14. MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO

165. APPROCCIO AL PAZIENTE NEUROLOGICO

ESAME NEUROLOGICO

L’esame neurologico inizia con un’attenta osservazione del paziente durante la raccolta dell’anamnesi. Sono valutate la velocità, la simmetria e la coordinazione richieste per il semplice atto dell’alzarsi dalla sedia e salire sul lettino, insieme alla postura e all’andatura. Il comportamento, l’abbigliamento e le reazioni del paziente forniscono notizie sulla sua personalità e sull’adattamento sociale. La necessità del paziente di affidarsi ad altri per rispondere alla domande può indicare un deficit mnestico. Gli errori nel linguaggio, nel discorso, nella prassia, il disorientamento, le posture inusuali e altri disturbi del movimento possono essere evidenti ancor prima dell’inizio dell’esame clinico.

Guidato dall’iniziale definizione della sede anatomica e dalla fisiopatologia della lesione, l’esaminatore amplierà alcuni aspetti della valutazione, non considerandone altri. Per un osservatore meno esperto, l’esame neurologico completo può essere d’aiuto nell’identificazione di un’anomalia insospettata o per confermare uno status normale.

Esame dello stato mentale (v. anche Cap. 185): la capacità di attenzione del paziente dovrà essere la prima a essere valutata; un paziente con disturbi dell’attenzione non potrà essere valutato accuratamente. Ogni segno di declino cognitivo comporta la somministrazione dell’esame completo del Mini-Mental status (v. Fig. 165-1), che valuta vari aspetti della funzione cognitiva. Questi includono l’orientamento nel tempo, nello spazio e circa le persone; la memoria; le capacità verbali e quelle di calcolo, di critica e ragionamento. La perdita completa dell’orientamento compare solo in soggetti gravemente obnubilati, deliranti o dementi; come sintomo isolato, è indicativa di simulazione. Vengono inoltre valutati la coscienza di malattia e il livello culturale, anche se alcune risposte possono essere influenzate dal grado di istruzione. Vengono analizzati l’affettività e l’umore (v. Cap. 189).

Normalmente, una persona deve essere in grado di eseguire un comando complesso coinvolgente tre parti del corpo e saper distinguere la destra dalla sinistra (p. es., "Metti il dito pollice destro sull’orecchio sinistro e tira fuori la lingua"). È necessario valutare anche la capacità di dire, leggere e scrivere i nomi di oggetti d’uso comune o di parti del corpo; se tale funzione è compromessa, sarà necessario eseguire altri test, per la valutazione dell’afasia (v. Cap. 169). La percezione spaziale può essere esaminata chiedendo al paziente di imitare costruzioni semplici o complesse fatte con le dita e di disegnare un orologio, un cubo o dei pentagoni che si intersecano (v. Fig. 165-1). La valutazione dello sforzo richiesto durante l’esecuzione di tali esami è una fonte di informazioni altrettanto importanti di quelle date dal risultato finale, potendo evidenziare impersistenza, perseverazione, micrografia ed emi-inattenzione spaziale. La prassia si valuta chiedendo al paziente di mostrare come si usa uno spazzolino da denti, un pettine o un cerino dopo averlo tirato fuori dalla scatola.

Esame dei nervi cranici: l’ampiezza e la completezza dell’esame dei nervi cranici dipendono dalla sede della lesione sospettata. L’olfatto (1o nervo cranico [olfattorio]) generalmente non viene esaminato nei pazienti che presentano malattie muscolari, ma dovrà essere sempre valutato in caso di sospette lesioni della fossa cranica anteriore o dopo un trauma cranico. Si chiede al paziente di identificare odori (sapone, caffè, chiodi di garofano, aglio) applicandoli separatamente a ciascuna narice. L’alcol, l’ammoniaca e altre sostanze irritanti servono per stimolare i recettori nocicettivi del 5o nervo (trigemino) e non vengono quindi adoperati, tranne che per scoprire eventuali simulazioni.

