11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

133. DISORDINI PIASTRINICI

DISFUNZIONI PIASTRINICHE

Sommario:

Introduzione
DIFETTI EREDITARI DELLA FUNZIONE PIASTRINICA
    MALATTIA DI VON WILLEBRAND (VWD)
      Sintomi e segni
      Diagnosi
      Terapia

    MALATTIA AUTOSOMICA RECESSIVA DI VON WILLEBRAND
    DIFETTI INTRINSECI PIASTRINICI EREDITARI

DIFETTI PIASTRINICI ACQUISITI


In alcune malattie la conta piastrinica può risultare normale, ma le piastrine possono essere incapaci di formare normalmente coaguli emostatici, prolungando il tempo di sanguinamento. L’alterata funzione piastrinica può conseguire a un difetto intrinseco piastrinico o a un fattore estrinseco che alteri la funzione di piastrine per il resto normali. I difetti possono essere ereditari o acquisiti. I test delle fasi della coagulazione dell’emostasi (p. es., tempo di tromboplastina parziale e tempo di protrombina [PT]) sono normali nella maggior parte dei casi ma non in tutti (p. es., v. malattia di von Willebrand, avanti).

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DIFETTI EREDITARI DELLA FUNZIONE PIASTRINICA

Quando dall’anamnesi dell’infanzia di un paziente risulta una facilità alle ecchimosi e alle emorragie dopo estrazioni dentarie, tonsillectomia o altri interventi chirurgici, il rilievo di una normale conta piastrinica con un prolungato tempo di sanguinamento suggerisce un difetto ereditario della funzione piastrinica. La causa può essere la malattia di von Willebrand, la più comune malattia emorragica ereditaria o un difetto intrinseco piastrinico ereditario, che è molto meno comune. Indagini particolari (p. es., il dosaggio dell’antigene von Willebrand, i test di aggregazione piastrinica) stabiliscono la diagnosi, che è importante poiché il trattamento è differente. Qualunque sia la causa della disfunzione piastrinica, devono essere evitati farmaci che possono compromettere ulteriormente la funzione piastrinica in particolare l’aspirina e altri FANS impiegati nell’artrite. L’acetaminofene può essere impiegato come analgesico, dal momento che non inibisce la funzione piastrinica.

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MALATTIA DI VON WILLEBRAND (VWD)

Malattia emorragica autosomica dominante che consegue a un’alterazione quantitativa (tipo 1 e 3) o qualitativa (tipo 2) del fattore di von Willebrand (VWF), una plasmaproteina secreta dalle cellule endoteliali che circola nel plasma in multimeri di dimensioni che vanno fino a 20 milioni di dalton.

Il VWF possiede due funzioni emostatiche note: (1) i multimeri molto grandi sono necessari alle piastrine per aderire normalmente al sottoendotelio a livello delle pareti vasali lese (v. Emostasi al Cap. 131); (2) i multimeri di tutte le dimensioni formano in circolo complessi con il fattore VIII; la formazione di tali complessi serve per il mantenimento di normali livelli plasmatici del fattore VIII. (Pertanto, due malattie ereditarie possono causare un deficit di fattore VIII: l’emofilia A, in cui la molecola del fattore VIII non viene sintetizzata in quantità normale o viene sintetizzata in maniera anomala e la malattia di VW, in cui è la molecola del FVW a non essere sintetizzata in quantità normale o viene sintetizzata in modo anomalo.

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Sintomi e segni

La malattia di Von Willebrand (Von Willebrand’s Disease, VWD) colpisce entrambi i sessi; generalmente i pazienti hanno una anamnesi materna o paterna positiva. Le manifestazioni emorragiche sono lievi o moderate, rappresentate da facile formazione di ecchimosi, sanguinamenti da piccoli tagli cutanei che possono arrestarsi e riprendere dopo ore, abbondanti flussi mestruali (in alcune donne) e sanguinamento anormale dopo pratiche chirurgiche (p. es., dopo estrazione dentaria, tonsillectomia). I test di screening della coagulazione mostrano un allungamento del tempo di sanguinamento e a volte un tempo di tromboplastina parziale attivata, lievemente allungato, espressione di un livello plasmatico del fattore VIII moderatamente ridotto.

Stimoli vasoattivi indotti dallo stress o da sforzi fisici possono determinare un’elevazione plasmatica del VWF attraverso il rilascio di depositi endoteliali. Modificazioni ormonali, associate allo stress o alla gravidanza, e una risposta della fase acuta a un’infiammazione o a un’infezione, stimolano l’aumento della sintesi del VWF, elevando anche il tasso plasmatico del VWF. In soggetti con malattia di VW in forma lieve, tali variazioni dei livelli plasmatici possono far sì che i test di screening risultino normali in alcune occasioni e anomali in altre, rendendo difficile la diagnosi.

