17. DISORDINI GENITOURINARI

215. INCONTINENZA URINARIA

Perdita involontaria di urina.

INCONTINENZA STABILIZZATA

Sommario:

Introduzione
Diagnosi
Esami di laboratorio
Terapia


Se la perdita persiste dopo che sono state esaminate le cause d’incontinenza transitoria, si deve considerare l’incontinenza stabilizzata dovuta a disturbi del tratto inferiore della via urinaria (v. Tab. 215-2). Generalmente il malfunzionamento del tratto inferiore della via urinaria è simile nelle persone anziane e nei giovani, sebbene le persone anziane raramente sviluppino fistole o una diminuzione della compliance del detrusore.

L’iperattività del detrusore (contrazioni vescicali involontarie) è la principale causa d’incontinenza nelle persone anziane ed è comune anche nelle persone più giovani. È caratterizzata da una minzione impellente. L’urgenza di urinare insorge improvvisamente. Il volume di urine perse varia di solito da una quantità modesta a una grande nicturia e incontinenza notturna sono comuni, la sensibilità e i riflessi sacrali sono conservati e il controllo volontario dello sfintere anale è integro. Il volume residuo postminzionale generalmente è scarso; un volume residuo > 50-100 ml sta a indicare: ostruzione dello sbocco (sebbene il residuo postminzionale possa essere nullo nella fase precoce della ostruzione), ampio diverticolo vescicale, ristagno di urina in un cistocele (nelle donne) o un’iperattività del detrusore con contrattilità danneggiata (DHIC, Detrusor Hyperactivity with Impaired Contractility).

L’iperattività del detrusore nell’anziano può coesistere con un danno della contrattilità, dando luogo a DHIC. La DHIC è associata a tenesmo vescicale, pollachiuria, diminuzione del mitto, significativo residuo urinario e trabecolatura della vescica; inoltre può mimare l’ipertrofia prostatica negli uomini o l’incontinenza da sforzo nelle donne. Poiché nella DHIC la contrazione vescicale è debole, la ritenzione urinaria è comune e può interferire con la terapia decontratturante delle vescica.

L’incompetenza dello sbocco vescicale è la causa più comune di incontinenza nelle giovani donne e la seconda causa nelle donne anziane. L’incompetenza dello sbocco vescicale si manifesta come incontinenza da sforzo: una perdita istantanea (senza contrazione vescicale) durante le manovre da sforzo come la tosse, il riso, il piegarsi o il sollevamento di pesi. Di solito è dovuta a lassità dei muscoli o dei legamenti pelvici. Una causa meno comune è il deficit dello sfintere interno, solitamente dovuto a un trauma operatorio ma può anche essere la conseguenza di atrofia uretrale; una perdita si può verificare anche alzandosi o sedendosi delicatamente. La perdita associata a sforzo può verificarsi con ritenzione urinaria ma non come conseguenza d’incompetenza dello sbocco vescicale. L’incontinenza da sforzo negli uomini è di solito dovuta a lesione dello sfintere dopo prostatectomia radicale.

L’ostruzione dello sbocco vescicale è la seconda causa d’incontinenza negli uomini, ma molti uomini con ostruzione non sono incontinenti. Cause comuni comprendono l’iperplasia prostatica benigna, la neoplasia della prostata e la stenosi uretrale. Nelle donne, l’ostruzione dello sbocco è rara ma può verificarsi in quelle che hanno subito un precedente intervento chirurgico per incontinenza o che hanno un voluminoso cistocele che prolassa e angola l’uretra durante lo sforzo della minzione. In entrambi i sessi, se si sviluppa iperattività secondaria del detrusore, l’incontinenza da urgenza può verificarsi e se sopraggiunge uno scompenso del detrusore, può conseguirne iscuria paradossa.

L’ostruzione dovuta a patologia neurologica è invariabilmente associata a lesione del midollo spinale. Le interruzioni nei collegamenti con il centro pontino della minzione (v. Fig. 215-1), dove il rilasciamento del collo viene coordinato con la contrazione della vescica, causano una dissinergia detrusore-sfintere. Piuttosto che rilasciarsi durante le contrazioni della vescica, il collo si contrae, provocando una grave ostruzione all’efflusso con importante trabecolatura, diverticoli e deformazione ad "albero di Natale" della vescica; idronefrosi, e insufficienza renale.

