16. MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

208. ENDOCARDITE

ENDOCARDITE INFETTIVA

Infezioni microbiche dell’endocardio, caratterizzate da febbre, soffi cardiaci, petecchie, anemia, fenomeni embolici e vegetazioni endocardiche che possono esitare in insufficienza o stenosi valvolare, ascessi miocardici o aneurismi micotici.

(v. anche Febbre Reumatica nel Cap. 270)

Sommario:

Introduzione
Classificazione ed eziologia
Anatomia patologica
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi
Profilassi
Terapia


L’incidenza complessiva non si è modificata in misura significativa negli ultimi trent’anni. L’incidenza negli uomini è circa il doppio rispetto alle donne. Tuttavia, l’età media di insorgenza è aumentata dai 35 anni circa dell’era preantibiotica a > 50 anni. Oggi si assiste anche a un aumento dell’incidenza di endocardite del cuore destro, in associazione all’uso di stupefacenti EV e a procedimenti diagnostici e terapeutici che richiedono il cateterismo di vasi sanguigni. La cardiochirurgia e le altre tecniche invasive hanno portato a un’aumentata incidenza di endocardite in ambiente ospedaliero (10-15% in recenti casistiche).

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Classificazione ed eziologia

L’endocardite batterica subacuta (EBS) è di solito causata da varie specie di streptococchi (in particolare streptococchi viridans, microaerofilo e anaerobio, streptococco nonenterococco di Gruppo D ed enterococco) e, meno frequentemente, da Stafilococco aureus, S. epidermidis e da Haemophilus sp. La EBS si sviluppa spesso su valvole già danneggiate e dopo batteriemie asintomatiche da infezioni del cavo orale o da infezioni genitourinarie o gastroenteriche.

L’endocardite batterica acuta (EBA) è di solito causata da S. aureus, da streptococco emolitico di Gruppo A, da pneumococco o da gonococco e da germi meno virulenti. Si può sviluppare su valvole normali.

L’endocardite su protesi valvolare (EPV) si ha nel 2-3% di pazienti entro 1 anno dall’intervento di sostituzione valvolare e nello 0,5% per anno successivamente; è più comune su protesi valvolari aortiche piuttosto che mitraliche ed è meno comune su valvole biologiche ("heterograft"). Le infezioni precoci (< 2 mesi dopo l’intervento) sono causate soprattutto da microrganismi resistenti agli antibiotici contratti al momento dell’intervento chirurgico (p. es. S. epidermidis, difteroidi, bacilli coliformi, Candida sp e Aspergillus sp). Le infezioni tardive sono causate soprattutto da microrganismi con bassa virulenza contratti durante l’intervento chirurgico o da batteriemie asintomatiche transitorie, sostenute spesso da Streptococcus sp, S. epidermidis, difteroidi e fastidiosi bacilli gram -, come Haemophilus sp, Actinobacillus actinomycetemcomitans e Cardiobacterium hominis. Lo S. epidermidis può essere un patogeno precoce o tardivo.

L’endocardite del cuore destro, che interessa la valvola tricuspide e più raramente la valvola e l’arteria polmonare, può essere provocata dall’uso di stupefacenti EV o da infezioni associate a vie venose centrali, che facilitano l’ingresso di microrganismi e possono anche danneggiare l’endocardio. I microrganismi possono provenire dalla cute (p. es., S. aureus, Candida sp o bacilli coliformi).

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Anatomia patologica

Si ritiene che il nido intravascolare dei microrganismi all’interno del miocardio e dei vasi sanguigni sia una vegetazione sterile di fibrina e piastrine che si forma allorquando un fattore tissutale viene liberato dalle cellule endoteliali danneggiate. I microrganismi che colonizzano le vegetazioni vengono ricoperti da uno strato di fibrina e piastrine, che impedisce l’accesso a neutrofili, immunoglobuline e complemento, permettendo quindi ai patogeni di resistere alle difese messe in atto dall’ospite.