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Diagnosi

La diagnosi definitiva richiede la misura (1) del VWF totale plasmatico; (2) la funzione del VWF, determinata in base alla capacità del plasma di indurre una normale agglutinazione piastrinica con ristocetina (attività di cofattore ristocetinico); e (3) determinazione del livello plasmatico del fattore VIII; nei pazienti con la forma comune di tipo I della VWD, i risultati sono concordanti; cioè, il VWF antigene, la funzione del VWF e il livello di fattore VIII sono ridotti in egual misura. Il grado di riduzione varia dal 15 al 60% circa e determina la gravità dell’anomalo sanguinamento del paziente. Persone sane di gruppo 0 hanno anche ridotti livelli di antigene VWF (valori normali ridotti tra il 40 e il 60%.).

I pazienti con varianti del tipo 2 della malattia di VW sintetizzano una molecola anomala di VWF cui consegue un deficit selettivo dei multimeri di maggiori dimensioni del VWF (tipo 2A e 2B) o un deficit delle molecole di VWF di legarsi al fattore VIII (tipo 2N). Si deve sospettare una variante del tipo 2A e 2B quando i risultati dei test per la determinazione dell’VWF Ag non concordano con i risultati del test di screening di agglutinazione del plasma del paziente con differenti concentrazioni di ristocetina. La diagnosi è confermata da una ridotta concentrazione di multimeri VWF di grandi dimensioni su gel di agaroso all’elettroforesi. La variante tipo 2N è clinicamente simile a un’emofilia A moderata, ma la trasmissione è autosomica recessiva.

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Terapia

La reintegrazione del VWF mediante infusione di un crioprecipitato controlla o previene il sanguinamento nella variante di tipo 1 o di tipo 2. La dose viene scelta empiricamente (p. es., una sacca/10 kg q 8-12 ore per vari giorni per prevenire un eccessivo sanguinamento a seguito di un intervento chirurgico importante). Un concentrato di fattore VIII "pastorizzato" di purezza intermedia contiene grandi multimeri di VWF e non è stato riscontrato trasmettere infezioni HIV o epatiti. Perciò, esso rappresenta una sicura alternativa al crioprecipitato. Altri concentrati di fattore VIII con purezza intermedia sono una sorgente di VWF quando non è disponibile Humate-P, un prodotto pastorizzato. (Concentrati di fattore VIII con purezza elevata preparati con immunoaffinità cromatografica non contengono VWF e non vengono utilizzati per la terapia di sostituzione).

La desmopressina è un analogo della vasopressina che stimola il rilascio nel plasma di VWF conservato nei corpi di Weibel-Palade delle cellule endoteliali. La desmopressina è importante nella terapia della malattia di VW di tipo 1, ma è di solito di nessun valore nella maggior parte dei pazienti con la variante di tipo 2 (dove può causare effetti deleteri in pazienti con la variante di tipo 2B). La desmopressina, somministrata alla dose di 0,3 mg/kg in 50 ml di soluzione fisiologica allo 0,9% EV in 15-30 min, può determinare un innalzamento dei livelli plasmatici del fattore VIII e del VWF sufficienti a che i pazienti con una forma di malattia di VW di tipo 1 lieve affrontino un’estrazione dentaria o procedure chirurgiche minori senza il bisogno di un trattamento sostitutivo. I livelli del VWF e del fattore VIII ritornano ai valori basali in accordo a un’emivita intravascolare di 8-10 ore circa. L’acido e-aminocaproico (AEAC) alla dose di 75 mg/ kg PO qid o l’acido tranexamico 25 mg/kg tid devono essere somministrati per sopprimere la fibrinolisi. Circa 48 ore devono passare perché si accumulino nuovi depositi endoteliali del VWF, così da permettere che una seconda iniezione di desmopressina sia efficace come la dose iniziale. In alcuni casi, combinando l’uso di desmopressina e di crioprecipitati si può sostanzialmente ridurre l’entità dell’ultima dose per prevenire e controllare il sanguinamento. Gamma globuline EV sono efficaci quando è presente un disordine linfoproliferativo o una gammopatia monoclonale.

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MALATTIA AUTOSOMICA RECESSIVA DI VON WILLEBRAND

Rara forma di malattia di VW autosomica recessiva (variante tipo 3) nella quale l’omozigote (o doppio eterozigote) ha una grave diatesi emorragica e il livello plasmatico del fattore VW (VWF) e del fattore VIII sono appena misurabili (< 1% del normale).

La genetica di questo disordine è complessa; spesso non c’è storia familiare di sanguinamenti eccessivi e ci può non essere anomalia del VWF ai test dei genitori. I pazienti con la variante di tipo 3 possono sviluppare anticorpi contro il VWF dopo terapia sostitutiva, che complica la cura del pazienti.