Il 2o (ottico), il 3o (oculomotore), il 4o (trocleare) e il 6o (abducente) vengono valutati come parti dell’apparato della vista (v. Cap. 101 e 178). Sono esaminati l’acuità visiva (corretta in caso di difetti di rifrazione), il campo visivo e il fundus. È necessario controllare inoltre la forma, la grandezza delle pupille, la loro reattività alla luce e all’accomodazione, nonché la motilità dei globi oculari. Per valutare le tre branche sensitive del 5o nervo (trigemino) (oftalmica, mascellare e mandibolare), l’esaminatore adopera una puntina per controllare la sensibilità del volto e sfiora con un batuffolo di cotone la porzione inferiore della cornea per analizzarne il riflesso. Se la sensibilità cutanea del volto è compromessa, si dovrà esaminare l’angolo mandibolare. Quest’area, innervata dalla radice spinale C 2, sarà risparmiata qualora il problema consista in un deficit trigeminale isolato. Un riflesso dell’ammiccamento indebolito (p. es., da paralisi del 7o nervo cranico) dovrà essere distinto dal deficit del riflesso corneale. Spesso i portatori di lenti a contatto hanno riflessi corneali ridotti o assenti. L’iposensibilità sopranucleare della cornea (associata a ipoalgesia del corpo e del volto) deve essere distinta dalle lesioni periferiche. La funzione motoria del trigemino viene esaminata palpando i masseteri a denti serrati e invitando il paziente ad aprire la mandibola contro resistenza. La mandibola devia verso il lato del muscolo pterigoideo indebolito.

Il 7o nervo cranico (facciale) (v. anche malattie del nervo facciale nel Cap. 178) viene valutato cercando l’eventuale deficit di forza di un emivolto. L’asimmetria dei movimenti facciali è spesso più evidente durante la conversazione spontanea, specialmente quando il paziente sorride o, nel caso di un’alterazione dello stato di coscienza, mediante le smorfie provocate in seguito a stimoli dolorosi. L’esaminatore ricerca l’eventuale spianamento del solco naso-labiale e l’allargamento della rima palpebrale dal lato della lesione. Se sono conservate le capacità di corrugare la fronte e di chiudere gli occhi, la causa del deficit di forza inferiore del volto è probabilmente di tipo centrale piuttosto che periferica. Si può esaminare la capacità gustativa dei 2/3 anteriori della lingua applicando su entrambi i lati di essa, una per volta, sostanze dolci, amare, salate o piccanti. L’iperacusia può essere individuata applicando vicino all’orecchio un diapason.

L’ottavo nervo cranico (vestibolococleare, acustico) conduce gli stimoli uditivi e vestibolari e viene valutato mediante l’esame dell’udito e dell’equilibrio (v. Cap. 82 e Neurinoma dell’acustico nel Cap. 85).

I nervi 9o (glossofaringeo) e 10o (vago) sono in genere analizzati contemporaneamente. Il palato molle deve elevarsi simmetricamente, il riflesso faringeo si stimola toccando entrambi i lati della faringe posteriore con un abbassalingua. Tuttavia, l’assenza bilaterale del riflesso faringeo è frequente e può non essere significativa. In un paziente in stato di incoscienza o intubato, si provoca la tosse aspirando dal tubo endotracheale. Le corde vocali si esaminano nel caso si rilevi un abbassamento di voce. Raucedine isolata (con normale elevazione del palato e del velo palatino) deve indurre a ricercare eventuali lesioni compressive sul nervo laringeo ricorrente (p. es., linfoma mediastinico, aneurisma aortico).

L’undicesimo nervo cranico (spinale accessorio) innerva lo sternocleidomastoideo e il trapezio superiore. La funzione del primo muscolo viene valutata chiedendo al paziente di ruotare il capo contro la resistenza imposta dalla mano dell’esaminatore, mentre questi palpa il muscolo attivo (opposto al lato della rotazione). Il trapezio si valuta alzando le spalle contro la resistenza applicata dall’esaminatore.

Il 12o nervo cranico (ipoglosso) innerva la lingua, che si ispezionerà per individuare eventuali atrofia, fascicolazioni o deficit di forza (deviazione dal lato della lesione).

Il deficit di un nervo cranico richiede la meticolosa valutazione dei nervi adiacenti. Tale esame può essere urgente, per esempio, quando sia necessario distinguere un’ischemia del tronco encefalico da un aneurisma in rapida espansione che causa la paralisi dei nervi cranici.