L’endocardite infettiva interessa più spesso il cuore sinistro e può coinvolgere le valvole mitrale, aortica, tricuspide e polmonare (in ordine decrescente di frequenza). I fattori predisponenti più importanti sono le cardiopatie congenite e la valvulopatia reumatica, insieme con valvole aortiche calcifiche o bicuspidi, prolasso della mitrale, stenosi subaortica ipertrofica e protesi valvolari. Trombi murali, fistole arterovenose, difetti del setto interventricolare e persistenza del dotto arterioso possono essere sede di infezioni. Le infezioni trattate con antibiotici guariscono attraverso l’endotelizzazione delle vegetazioni.

La morte è di solito dovuta allo scompenso cardiaco che si sviluppa dal peggioramento di una cardiopatia sottostante o dalla disfunzione acuta della valvola; all’embolizzazione delle vegetazioni a livello di organi vitali, con conseguenti infarti; alla rottura di un aneurisma micotico; allo shock settico nell’EBA; all’insufficienza renale o a complicanze in corso di intervento cardiochirurgico.

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Sintomi e segni

L’EBS ha un esordio insidioso e può mimare altre malattie sistemiche: è caratterizzata da un modesto rialzo della temperatura (< 39°C), sudorazione notturna, facile affaticabilità, malessere, perdita di peso e insufficienza valvolare. Possono inoltre verificarsi brividi e artralgie. Gli emboli possono causare ictus, infarto miocardico, ematuria e dolore al fianco, dolori addominali o insufficienza arteriosa acuta a livello di un arto. L’esame obiettivo può essere negativo o mostrare i segni di una malattia cronica, con pallore; febbre; il cambiamento di un soffio preesistente o la comparsa di un nuovo soffio cardiaco da insufficienza valvolare; tachicardia; petecchie sulla regione superiore del tronco, sulla congiuntiva, sulle mucose e sulla cute delle estremità più distali; noduli dolenti eritematosi sottocutanei sui polpastrelli delle dita (noduli di Osler); piccole emorragie sotto le unghie; emorragie retiniche (particolarmente macchia di Roth, che consistono in lesioni tondeggianti od ovali con piccoli centri pallidi). In caso di infezioni prolungate, si può sviluppare splenomegalia e dita a bacchetta di tamburo.

Possono verificarsi ematuria e proteinuria in seguito a infarti embolici renali o a una glomerulonefrite diffusa, dovuta alla deposizione di immunocomplessi circolanti. Manifestazioni comuni di interessamento del SNC (in circa il 35% dei pazienti) vanno da attacchi ischemici transitori ed encefalopatia tossica ad ascessi cerebrali ed emorragie subaracnoidee da rottura di aneurismi micotici.

I sintomi e i segni sono simili nella EBA e nella EBS, sebbene nel primo caso si abbia un decorso più rapido. L’EBA si caratterizza per la presenza variabile di febbre elevata, segni di tossicità acuta, rapida distruzione valvolare, ascessi dell’anello valvolare, emboli settici che sono fonte di infezione e shock settico. Si può verificare una meningite purulenta.

L’EPV spesso provoca ascessi dell’anello valvolare; vegetazioni stenosanti; ascessi miocardici; aneurismi micotici che si manifestano con ostruzione o deiscenza valvolare e disturbi della conduzione cardiaca e i consueti sintomi della EBS o EBA.

L’endocardite delle sezioni destre è caratterizzata da flebite settica, febbre, dolore pleuritico, emottisi, infarto polmonare settico e insufficienza tricuspidale.

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Diagnosi

Dal momento che i sintomi e i segni non sono specifici, ma sono molto variabili e possono essere insidiosi, la diagnosi richiede un alto indice di sospetto; il rischio è massimo in pazienti con storia di valvulopatia, in soggetti che si sono recentemente sottoposti a procedure diagnostico-terapeutiche invasive o interventi sull’arcata dentaria e nei tossicodipendenti. I rilievi clinici più costanti sono la febbre e i soffi cardiaci; sebbene fino a  15% dei pazienti possano inizialmente non presentare febbre o soffi, quasi tutti li sviluppano successivamente. Pazienti con batteriemie da microrganismi che sono frequentemente causa di endocardite infettiva devono essere esaminati attentamente e ripetutamente, per rilevare la comparsa di nuovi soffi valvolari e i segni di eventuali fenomeni embolici. Tutti i pazienti in cui si sospetta una setticemia, soprattutto quelli con febbre e soffio cardiaco, vanno sottoposti il prima possibile a emocoltura.