L’ipoattività del detrusore, sufficiente a causare ritenzione urinaria e iscuria paradossa, si verifica in circa il 5% delle persone incontinenti. Le cause comprendono lesione dell’innervazione vescicale (p. es., da compressione discale o da coinvolgimento tumorale) o la neuropatia diabetica, anemia perniciosa, morbo di Parkinson, alcolismo e tabe dorsale. Negli uomini con ostruzione cronica del collo vescicale, il muscolo detrusore può essere sostituito da tessuto fibroso e connettivale, cosi che la vescica non riesce a svuotarsi anche quando l’ostruzione è rimossa. Nelle donne, l’ipoattività del detrusore è di solito idiopatica.

I sintomi di grave ipoattività del detrusore (p. es., urgenza minzionale, pollachiuria, nicturia) possono simulare quelli dell’iperattvità del detrusore e si deve escludere la presenza di ritenzione urinaria prima di iniziare il trattamento. Gradi meno gravi di "astenia vescicale" sono comuni nelle donne anziane. Sebbene un’astenia di grado moderato non provochi incontinenza, può complicarne il trattamento se esistono anche altre cause d’incontinenza.

Nella persone anziane, i problemi funzionali (p. es., ambiente, attività mentale, grado di mobilità, abilità manuale, fattori medici, motivazione) si sovrappongono spesso a disfunzioni del tratto inferiore della via urinaria. Questi fattori possono contribuire a stabilizzare l’incontinenza, ma raramente la causano.

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Diagnosi

Un diario minzionale, tenuto dal paziente o da chi l’assiste, della durata di 48-72 h, registra il volume e l’ora di ogni minzione e gli episodi d’incontinenza (v. Tab. 215-3). Il diario minzionale è uno dei più importanti elementi della valutazione. Fornisce importanti indizi della causa sull’incontinenza e aiuta a ideare un piano terapeutico.

L’urgenza minzionale motoria non è un sintomo sensibile o specifico di iperattività del detrusore, ma l’urgenza minzionale sensitiva (l’improvvisa sensazione che la minzione sia imminente indipendentemente dall’intervallo e dalla quantità della perdita che segue) lo è. Se e quanto un paziente con iscuria perda, dipende dal volume vescicale, dall’entità della sensazione di avvertimento, dall’accessibilità a un bagno, dal grado di mobilizzazione del paziente e se riesce a sopraggiungere il rilasciamento dello sfintere che lo accompagna. Per pazienti con nessun preavviso di diuresi imminente (spesso chiamata incontinenza riflessa o inconscia), un’improvvisa emissione di urina in assenza di manovre da sforzo è quasi invariabilmente dovuta a iperattività del detrusore.

La pollachiuria (> 7 minzioni/die) può essere dovuta all’abitudine di urinare prima che la vescica si riempia, all’incontinenza da rigurgito, alla sensazione di urgenza minzionale, a una vescica stabile ma scarsamente capace, alla depressione, all’ansia o all’eccessiva produzione di urine (p. es., dovuta al diabete, all’ipercalcemia o all’assunzione di grandi quantità di liquidi). Viceversa, le persone incontinenti possono limitare fortemente l’assunzione di liquidi e quindi non urinare frequentemente, anche se hanno iperattività del detrusore.

La nicturia dovrebbe sempre essere quantificata e può ingannare (p. es., due episodi possono essere normali per una persona che dorme 10 h, ma non per una che ne dorma 4). In generale, le persone giovani espellono la maggior parte dei liquidi assunti durante la giornata prima di andare a dormire, mentre molte persone anziane sane li espellono per lo più durante la notte. La nicturia è causata da un’eccessiva diuresi, da disturbi del sonno o da disfunzione vescicale (v. Tab. 215-4). La capacità funzionale vescicale è definita come il maggior volume d’urina di una singola minzione, registrato sul diario minzionale e può fornire un’importante indicazione: se il volume della maggior parte della minzione notturna è molto minore rispetto alla capacità funzionale, il paziente ha o un problema legato a un disturbo del sonno (il paziente urina perché è in ogni caso sveglio) o un problema vescicale. Qualunque ne sia la causa, la nicturia è spesso curabile.