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DIFETTI INTRINSECI PIASTRINICI EREDITARI

I più comuni difetti intrinseci piastrinici ereditari sono rappresentati da un gruppo di affezioni emorragiche non gravi che possono essere considerate come alterazioni dell’amplificazione dell’attivazione piastrinica. Possono derivare da un ridotto contenuto di ADP nei granuli densi delle piastrine (deficit del pool di accumulo), da un’incapacità di generare trombossano A2 dall’acido arachidonico rilasciato dai fosfolipidi di membrana delle piastrine stimolate o da un’incapacità delle piastrine di rispondere normalmente al trombossano A2. Hanno in comune lo stesso quadro di risultati nei test di aggregazione piastrinica: (1) ridotta o assente aggregazione dopo esposizione a collagene, adrenalina e basse concentrazioni di ADP e (2) normale aggregazione dopo esposizione ad alte concentrazioni di ADP. L’aspirina e altri FANS possono produrre lo stesso quadro di risultati ai test di aggregazione piastrinica in persone normali. Poiché l’effetto dell’aspirina può persistere per vari giorni, sarà necessario assicurarsi che il paziente non abbia assunto aspirina per diversi giorni prima del test, per non confondere la situazione con un difetto piastrinico ereditario.

La tromboastenia rappresenta un raro difetto piastrinico ereditario che interessa glicoproteine di membrana della superficie piastrinica. È un disordine autosomico recessivo. La consanguineità è comune nelle famiglie affette. Le persone con tromboastenia possono presentare gravi emorragie delle mucose (p. es., sanguinamenti nasali che si arrestano soltanto dopo tamponamento nasale e trasfusioni di concentrati piastrinici). Le piastrine, che mancano di 2 glicoproteine di membrana (GP IIb e GP IIIa), non sono in grado di legare il fibrinogeno durante l’attivazione piastrinica e pertanto non aggregano. Reperti di laboratorio tipici sono la mancata aggregazione piastrinica con qualunque agente aggregante fisiologico, comprese alte concentrazioni di ADP esogeno; assenza di retrazione del coagulo e piastrine singole senza aggregati in un striscio periferico di sangue capillare ottenuto con una lancetta.

La sindrome di Bernard-Soulier è un altro raro disordine autosomico recessivo che colpisce glicoproteine piastriniche di membrana. Si rilevano piastrine insolitamente grandi che non agglutinano con ristocetina, ma aggregano normalmente con gli agenti aggreganti fisiologici come l’ADP, il collagene e l’adrenalina. In questa affezione manca sulla superficie piastrinica una glicoproteina di membrana (GP Ib-IX) che contiene un recettore per il VWF. Pertanto, le piastrine non aderiscono normalmente al subendotelio nonostante il livello normale nel plasma del VWF.

Grandi piastrine associate ad anomalie funzionali si rilevano anche nell’anomalia di May-Hegglin, un’affezione trombocitopenica con GB anomali e nella sindrome di Chédiak-Higashi.

Gravi sanguinamenti in un paziente con un difetto intrinseco piastrinico possono richiedere trasfusioni piastriniche.

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DIFETTI PIASTRINICI ACQUISITI

Anomalie acquisite della funzione piastrinica sono molto comuni poiché l’uso dell’aspirina, che altera in modo prevedibile la funzione piastrinica, è molto diffuso. Molti altri farmaci possono anche provocare una disfunzione piastrinica. Molti disordini clinici (p. es., malattie mieloproliferative e disordini mielodisplastici, uremia, macroglobulinemia e mieloma multiplo, cirrosi e LES) possono anche influenzare la funzione piastrinica.

L’aspirina, che allunga di poco il tempo di sanguinamento in molte persone sane, lo può allungare marcatamente in pazienti con una sottostante disfunzione piastrinica o con una grave alterazione della coagulazione (p. es., pazienti cui siano state somministrate dosi terapeutiche di eparina o quelli con emofilia grave). Le piastrine possono presentare una disfunzione, portando a un allungamento del tempo di sanguinamento, come si verifica quando il sangue passa attraverso un ossigenatore a pompa durante interventi cardiochirurgici di bypass. Così, indipendentemente dal numero delle piastrine, ai pazienti che sanguinano eccessivamente dopo cardiochirurgia e che presentano un lungo tempo di sanguinamento devono essere somministrati concentrati piastrinici. Sembra che la disfunzione principali delle piastrine provenga primariamente dall’attivazione della fibrinolisi sulla superficie delle piastrine con conseguente perdita della membrana della GP Ib legata al sito per il VWF. Durante il bypass chirurgico, è stato riportato che la somministrazione di aprotinina (un inibitore delle proteasi che neutralizza l’attività della plasmina) previene l’allungamento del tempo di emorragia e riduce la necessità di sostituti del plasma.

I pazienti con uremia causata da insufficienza renale cronica possono presentare un lungo tempo di sanguinamento per motivi sconosciuti. Il tempo di sanguinamento transitoriamente può essere più breve dopo una prolungata dialisi, la somministrazione di crioprecipitati o l’infusione di desmopressina. L’aumento del numero dei GR, mediante trasfusione o somministrazione di eritropoietina, può anche determinare un accorciamento del tempo di sanguinamento.

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