Possono essere sufficienti da tre a cinque emocolture (ciascuna di 20-30 ml) nell’arco delle 24 h per isolare l’agente eziologico, in quanto le infezioni intravascolari presentano una batteriemia continua. L’identificazione del microrganismo e della sua sensibilità agli antimicrobici sono essenziali perché la terapia risulti effettivamente battericida. L’emocoltura può richiedere 3-4 settimane di incubazione per alcuni microrganismi; altri microrganismi (p. es., Aspergillus sp) possono non dare emocolture positive e per altri ancora bisogna ricorrere alla diagnosi sierologica (Coxiella burnetii, Chlamydia psittaci, Barcella sp, Rochalimaea) oppure servono speciali terreni di coltura (Legionella pneumophila).

Oltre alla positività dell’emocoltura, non vi sono dati di laboratorio specifici. Emocolture negative possono indicare che l’infezione è soppressa da una precedente terapia antibiotica, oppure è sostenuta da agenti che non si sviluppano nei comuni terreni di coltura, oppure che la diagnosi è un’altra (p. es., endocardite non infettiva [v. oltre], mixomi atriali con fenomeni embolici o una vasculite).

L’ecocardiografia bidimensionale transtoracica rileva le vegetazioni nel 50% dei pazienti con endocardite e può evitare il ricorso a metodiche più invasive. L’ecocardiografia transesofagea rileva le vegetazioni in > 90% dei pazienti, compresi quelli con emocolture negative e può rilevare ascessi miocardici. In caso di infezione conclamata, sono spesso presenti anemia normocitica normocromica, VES elevata, neutrofilia, aumento delle immunoglobuline, complessi immuni circolanti e fattore reumatoide.

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Prognosi

L’endocardite infettiva non trattata è sempre fatale. Quando è trattata, la mortalità varia notevolmente a seconda dell’età e delle condizioni generali del paziente, della durata dell’infezione prima del trattamento, della gravità di malattie preesistenti, del sito di infezione, della suscettibilità dei microrganismi agli antibiotici e dell’insorgenza di complicanze. L’endocardite delle sezioni destre spesso risponde alla terapia antibiotica e ha una prognosi migliore rispetto all’endocardite delle sezioni sinistre. La mortalità attesa per l’endocardite da S. viridans, in assenza di complicanze maggiori, è < 10%, ma la mortalità è praticamente del 100% nel caso di endocardite da Aspergillus dopo intervento di sostituzione valvolare. Gli interventi di cardiochirurgia realizzati per correggere le insufficienze valvolari acute, rimuovere i corpi estranei infetti ed eliminare le infezioni resistenti, si associano a un significativo aumento della sopravvivenza.

Una prognosi infausta è associata con: scompenso cardiaco, età avanzata, coinvolgimento della valvola aortica o di più valvole, vegetazioni ampie, batteriemia da diversi microrganismi, resistenza agli antibiotici, ritardo nell’inizio della terapia, infezione di valvole protesiche, aneurismi micotici, ascessi degli anelli valvolari ed eventi embolici maggiori. Per le endocarditi successive a intervento cardiochirurgico, la mortalità è maggiore nelle forme a insorgenza precoce piuttosto che in quelle a insorgenza tardiva e nelle endocarditi sostenute da miceti.