I sintomi ostruttivi e irritativi non sono specifici d’iperplasia prostatica benigna o di ostruzione dello sbocco vescicale, specialmente negli uomini anziani. Circa 1/3 degli uomini con indicazione alla prostatectomia per sintomi ostruttivi, non hanno ostruzione; hanno, invece, un’iperattività del detrusore, che non migliorerà o che può essere peggiorata dall’intervento chirurgico. Il punteggio della scala sintomatologica di patologia prostatica può essere impiegato per verificare la gravità dei sintomi, ma non deve essere adoperato per individuare o diagnosticare l’iperplasia prostatica benigna (v. Cap. 218).

L’esame obiettivo è importante per escludere cause d’incontinenza transitoria, per scoprire gravi condizioni sottostanti e cause d’incontinenza stabilizzata, e per valutare malattie concomitanti e capacità funzionale. L’esame neurologico è utile per identificare la presenza di delirio, demenza, ictus, morbo di Parkinson, compressione del midollo spinale e neuropatia (del sistema nervoso autonomo o periferico). Inoltre, devono essere ricercate deformità della colonna vertebrale o fossette suggestive per la presenza di disrafia, distensione vescicale (indicativa di astenia vescicale o ostruzione dello sbocco) e incontinenza da sforzo.

L’esplorazione rettale dovrebbe verificare la presenza di fecaloma, masse, noduli prostatici, riflessi sacrali e la simmetria delle creste glutee. Le dimensioni della prostata, determinate dall’esplorazione, sono scarsamente correlate con l’entità dell’ostruzione all’efflusso. Il resto dell’esplorazione rettale è in realtà un dettagliato esame neuro-urologico poiché le stesse radici nervose sacrali (S2-4) innervano lo sfintere uretrale esterno e lo sfintere anale. Mettendo un dito nel retto del paziente, l’esaminatore verifica l’innervazione motoria mentre il paziente si contrae volontariamente e rilascia lo sfintere anale. L’altra mano viene posta sull’addome del paziente per controllare la contrazione della muscolatura addominale, che può simulare quella dello sfintere. Molti pazienti anziani neurologicamente sani non riescono a contrarre lo sfintere volontariamente. Comunque, il successo della contrazione dello sfintere è un’evidenza contraria alla presenza di una lesione midollare. L’innervazione motoria può essere valutata ulteriormente esaminando il riflesso anale (S4-5) e quello bulbocavernoso (S2-4). Tuttavia, l’assenza di questi riflessi (specialmente di quello anale) non è necessariamente patologica, né la loro presenza esclude un’ipoattività del detrusore (p. es., dovuta a neuropatia diabetica). Alla fine, l’innervazione afferente è valutata esaminando la sensibilità perineale.

L’esame della pelvi dovrebbe essere eseguito in tutte le donne incontinenti. La lassità dei muscoli pelvici può causare cistocele, enterocele, rettocele o prolasso uterino. Una protuberanza della parete anteriore quando la parete posteriore è stabilizzata indica un cistocele, mentre un rilievo della parete posteriore indica un rettocele o un enterocele. La lassità dei muscoli del pavimento pelvico è poca indicativa delle cause dell’incontinenza, a meno che non sia grave (in cui il prolasso può angolare l’uretra e causare ostruzione). L’iperattività detrusoriale può verificarsi in presenza di cistocele e l’incontinenza da sforzo può verificarsi in assenza di cistocele.

Si deve ispezionare la vagina alla ricerca di segni di vaginite atrofica, caratterizzata da friabilità della mucosa, petecchie, telangectasie o ragadi vaginali. L’atrofia vaginale (non associata all’incontinenza) è caratterizzata da perdita delle pliche rugose e da mucosa sottile e lucente. Un indice di maturazione citologica che mostra il 100% di cellule parabasali indica atrofia ma non necessariamente vaginite atrofica.