Esame del sistema motorio: gli arti e il cingolo della spalla devono essere scoperti e quindi ispezionati e palpati per individuare eventuali atrofia, ipertrofia, fascicolazioni, movimenti involontari (p. es., corea, atetosi, mioclonia, tremore) nonché asimmetrie di sviluppo. La flessione e l’estensione passive degli arti a paziente rilassato danno informazioni circa il tono muscolare. La diminuita massa di un muscolo indica atrofia, ma possono non essere evidenti (fino a che non raggiungono uno stato avanzato) le atrofie bilaterali o quelle dei muscoli grandi o profondi. Negli anziani è comune la perdita del trofismo di alcuni muscoli (sarcopenia). L’ipertrofia insorge quando un muscolo è costretto a lavorare molto per compensarne uno lesionato; si parlerà di pseudo-ipertrofia quando il tessuto muscolare è sostituito da eccessivo tessuto fibroso o da materiale di deposito.

Le fascicolazioni rappresentano la più frequente anomalia motoria e consistono in contrazioni brevi, fini e irregolari, visibili sotto la cute. Indicano in genere una lesione del secondo motoneurone (degenerazione nervosa o rigenerazione successiva a una lesione nervosa traumatica), ma talvolta sono presenti fisiologicamente, soprattutto nelle persone anziane, a livello dei polpacci. La miotonia consiste nel ridotto rilasciamento di un muscolo dopo contrazione o dopo una percussione su di esso; si rileva nella distrofia miotonica e può causare invalidità (p. es., incapacità ad aprire velocemente la mano chiusa). Il progressivo aumento di resistenza con rilasciamento improvviso (fenomeno del coltello a serramanico) è presente nelle lesioni del motoneurone superiore. Alterazioni a livello dei gangli della base producono la rigidità a ruota dentata.

Valutazione della forza muscolare: per i pazienti, il termine debolezza ha vari significati, come fatica, impaccio o appesantimento. Una lamentata debolezza muscolare dovrà essere definita più precisamente mediante la descrizione dell’esatta sede, del momento di comparsa, dei fattori scatenanti o di miglioramento e dei sintomi e segni associati. Per l’ispezione del deficit di forza, dei tremori o di altri movimenti involontari, il paziente estende dapprima le braccia e poi le gambe (un arto indebolito tende ad abbassarsi rapidamente). La forza degli specifici gruppi muscolari viene esaminata contro resistenza. Il dolore muscolare o la compromissione di un’articolazione possono impedire la contrazione attiva. Nella debolezza isterica, la resistenza opposta alla mobilizzazione può essere normale ed è seguita da cedimento improvviso.

Un lieve deficit di forza può causare una diminuita oscillazione del braccio durante la marcia, tendenza alla pronazione dell’arto superiore esteso, riduzione dell’uso spontaneo dello stesso o l’extrarotazione di un arto inferiore. I movimenti alternati rapidi possono risultare rallentati e i movimenti che richiedono destrezza (p. es., capacità di chiudere un bottone, aprire una spilla da balia, togliere un fiammifero dalla scatola) risultare compromessi.

Quando è presente un deficit di forza parziale, è spesso difficile graduare la forza di contrazione del muscolo. Una scala di valutazione assegna 0 all’assenza di movimento, 1 a tracce di movimento, 2 a movimenti effettuabili con l’aiuto della forza di gravità, 3 a movimenti contro gravità ma non contro resistenza, 4 a movimenti contro resistenza opposta dall’esaminatore e 5 alla forza normale. L’ampia variazione di forza tra i gradi 4 e 5 rappresenta una limitazione della validità di queste scale. La forza distale può essere misurata in modo semiquantitativo mediante un ergometro a manubrio, oppure facendo stringere al paziente il bracciale gonfiato di uno sfigmomanometro.

Il test funzionale spesso fornisce un miglior quadro dell’invalidità. Quando il paziente effettua le varie manovre, i deficit vengono il più possibile annotati e quantificati (p. es., il numero di flessioni sulle cosce o di scalini saliti). L’alzarsi dalla posizione accovacciata o il salire su di una sedia permettono la valutazione della forza a livello prossimale degli arti inferiori; camminare sui talloni e sulla punta dei piedi permette la valutazione della forza distale. Un paziente con deficit di forza dei quadricipiti è obbligato a spingere sulle braccia per alzarsi dalla sedia. Un paziente con debolezza del cingolo scapolare per poter muovere le braccia deve ondeggiare con il corpo. Un paziente con debolezza del cingolo pelvico si alza dalla posizione supina mettendosi prono, inginocchiandosi e alzandosi lentamente in posizione eretta usando le mani per aggrapparsi e arrampicarsi lungo le cosce (segno di Gower).