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Profilassi

(V. Tab. 270-1 e 270-2 per la profilassi nei bambini)

Sebbene la sua efficacia non sia stata dimostrata, la profilassi antimicrobica è solitamente raccomandata nei pazienti predisposti all’endocardite infettiva che vengono sottoposti a interventi associati con batteriemia e a rischio di successiva endocardite infettiva (v. Tab. 208-1). Ad alto rischio di endocardite sono: i portatori di protesi valvolari cardiache (bioprotesi, "homograft"), i soggetti con storia di endocardite, i portatori di cardiopatie congenite cianogene complesse o i portatori di shunt o condotti chirurgici fra circolo sistemico e circolo polmonare. A rischio medio sono: i portatori della maggior parte delle altre cardiopatie congenite, di insufficienze valvolari acquisite, di cardiomiopatia ipertrofica e di prolasso valvolare mitralico con soffio o con ispessimento dei lembi valvolari. Le attuali raccomandazioni per la profilassi dell’endocardite, realizzate dall’"American Heart Association", sono riassunte nelle Tab. 208-2 e 208-3.

La profilassi contro S. aureus e S. epidermidis durante interventi chirurgici sulle valvole cardiache consiste di solito nella somministrazione di cefazolina 2 g EV durante l’induzione dell’anestesia e successivamente 2 g EV q 8 h per un totale di 3-6 dosi. Se sono frequenti infezioni postoperatorie sostenute da germi resistenti alla cefazolina, possono rendersi necessari altri antibiotici.

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Terapia

Una terapia valida richiede il mantenimento di elevati livelli sierici di un antibiotico efficace e la terapia chirurgica delle complicanze meccaniche e dei microrganismi resistenti.

Schemi di terapia antibiotica: la maggior parte degli streptococchi viridans, gli streptococchi microaerofili e anaerobi e gli streptococchi non enterococchi di gruppo D è sensibile alla penicillina (concentrazione minima inibente [MIC] della penicillina G  0,1 mg/ml). Penicillina G (12-18 milioni U/die EV in somministrazione continua o in dosi refratte q 4 h) e penicillina-procaina G (1,2 milioni U im q 6 o 12 h per 4 sett) danno risultati equivalenti. Se viene contemporaneamente somministrata gentamicina (1 mg/kg/IM, fino a un massimo di 80 mg, q 8 h), il periodo di terapia deve essere ridotto a 2 settimane. In pazienti allergici alla penicillina si può somministrare con cautela il ceftriaxone, se non c’è storia di pregressa reazione anafilattica alla penicillina o, in alternativa, si può somministrare la vancomicina. Il ceftriaxone (2 g EV una volta al giorno per 4 settimane, attraverso una via centrale) può essere una terapia domiciliare conveniente ed efficace. I protocolli di terapia orale sono meno affidabili e non devono essere usati senza stretto monitoraggio dei livelli sierici del farmaco per assicurarsi che l’assorbimento gastro-intestinale del farmaco sia adeguato.

Gli enterococchi e alcuni altri ceppi di streptococco (inclusi i fastidiosi streptococchi viridans che richiedono la piridossina) sono streptococchi resistenti alla penicillina (MIC della penicillina G > 0,1 mg/ml) e richiedono l’associazione di una penicillina (o vancomicina) e di un aminoglicoside. Circa il 40% dei ceppi di enterococco è resistente alla streptomicina e va trattato con penicillina più gentamicina. La resistenza alla gentamicina è un problema terapeutico in aumento nelle endocarditi enterococciche in ambiente ospedaliero. Penicillina G (18-30 milioni U/ die EV) o ampicillina (12 g/die EV in infusione continua o q 4 h) vanno associate a gentamicina (1 mg/kg EV: la dose va calcolata sulla base del peso corporeo ideale piuttosto che reale negli obesi) q 8 h per 4-6 sett. I pazienti affetti da un’infezione enterococcica che perduri da > 3 mesi, con voluminose vegetazioni o con vegetazioni su protesi valvolari, vanno trattati per 6 sett. I soggetti allergici alla penicillina possono essere desensibilizzati o trattati con vancomicina 15 mg/ kg EV (fino a 1 g) q 12 h più gentamicina.

