17. DISORDINI GENITOURINARI

228. MALATTIE NEFROVASCOLARI

(V. anche Ipertensione Nefrovascolare nel Cap. 199)

OSTRUZIONE DELLE ARTERIOLE E DELLA MICROVASCOLARIZZAZIONE RENALE

NEFROANGIOSCLEROSI ARTERIOLARE MALIGNA

Un’endoarterite proliferativa necrotizzante delle arteriole renali con necrosi fibrinoide glomerulare associata a ipertensione grave e insufficienza renale rapidamente progressiva.

Sommario:

Introduzione
Anatomia patologica e patogenesi
Sintomi, segni e diagnosi
Prognosi e terapia


La nefroangiosclerosi maligna si verifica in < 1% dei pazienti ipertesi, molto più frequentemente nei pazienti di razza nera che nei bianchi. Negli uomini, l’apice dell’incidenza si ha verso i 40-50 anni; nelle donne, invece, circa 10 anni prima. La maggior parte dei casi si presenta come patologia cardiovascolare rapidamente evolutiva durante il decorso di un’ipertensione cronica non trattata (ipertensione maligna). Sebbene l’ipertensione idiopatica sia la causa predisponente più comune, la nefroangiosclerosi può essere dovuta anche a un’ipertensione secondaria legata a glomerulonefrite acuta, insufficienza renale cronica, stenosi dell’arteria renale, vasculite renale e raramente a endocrinopatie (feocromocitoma, aldosteronismo primario, sindrome di Cushing).

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Anatomia patologica e patogenesi

Le alterazioni anatomopatologiche, incluse le dimensioni dei reni, variano grandemente e ciò dipende, presumibilmente, dalla durata del decorso clinico e dalla presenza di una malattia preesistente. La necrosi fibrinoide dell’arteriola afferente con l’estensione al glomerulo è il segno distintivo della nefroangiosclerosi arteriolare maligna. Le arterie interlobari, e le arteriole più piccole, sviluppano caratteristicamente un’endoarterite proliferativa con ispessimento intimale dovuto a sottili strati concentrici di collagene, che in pratica spesso obliterano il lume vascolare. Questi strati conferiscono il classico aspetto a bulbo di cipolla. Questa lesione è probabilmente indistinguibile da quelle presenti nella porpora trombotica trombocitopenica, nella sindrome emolitico-uremica e nella sclerodermia.

La risposta iniziale a un’ipertensione lieve-moderata è la vasocostrizione arteriosa e arteriolare per mantenere a un livello relativamente costante la perfusione tissutale. Con un’ipertensione che aumenta fino a essere grave, alla fine viene meno il sistema di autoregolazione e il rialzo della PA porta al danno della parete arteriolare e capillare. La mancanza di autoregolazione a livello cerebrale conduce all’edema e alla manifestazione clinica della encefalopatia ipertensiva.

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Sintomi, segni e diagnosi

La sintomatologia è data dai diversi gradi di interessamento cerebrale, cardiaco e renale. La maggior parte dei sintomi è correlata all’encefalopatia ipertensiva dovuta all’edema cerebrale e comprende insorgenza insidiosa di cefalea, irrequietezza, confusione, sonnolenza, visione offuscata, nausea e vomito. Se presenti, i sintomi neurologici, quali crisi epilettiche e coma, possono essere dovuti a sanguinamento intracerebrale e a lacune infartuali. Questi reperti sono differenti dalla sintomatologia focale neurologica dell’accidente cerebrovascolare ischemico o emorragico, che in genere ha un esordio improvviso. La TC si deve effettuare per escludere queste patologie. All’esame obiettivo, si riscontra neuroretinopatia (emorragie, essudati e spesso papilledema). Il cuore è ingrandito, con evidenza di ipertrofia ventricolare sinistra. Insufficienza ventricolare sinistra ed edema polmonare sono frequenti, mentre non lo sono angina e IMA.

Sono presenti gradi diversi di insufficienza renale. I reperti urinari includono proteinuria (a volte nell’ambito nefrosico) ed ematuria microscopica. Si possono trovare scarsi cilindri ematici, eccetto nelle sindromi renali dovute a glomerulonefrite proliferativa. Sono frequenti alterazioni ematologiche (p. es., anemia emolitica microangiopatica e coagulazione intravasale disseminata). Sono tipici i livelli estremamente elevati di renina e di aldosterone.

La diagnosi si basa sul reperto di una PA diastolica costantemente > 120 mm Hg, di neuroretinopatia e di altri aspetti clinici di coinvolgimento cardiaco e renale.

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Prognosi e terapia

Circa il 50% dei pazienti non trattati muore entro 6 mesi e la maggior parte dei rimanenti entro 1 anno. La morte è solitamente causata da uremia (60%), insufficienza cardiaca (20%), accidenti cerebrovascolari (20%) o IMA (1%). Le percentuali di sopravvivenza dopo terapia sono del 75-85% circa a 1 anno, del 60-70% a 5 anni e del 45-50% a 10 anni. L’insufficienza renale tende ad abbassare le percentuali di sopravvivenza.

Sebbene alcuni pazienti abbiano remissioni spontanee, una terapia antiipertensiva aggressiva con sensibile riduzione della PA (v. Cap. 199) e il trattamento dell’insufficienza renale riducono notevolmente la mortalità e la morbosità. Anche con una terapia antiipertensiva efficace, molti pazienti presentano un danno vascolare medio-grave e sono a rischio continuo di malattia coronarica, cerebrovascolare e renale. I paziente con insufficienza renale progressiva possono essere tenuti in vita con la dialisi e talvolta avere un miglioramento della funzione renale tale da permettere la sospensione del trattamento dialitico. Il sanguinamento intralesionale o subaracnoideo e gli infarti lacunari di solito non sono trattati con una riduzione aggressiva della PA.

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