Le prove da sforzo, quando eseguite correttamente, hanno una sensibilità e una specificità > 90%. A vescica piena, il paziente assume una posizione il più verticale possibile, stende le gambe, rilascia la zona perineale ed esegue un solo vigoroso colpo di tosse. Una perdita immediata che inizia e si arresta con la tosse costituisce un risultato positivo. Un risultato falsamente negativo si può verificare se il paziente non si rilassa, la vescica non è piena, il colpo di tosse non è forte o il test è eseguito nella posizione verticale in una donna con un voluminoso cistocele. Una perdita ritardata o persistente è indicativa d’iperattività sfinteriale (scatenata dalla tosse) piuttosto che d’incompetenza dello sbocco vescicale. Eseguire il test quando il paziente ha un’improvvisa urgenza minzionale, può provocare un risultato falsamente positivo.

L’osservazione della minzione fornisce molte informazioni sulla funzione vescicale e uretrale. Se l’osservazione non è possibile, il flusso può essere misurato da una macchina flussimetrica (uroflussimetro) o da un trasmettitore audio portatile (come quello impiegato per monitorizzare la stanza dei bambini a casa). Il paziente dovrebbe porre una mano sull’addome per valutarne la contrazione durante la minzione, specialmente se si sospetta l’incontinenza da sforzo ed è previsto un trattamento chirurgico, poiché la contrazione è indice di debolezza del detrusore che può predisporre il paziente a ritenzione postoperatoria.

Il volume residuo postminzionale può essere misurato mediante cateterizzazione o ecografia. Il residuo postminzionale più la diuresi fornisce una stima della capacità vescicale totale e una valutazione sommaria della sensibilità propriocettiva vescicale. Un residuo postminzionale > 50-100 ml è indice di atonia vescicale o ostruzione dello sbocco vescicale, ma una quantità inferiore non esclude nessuna delle due diagnosi, soprattutto se il paziente si è sforzato per urinare o ha urinato in due tempi.

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Esami di laboratorio

Si devono valutare l’esame chimico delle urine, l’azoto ureico e la creatininemia. Gli elettroliti devono essere misurati se il paziente è confuso; se è presente disuria, si deve effettuare l’urinocoltura e, se il diario minzionale è indicativo di poliuria, si devono misurare le concentrazioni sieriche di glucoso e Ca++ (e albumina, per consentire di calcolare i livelli di Ca++ libero nei malati malnutriti).

La citologia urinaria o la citoscopia devono essere eseguite in un paziente con ematuria sterile, con disturbi sovrapubici o perineali o ad alto rischio di carcinoma vescicale (p. es., inspiegata, recente insorgenza di urgenza minzionale o d’incontinenza, esposizione a coloranti industriali).

La valutazione urodinamica andrebbe presa in considerazione se non si riesce a scoprire la causa dell’incontinenza. Sebbene sia dibattuto il suo esatto ruolo, l’esame urodinamico multicanale è probabilmente giustificato quando l’incertezza diagnostica può influire sulla terapia, quando la terapia empirica ha fallito e si possono tentare altri approcci, o quando è previsto il trattamento chirurgico.

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Terapia

La terapia dell’iperattività del detrusore inizia con misure semplici, quali il trattamento dell’edema periferico, regolando la cadenza o la quantità dell’assunzione di liquidi o fornendo accanto al letto una comoda o un pitale. Tuttavia, il fondamento del trattamento è la terapia comportamentale. Regimi di rieducazione vescicale, comprese le tecniche che sedano la sensazione di urgenza minzionale, possono aumentare gli intervalli tra le minzioni. Per esempio, in un paziente che è incontinente ogni 3 h, il regime comprende diuresi ogni 2 h durante il giorno e la soppressione dell’urgenza minzionale tra gli intervalli. Una volta che il paziente ha mantenuto il controllo della diuresi durante il giorno per 3 giorni consecutivi, l’intervallo tra le minzioni può essere aumentato di 1/2 h e il processo ripetuto finché non si ottenga un risultato soddisfacente o la continenza. Il biofeedback può essere aggiunto, ma la sua utilità non è chiara.

In un paziente che non può seguire il regime di rieducazione, si impiega una tecnica d’incitamento alla diuresi. Questa riduce la frequenza di episodi d’incontinenza fino al 50% in pazienti anziani ricoverati. Al paziente viene chiesto se ha necessità di urinare a intervalli di 2 h; un paziente che risponde sì viene accompagnato al bagno; dopo la minzione gli viene dato un incoraggiamento, cioè un rinforzo positivo (il rinforzo negativo è evitato). L’incitamento alla diuresi non deve essere proposto in quei pazienti che sbagliano a rispondere.