Le endocarditi da pneumococco o streptococco di gruppo A vanno trattate con penicillina G alla dose di 10-20 milioni U/die EV per 4 sett. L’endocardite da S. aureus va trattata con penicillina G (15-24 milioni U/die EV), qualora il ceppo non produca b-lattamasi. Il 95% dei ceppi è resistente alla penicillina e va trattato con una penicillina penicillinasi-resistente (oxacillina o nafcillina) alla dose di 2 g EV q 4 h per 4-6 sett. Ceppi stafilococcici resistenti alle penicilline penicillinasi-resistenti sono anche resistenti alle cefalosporine, sebbene la resistenza possa essere di difficile dimostrazione mediante i test di routine. Stafilococchi resistenti alla oxacillina o alla nafcillina vanno trattati con vancomicina (15 mg/ kg EV q 12 h). Le infezioni sensibili alla oxacillina o alla nafcillina in pazienti allergici alla penicillina possono essere trattate con cautela con cefazolina (2 g EV q 8 h), se non c’è storia di anafilassi da penicillina, o con vancomicina.

Poiché l’endocardite da S. epidermidis si verifica soprattutto in pazienti portatori di protesi valvolari, può rendersi necessaria tanto una terapia farmacologica quanto la terapia chirurgica. I ceppi sensibili alla penicillina o alla oxacillina vanno trattati come specificato in precedenza per lo S. aureus, ma per 6-8 settimane. L’ixacillina o la nafcillina vanno associate alla rifampicina (300 mg PO ogni 8 h) e alla gentamicina (1 mg/ kg EV ogni 8 h). Ceppi resistenti alla oxacillina vanno trattati con vancomicina (15 mg/kg EV q 12 h) più gentamicina (1 mg/kg ogni 8 h) e rifampicina (300 mg PO q 8 h per 6-8 sett).

I microrganismi del gruppo HACEK (Haemophilus parainfluenzae, H. aphrophilus, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens, Kingella kingae) vanno trattati con ceftriaxone (2 g/die EV per 4 sett.) o ampicillina più gentamicina per 4 sett., alle stesse dosi utilizzate nelle infezioni enterococciche. Le infezioni sostenute da bacilli coliformi sono spesso resistenti agli antibiotici e vanno trattate per ³ 4 sett. con un farmaco b-lattamico cui il germe sia sensibile più un aminoglicoside.

Chirurgia delle valvole cardiache: la chirurgia delle valvole cardiache (riparazione e/o sostituzione della valvola) è spesso necessaria per eradicare un’infezione non controllabile con la terapia medica, soprattutto in caso di comparsa precoce di endocardite su protesi valvolare. Il momento giusto per l’intervento chirurgico va scelto sulla base del giudizio clinico di uno specialista con particolare esperienza nel settore. Può rendersi necessario un intervento chirurgico d’urgenza, nel caso in cui uno scompenso cardiaco causato da una lesione correggibile peggiori progressivamente (in particolare quando l’agente eziologico è lo S. aureus o un bacillo gram - o un fungo), ma l’intervento deve comunque essere preceduto da una terapia antibiotica ottimale per 24-72 h.

Risposta alla terapia: i pazienti con endocardite infettiva da ceppi di streptococco sensibili alla penicillina presentano di solito un miglioramento soggettivo e hanno una riduzione della febbre entro 3-7 giorni dall’inizio della terapia. La febbre può comunque persistere per ragioni diverse dalla persistenza di un’infezione attiva (p. es., allergia al farmaco, flebite o infarto embolico). L’endocardite infettiva stafilococcica risponde spesso più lentamente. Emboli sterili e rottura valvolare si possono verificare sino a un anno dopo terapia antimicrobica efficace. Una recidiva si verifica di solito entro 4 sett; un nuovo ciclo di terapia antibiotica può essere efficace, ma può anche essere necessario l’intervento chirurgico. La ricomparsa di un’endocardite infettiva dopo 6 sett. in pazienti non portatori di protesi valvolari rappresenta di solito una nuova infezione piuttosto che una recidiva.

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