Esame della coordinazione, della postura e dell’andatura (v. anche Disturbi cerebellari e spino-cerebellari al Cap. 179). La normalità di tali funzioni richiede l’integrità delle vie motorie, vestibolari e propiocettive. Una lesione in ognuna di queste vie produce deficit caratteristici. Nell’atassia cerebellare è necessaria un’andatura a base allargata per il mantenimento della stabilità, un piede cadente provoca l’andatura steppante (nella quale la gamba viene alzata più in alto del normale nel tentativo di evitare che inciampi contro irregolarità della superficie); il deficit di forza della muscolatura pelvica causa l’andatura anserina, mentre la spasticità di un arto inferiore comporta l’andatura falciante. Un paziente con sensibilità propiocettiva compromessa deve osservare costantemente i propri piedi per evitare di inciampare o cadere. La coordinazione può essere valutata mediante manovre che aiutino a individuare i movimenti atassici, come quella indice-naso o tallone-ginocchio.

Esame delle sensibilità: l’esame completo delle sensibilità può non essere necessario, specialmente quando sono assenti sintomi importanti quali dolore, parestesia o intorpidimento. Per un rapido esame si passa uno spillo sulla faccia, sul dorso, sul corpo e sui 4 arti; al paziente viene chiesto se sente la stessa intensità di puntura sui due lati e se la sensazione è di tipo smusso o di tipo puntorio. La funzione sensoriale corticale viene valutata chiedendo al paziente di riconoscere una moneta, una chiave o un altro oggetto posto nella mano (stereognosi), i numeri scritti sul palmo della mano (grafestesia) e di distinguere se sul palmo e sulle dita si applicano stimoli su due punti o su uno solo. La sensibilità termica può essere valutata strofinando un diapason freddo con un rebbio riscaldato oppure mediante fiale contenenti acqua calda o fredda. Il senso della posizione delle articolazioni si valuta muovendo verso l’alto o verso il basso le falangi distali delle dita della mano e quindi degli alluci. Se il paziente ha difficoltà a riconoscere questi movimenti a occhi chiusi si dovranno esaminare le altre articolazioni più prossimali (p. es., le caviglie qualora il paziente non percepisca i movimenti dell’alluce). Un importante deficit propiocettivo produce movimenti pseudoatetosici dell’arto a riposo e l’impossibilità di localizzare a occhi chiusi un arto nello spazio. Qualora vi sia un’alterazione della percezione posturale, il paziente non sarà in grado di mantenere la stazione eretta a piedi uniti e a occhi chiusi (Test di Romberg). Per valutare la percezione delle vibrazioni, l’esaminatore applica un dito sotto l’articolazione interfalangea distale del paziente e vi poggia un diapason a 128 cicli colpito delicatamente. L’esaminatore percepisce la vibrazione attraverso l’articolazione del paziente e normalmente sentirà la cessazione della vibrazione nello stesso momento del paziente. La sensibilità tattile epicritica viene valutata mediante un batuffolo di cotone.Se la sensibilità risulta alterata, si deve stabilire se la distribuzione anatomica interessa i nervi periferici (a guanto), alcuni particolari nervi (mononeurite multipla), le radici nervose (radiculopatia), il midollo spinale (un metamero inferiore a quello dell’ipoestesia), il tronco encefalico (alterazioni crociate volto-corpo della sensibilità) o dell’encefalo (emianestesia) (v. Fig. 165-2, 165-3 e 165-4). La localizzazione della lesione viene confermata determinando se la debolezza motoria e le alterazioni dei riflessi seguono una distribuzione simile. Le lesioni dei plessi brachiale e pelvico (p. es., neoplasie) spesso causano deficit delle sensibilità, della motilità e dei riflessi a distribuzione irregolare.