Se il diario minzionale rivela nicturia e incontinenza notturna, si deve ricercarne la causa (v. Tab. 215-4). La diuresi attribuibile a scompenso cardiaco si deve diminuire con la terapia diuretica. L’edema periferico senza scompenso cardiaco o l’ipoalbuminemia (p. es., insufficienza venosa) possono essere trattate con calze elastiche ed elevazione delle gambe durante il giorno. La diuresi non dovuta a edema periferico può rispondere a un cambiamento delle modalità d’assunzione dei liquidi o alla somministrazione di un diuretico a rapida azione nel tardo pomeriggio o in prima serata. Per il paziente con iperattività del detrusore con deficit della contrattilità e contrazioni non inibite provocate solo a grandi volumi, la cateterizzazione, appena prima di andare a letto, rimuove il residuo urinario, aumentando la capacità funzionale vescicale e probabilmente restituendo continenza e sonno.

La terapia farmacologica può migliorare la terapia comportamentale ma non sostituirla, poiché i farmaci generalmente non eliminano le contrazioni non inibite (v. Tab. 215-5). I farmaci a rapida insorgenza d’azione (p. es., ossibutina) possono essere impiegati in via profilattica se l’incontinenza si verifica in momenti prevedibili. Occasionalmente, la combinazione di basse dosi di due farmaci con azioni complementari (p. es., ossibutina e imipramina) ottimizza i benefici e minimizza gli effetti collaterali. Alcuni di questi farmaci possono essere instillati in vescica ma soltanto in pazienti che si possono cateterizzare da soli. Tutti i farmaci che provocano rilasciamento della vescica possono causare ritenzione urinaria. L’induzione intenzionale di ritenzione urinaria e l’impiego di cateterizzazione intermittente possono essere ragionevoli in pazienti la cui incontinenza (p. es., DHIC) resiste agli altri rimedi e in cui la cateterizzazione intermittente è eseguibile.

La cistoplastica di ampliamento incrementa la capacità vescicale anastomizzando sezioni di intestino o di stomaco alla vescica. Questa terapia è riservata a casi gravi d’iperriflessia intrattabile del detrusore, specialmente quelli associati a una scarsa elasticità della vescica contratta ed è controindicata in pazienti cagionevoli.

Garze e speciali indumenti intimi possono essere necessari per l’incontinenza refrattaria. Sono disponibili molti prodotti e la scelta può essere modellata sul paziente. Gli uroprofilattici possono essere utili per alcuni uomini ma spesso provocano lacerazioni cutanee e una diminuzione della motivazione a essere asciutti; inoltre possono non essere adatti a chi ha un pene piccolo o retratto. Nuovi dispositivi esterni di raccolta possono essere efficaci nelle donne. I cateteri uretrali a permanenza non sono raccomandati per l’iperattività del detrusore, poiché di solito peggiorano le contrazioni. Se è necessario un catetere (p. es., per permettere la guarigione di un’ulcera da pressione in un paziente con iperattività del detrusore refrattaria), se ne dovrebbe impiegare uno con palloncino piccolo per minimizzare l’irritazione e il conseguente sgocciolamento intorno al catetere. Se le contrazioni vescicali persistono, si può impiegare l’ossibutinina. I farmaci con più potenti effetti collaterali anticolinergici (p. es., supposte di belladonna) dovrebbero essere evitati negli anziani.

L’incompetenza dello sbocco vescicale può essere diminuita da un calo ponderale in un paziente obeso, dalla terapia delle condizioni precipitanti (p. es., vaginite atrofica, tosse) e, occasionalmente, mediante l’inserzione di un pessario. Gli esercizi dei muscoli pelvici (p. es., esercizi di Kegel) sono spesso efficaci, specialmente se eseguiti al momento dello sforzo. I pazienti devono contrarre i muscoli pelvici ma non i muscoli della coscia, addominali o dei glutei; è spesso necessario istruire una seconda volta il paziente e il biofeedback può essere d’aiuto. Nelle donne < 75 anni, l’indice di guarigione è del 10-25% e si ottengono miglioramenti in un ulteriore 40-50%, specialmente se la paziente è motivata, esegue gli esercizi come prescritto e riceve istruzioni scritte e/o visite di controllo di incoraggiamento. Non si sa se anche le donne > 75 anni possono raggiungere un simile risultato.

