaggio intestinale (p. es., elettrolitica di glicole polietilenico). Per la sedazione vengono somministrati EV un narcotico e una benzodiazepina a breve azione (p. es., midazolam). Dopo l'esplorazione rettale, con il paziente in decubito laterale sinistro, il colonscopio viene delicatamente inserito, attraverso lo sfintere anale, nel retto. Sotto visione diretta, viene insufflata aria e lo strumento viene fatto avanzare nel colon fino al ceco e all'ileo terminale. Raramente è necessaria un'assistenza fluoroscopica. Il paziente può avvertire dei dolori crampiformi che possono essere alleviati con l'aspirazione dell'aria, con la rotazione o con la retrazione dello strumento o con l'ulteriore somministrazione di farmaci, di solito analgesici. La valutazione diagnostica viene eseguita visualizzando le strutture, fotografandole ed eseguendo i prelievi con il brushing o le biopsie delle strutture anormali.

La polipectomia viene eseguita usando un'ansa metallica flessibile, a cappio, collegata a un elettrobisturi opportunamente collegato alla terra. Dopo aver catturato il polipo e posizionato il cappio a livello del colletto, si stringe l'ansa metallica e si applica la corrente in modo da sezionare il polipo alla base. Le lesioni emorragiche vengono coagulate con l'elettrocauterio usando una sonda bipolare, con un termocauterio o con la terapia iniettiva.

Le complicanze sono simili e leggermente più frequenti di quelle dell'endoscopia del tratto GI superiore. L'asportazione dei polipi è associata a una percentuale di emorragia dell'1,7% e di perforazione dello 0,3%.

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PARACENTESI ADDOMINALE

La paracentesi addominale viene usata per valutare l'origine del liquido ascitico (p. es., l'ascite dovuto alla presenza di ipertensione portale, di metastasi, della TBC o l'ascite pancreatico) e per fare la diagnosi di una perforazione intestinale in un paziente con una storia di trauma chiuso dell'addome. Questo procedimento può essere usato anche a fini terapeutici per rimuovere il liquido ascitico dovuto all'ipertensione portale, soprattutto per ridurre la tensione prodotta dall'ascite stesso che provoca difficoltà respiratorie, dolore od oliguria. Le controindicazioni assolute includono i gravi disturbi non correggibili della coagulazione, l'ostruzione intestinale e l'infezione della parete addominale. Le controindicazioni relative comprendono la scarsa collaborazione da parte del paziente, la presenza di cicatrici chirurgiche in corrispondenza dell'area da pungere e una grave ipertensione portale con circoli collaterali addominali.

Prima della paracentesi devono essere eseguiti un emocromo, una conta piastrinica e uno studio della coagulazione. Dopo aver vuotato la vescica, il paziente siede a letto con il capo sollevato da 45 a 90°. Si localizza un punto lungo la linea mediana, a metà strada tra l'ombelico e il pube e lo si disinfetta accuratamente con una soluzione antisettica e con alcol. Con metodica sterile, l'area viene anestetizzata sino al peritoneo con lidocaina all'1%. Per la paracentesi diagnostica, si inserisce attraverso il peritoneo (generalmente si sente un "pop") un ago da 18 gauge attaccato a una siringa da 50 ml. Il liquido viene aspirato delicatamente e un campione viene inviato per la conta delle cellule, per la valutazione del contenuto delle proteine o dell'amilasi, per l'esame citologico o per un esame colturale, se necessario. Per la paracentesi terapeutica (grande quantità), una cannula 14-gauge attaccata a un sistema di aspirazione sotto vuoto viene usata per raccogliere fino a un massimo di 8 l di liquido ascitico. L'ipotensione che può seguire la procedura e che è causata dalla ridistribuzione dei liquidi, è rara finché è presente un edema interstiziale (gambe).

L'emorragia è la complicanza più frequente. Occasionalmente, nel caso di ascite sotto tensione, vi può essere una prolungata fuoriuscita di liquido ascitico in corrispondenza del punto di inserzione dell'ago.

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PERITONEOSCOPIA DIAGNOSTICA (LAPAROSCOPIA)

La peritoneoscopia diagnostica viene usata per valutare una patologia intra-addominale o pelvica (p. es., un tumore, l'endometriosi), l'operabilità dei pazienti con un cancro e i pazienti con dolore addominale acuto o cronico, per guidare una biopsia epatica sotto visione diretta e per la stadiazione dei linfomi. Le controindicazioni assolute includono i disturbi della coagulazione o i sanguinamenti, la scarsa cooperazione da parte del paziente, lo stato peritonitico, l'occlusione intestinale e l'infezione della parete intestinale. Controindicazioni relative sono rappresentate dalle gravi malattie cardiache o polmonari, le voluminose ernie addominali, le operazioni addominali multiple o l'ascite sotto tensione.

Prima della procedura devono essere eseguiti un emocromo, lo studio della coagulazione, lo studio rx del torace e dei reni, degli ureteri e della vescica e la tipizzazione con le prove crociate per 2 U di sangue intero. La laparoscopia viene eseguita con tecnica sterile in una sala endoscopica ben equipaggiata o in sala operatoria. Un narcotico e una benzodiazepina a breve azione (p. es., midazolam) vengono somministrati EV, mentre l'addome viene disinfettato con una soluzione antisettica. Si inietta lidocaina all'1% sino al peritoneo in corrispondenza del punto da pungere. Si pratica un'incisione chirurgica di 5 mm e si inserisce un ago di Verres per fare il pneumoperitoneo. Si insuffla quindi l'ossido di azoto nella cavità addominale. Si estende l'incisione per altri 10-15 mm e si introduce la cannula con il mandrino nella cavità peritoneale. Si rimuove il mandrino e si inserisce il peritoneoscopio attraverso la cannula. Si esamina il contenuto addominale e si effettuano le procedure necessarie, quali l'aspirazione del liquido ascitico e i prelievi bioptici. Quando il procedimento è terminato, l'ossido di azoto viene espulso dal paziente con una manovra di Valsalva e la cannula viene rimossa. L'incisione viene suturata. Un'infusione EV viene mantenuta per 24 h e il paziente viene controllato dopo 6 e dopo 24 h per eventuali segni di sanguinamento o di infezione.

Le complicanze includono il sanguinamento, la peritonite batterica e la perforazione di un viscere.

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