Prova dei riflessi: l’elicitazione dei riflessi osteotendinei (da stiramento muscolare) valuta i nervi afferenti, le connessioni sinaptiche all’interno del midollo spinale, i nervi motori e le rispettive vie motorie discendenti. Il riflesso bicipitale è innervato principalmente da C5; quello radiale da C6; il tricipitale da C7; il riflesso quadricipitale da L4 e l’achilleo da S1. È necessario notare l’eventuale asimmetria, assenza o riduzione della risposta. La risposta dei riflessi ipoelicitabili può essere aumentata mediante la manovra di Jendrassik, nella quale si percuote il tendine nell’arto inferiore mentre il paziente divarica con forza le mani avvinghiate.

Le lesioni del motoneurone inferiore (p. es., quelle compromettenti le cellule delle corna anteriori, le radici spinali, i nervi periferici, la placca muscolare o il muscolo) provocano la diminuzione dei riflessi, mentre quelle del motoneurone superiore (cioè dei nuclei, eccetto quelli della base, localizzati in ogni parte al di sopra delle cellule delle corna anteriori) la aumentano (v. Tab. 165-1 e 165-2). Il riflesso superficiale addominale si evidenzia strofinando leggermente con uno spillo i quattro quadranti. La maggior parte delle lesioni centrali, l’obesità e la lassità muscolare (p. es., dopo la gravidanza) deprimono questo riflesso. L’assenza di questo riflesso può indicare la lesione del midollo spinale.Il riflesso plantare assume aspetti diversi. L’allontanamento volontario veloce da uno stimolo deve essere distinto dal segno di Babinski (estensione lenta dell’alluce con apertura a ventaglio delle altre dita del piede, spesso in associazione con la flessione del ginocchio e dell’anca). Soltanto quest’ultimo è di origine spinale e indica una lesione del primo motoneurone. Bisogna stimolare la regione laterale della pianta, dal momento che uno stimolo mediale può evocare inavvertitamente un riflesso primitivo di prensione.

Il clono è la rapida e ritmica alternanza di contrazione e rilassamento del muscolo provocata da uno stiramento tendineo improvviso e passivo. La sua presenza è in genere valutata mediante la rapida dorsiflessione del piede e della caviglia. Un clono particolarmente evidente suggerisce un danno del motoneurone superiore. Le patologie interessanti in modo diffuso la corteccia cerebrale si evidenziano con il riflesso di succhiamento e il riflesso della prensione. I riflessi sfinterici si elicitano durante l’esame rettale; per indurre la contrazione anale, la regione perianale va stimolata leggermente.

Esame del sistema nervoso autonomo: l’esaminatore ricerca l’eventuale presenza di ipotensione posturale, di assenza della bradi-tachicardia dopo la manovra di Valsalva, la diminuzione o l’assenza della sudorazione e la sindrome di Horner. Bisogna inoltre prendere nota di eventuali disturbi intestinali, vescicali, della funzione sessuale e di quell’ipotalamica (ognuna trattata in altre parti del manuale).

Esame cerebrovascolare: il rischio di accidente cerebrovascolare risulta aumentato negli anziani o nei pazienti affetti da ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, malattie vascolari periferiche o malattie cardiache. La pressione arteriosa deve essere misurata in entrambe le braccia per individuare, come eventuale causa di ictus, la dissecazione indolore dell’aorta. Si devono ispezionare la cute, le sclere, il fundus oculare, il letto ungueale, la mucosa della bocca, per evidenziare emorragie, emboli settici o di colesterolo; si ausculta il cuore per rilevare soffi a insorgenza recente e disritmie. I soffi vascolari percepiti sul cranio possono indicare una malformazione artero-venosa, una fistola o, talvolta, un’inversione di flusso nel poligono di Willis secondaria a un’occlusione carotidea. Si ausculteranno le carotidi per la rilevazione di soffi nella regione della biforcazione. La palpazione vigorosa va evitata. Spostando lo stetoscopio lungo il collo verso il cuore è possibile differenziare un soffio vascolare da un soffio sistolico cardiaco; quest’ultimo durante lo spostamento può presentare cambiamenti in alcune sue caratteristiche. L’attività del polso carotideo può fornire ulteriori dati circa la probabilità di lesioni stenotiche. I polsi periferici devono essere palpati per individuare malattie vascolari periferiche o la dissecazione aortica. Per escludere l’arterite temporale, si palpano le arterie temporali, notando eventuali allargamenti o rigonfiamenti.

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