I pessari, disponibili in molte dimensioni e forme, possono essere utili se il paziente desidera ritardare l’intervento chirurgico o ha un rischio operatorio elevato. I diaframmi contraccettivi possono migliorare l’incontinenza da sforzo nelle donne giovani. I tamponi sono talvolta utili nelle donne anziane. Stanno cominciando a essere disponibili anche dispositivi più moderni.

Una terapia addizionale non farmacologica consiste in un regime di pulizia e di assunzione di liquidi che mantenga il volume vescicale al di sotto della soglia dello sgocciolamento. Questo approccio è spesso adatto a donne anziane, il cui deficit sfinteriale è spesso più lieve ed è il risultato dell’atrofia.

La terapia farmacologica con un a-agonista adrenergico (p. es., fenilpropanolammina a lento rilascio 25-75 mg bid) può essere di beneficio, specialmente quando somministrata insieme a estrogeni. Questi farmaci sono efficaci in donne con deficit dello sfintere interno (v. oltre). L’imipramina 10-25 mg da 1 volta/die a qid può essere impiegata in pazienti con incontinenza da sforzo e urgenza minzionale in assenza di ipotensione posturale.

L’intervento chirurgico per la correzione dell’ipermobilità uretrale può essere necessario se le altre metodiche di trattamento falliscono o sono inaccettabili. La colporrafia anteriore ha meno probabilità di guarire l’incontinenza di quante ne abbiano altre tecniche di sospensione del collo vescicale. Molte donne anziane non riescono a sopportare l’intervento di Marshall-Marchetti-Krantz, che comporta una lunga chirurgia addominale e un prolungato ricovero. Un intervento sovrapubico alternativo, la colposospensione secondo Burch, richiede una chirurgia meno invasiva, corregge la lassità della parete anteriore vaginale e ottiene ottimi risultati. Tuttavia, l’intervento può peggiorare la debolezza della parete posteriore vaginale e causare stranguria e ritenzione urinaria in alcune donne che non hanno una sufficiente mobilità e capacità vaginale. Gli interventi di sospensione del collo vescicale per via vaginale (p. es., gli interventi secondo Pereyra, Stamey e Raz) sono procedure relativamente minori ma ottengono spesso risultati meno duraturi dell’intervento di Burch. Un differente approccio (sling pubovaginale) è spesso richiesto per i deficit dello sfintere interno; la morbosità è più elevata ed è più probabile che la ritenzione urinaria cronica venga aggravata rispetto all’intervento con correzione dell’ipermobilità uretrale.

Altri trattamento per il deficit sfinteriale, specialmente per gli uomini che hanno subito una prostatectomia, comprendono l’impianto di uno sfintere artificiale. Selezionando i pazienti, circa il 70% riacquista la continenza; dei rimanenti, molti usano solo una o due garze al dì, ma nel 20-40% dei pazienti può essere necessario un nuovo intervento chirurgico o la revisione del precedente. Un altro approccio è costituito dall’iniezione periuretrale di dispositivi di espansione. Con la glutaraldeide legata con legame crociato a collagene bovino, si verifica un miglioramento a breve termine o la guarigione nel 50-95% delle donne ma negli uomini in una percentuale molto più bassa. Sebbene si stia ricorrendo all’impiego di dispositivi di espansione (l’iniezione richiede solo anestesia locale e poco tempo), il loro successo di solito richiede molti trattamenti iniettivi. L’esperienza con persone > 75 anni è limitata e la ritenzione urinaria (che spesso porta alla cateterizzazione) è un rischio.

Negli uomini, se falliscono tutti gli interventi, possono essere utili un uroprofilattico, una pinza peniena, una guaina per il pene (come la protesi di McGuire, simile a un supporto impiegato dagli atleti) o una guaina autoadesiva (specialmente se foderata con un gel polimerico o cellulosa). Sono disponibili alcuni dispostivi di raccolta per donne. Garze sottili con gel polimerico superassorbente possono assorbire più rapidamente le più piccole quantità di urine perse, di solito per incontinenza da sforzo. È in fase di studio la stimolazione elettrica, una promettente alternativa per le donne.

Negli uomini l’ostruzione dello sbocco vescicale è trattata con bloccanti a-adrenergici (p. es., prazosina 1-2 mg da bid a qid, terazosina da 1 a 10 mg/die, doxazosina da 1 a 8 mg/die), che alleviano la sintomatologia e possono migliorare il volume del residuo postminzionale, la resistenza all’efflusso e il flusso urinario.

La finasteride, inibitore della 5a-reduttasi, 5 mg/die, diminuisce le dimensioni della prostata, ma la riduzione dei sintomi può essere ritardata per mesi. Alcuni studi hanno suggerito una terapia combinata con un bloccante a-adrenergico, ma mancano prove certe.

Se persistono sintomi fastidiosi, vengono eseguite la resezione transuretrale della prostata (Transurethral Resection of the Prostate, TURP) o la prostatectomia sovrapubica o retropubica. Approcci alternativi (p. es., incisione del collo vescicale con prostatotomia bilaterale) hanno reso praticabile la decompressione chirurgica anche in pazienti molto delicati.

Le endoprotesi uretrali costituiscono un promettente approccio terapeutico non farmacologico, ma mancano i dati dei controlli a lungo termine. Le possibili complicanze comprendono migrazione dell’endoprotesi e urgenza minzionale (di solito diminuiscono dopo poche settimane o mesi). Nuove promettenti tecniche transuretrali comprendono ipotermia a microonde, laser terapia e ablazione con ago, ma mancano dati a lungo termine.

Nelle donne, la terapia chirurgica di solito è indicata in caso di voluminoso cistocele e l’intervento di sospensione dello sbocco vescicale si dovrebbe eseguire se coesiste ipermobilità uretrale. Se il collo vescicale è incompetente o la pressione di chiusura uretrale è < 10 cm H2O, può essere richiesto un differente approccio chirurgico per evitare di causare insufficienza dello sfintere. L’ostruzione primaria del collo vescicale è facilmente correggibile anche nel paziente più delicato. Una stenosi dell’uretra distale si può dilatare e trattare con estrogeni. Interventi più estesi possono essere necessari se è presente stenosi meatale; alternativamente, la dilatazione può essere ripetuta frequentemente. Tuttavia, molte donne che si sottopongono a dilatazione, non hanno stenosi uretrale ma un detrusore ipoattivo; per queste donne, la dilatazione di solito non è utile e può essere dannosa.

L’ipoattività del detrusore viene trattata riducendo il volume residuo, eliminando l’idronefrosi (se presente) e prevenendo la sepsi urinaria. Per prima cosa, viene impiegato un catetere a permanenza per decomprimere la vescica per  7-14 giorni, mentre sono eliminate le potenziali cause che contribuiscono alla lesione del detrusore (p. es., fecaloma, effetti sfavorevoli dei farmaci).

Se la decompressione non ristabilisce completamente la funzione vescicale, possono essere utili le tecniche per aumentare la diuresi: la minzione in due tempi o l’effettuazione della manovra di Credé (applicazione di una pressione in regione sovrapubica durante la minzione) o la manovra di Valsalva. Il betanecolo 40-200 mg/ die in dosi frazionate è talvolta utile in un paziente la cui vescica si contrae scarsamente, per la somministrazione di un farmaco anticolinergico che non può essere interrotto (p. es., un antidepressivo triciclico). Si deve monitorare il volume residuo così da poter interrompere il betanecolo se inefficace.

Se il detrusore non si contrae per nulla dopo la decompressione, è probabile che ogni intervento sia inutile e il paziente dovrebbe sottoporsi a cateterizzazione intermittente o aver posizionato un catetere uretrale a permanenza. La profilassi antibiotica o con metenammina mandelato per le IVU è probabilmente giustificata nella cateterizzazione intermittente se la persona ha frequenti IVU sintomatiche, una cardiopatia valvolare o una protesi ortopedica; questa profilassi non è utile con un catetere a permanenza. Se la cateterizzazione intermittente è eseguita in ambiente medico, deve essere impiegata una tecnica sterile piuttosto che pulita per la prevalenza e virulenza dei batteri in questi ambienti.

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