22. FARMACOLOGIA CLINICA

301. FATTORI CHE INFLUENZANO LA RISPOSTA AI FARMACI

PLACEBO

Sostanze verosimilmente inattive che vengono utilizzate negli studi controllati come termine di paragone per i farmaci presumibilmente attivi, o che vengono prescritte per indurre un alleviamento dei sintomi o soddisfare l’esigenza di trattamento di un paziente.

Sommario:

Introduzione
Effetti dei placebo
Meccanismi della reazione ai placebo
Impiego negli studi controllati
Impiego in terapia


Qualunque manovra terapeutica può essere un placebo (comprese le tecniche chirurgiche e psicologiche), ma in questa sede vengono presi in esame esclusivamente i farmaci (in qualsiasi forma, p. es., orale, parenterale o topica).

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Effetti dei placebo

Alcune persone ritengono che i placebo siano "farmaci finti", presumibilmente inerti e inefficaci. Tuttavia i placebo possono avere effetti notevoli, sia positivi sia negativi. La letteratura medica è piena di segnalazioni sulla capacità dei placebo di alleviare i disturbi dei pazienti con ansia, tensione emotiva, malinconia, schizofrenia, dolori della più varia origine, cefalea, tosse, insonnia, mal di mare, bronchite cronica, raffreddore comune, artrite, ulcera peptica, ipertensione, nausea, demenza senile e così via. Ma i placebo possono anche avere effetti collaterali, comprendenti nausea, cefalea, vertigini, sonnolenza, insonnia, astenia, depressione, torpore, allucinazioni, prurito, vomito, tremore, tachicardia, diarrea, pallore, eruzioni cutanee, orticaria, atassia ed edemi.

Alcuni individui manifestano le caratteristiche di una vera farmacodipendenza nei confronti di un placebo: una tendenza ad aumentare la dose, un desiderio compulsivo di assumere la sostanza e una sindrome da astinenza nel caso ne vengano privati.

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Meccanismi della reazione ai placebo

Gli effetti soggettivi e oggettivi, desiderabili e indesiderabili dei placebo sembrano essere correlati a due diverse componenti della reazione a essi. La prima è un’aspettativa di risultati (di solito ottimistica) dovuta al fatto che ci si attende che i farmaci funzionino; questo aspetto può essere chiamato "suggestionabilità", "fede" o "speranza". La seconda è costituita dalle modificazioni cliniche spontanee, le quali sono talvolta anche più importanti. Un placebo può essere responsabile di un miglioramento spontaneo o colpevole di un deterioramento spontaneo o della comparsa di un problema completamente nuovo (p. es., mal di testa, eruzione cutanea).

I soggetti che reagiscono ai placebo sono individui che rispondono energicamente a queste sostanze; tuttavia, poiché in determinate circostanze praticamente ogni individuo presenta un certo grado di suggestionabilità, il concetto di gradazione della reattività ai placebo è probabilmente più utile. È stato definitivamente stabilito che non esiste alcuna correlazione tra determinati aspetti della personalità e la risposta ai placebo. Tuttavia, individui con personalità di tipo dipendente, che desiderano soddisfare il proprio medico, possono avere maggiori probabilità di ottenere effetti benefici, e quelli con personalità di tipo istrionico possono avere più probabilità di ottenere un qualunque effetto, positivo o negativo che sia (v. Cap. 191). Probabilmente i fattori più importanti legati alla risposta sono rappresentati da particolari atteggiamenti nei confronti della malattia, dei farmaci e del medico. Per esempio, un paziente che accusa un dolore acuto, che considera i farmaci in grado di aiutarlo e al quale venga somministrato un placebo da un medico compartecipe e fiducioso, può avere una risposta migliore rispetto a un paziente affetto da un dolore cronico, che considera i farmaci pericolosi e al quale venga somministrato un placebo da un medico sgarbato che si mostra poco sicuro di sé.

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Impiego negli studi controllati

Negli studi sperimentali, gli effetti del placebo devono essere distinti da quelli del farmaco attivo. Quest’ultimo, per dimostrare la sua efficacia, deve agire significativamente meglio del placebo. In alcuni studi, con il placebo si verifica un miglioramento clinico in più del 50% dei pazienti, rendendo quindi molto difficoltosa la dimostrazione dell’efficacia del farmaco attivo.

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Impiego in terapia

Ogni atto terapeutico racchiude in sé una componente di effetto placebo; conseguentemente, gli effetti attribuiti ai farmaci variano da paziente a paziente e da medico a medico, a seconda della reattività ai placebo. Un effetto placebo positivo è più probabile che si verifichi quando sia il paziente sia il medico sono convinti del fatto che vi sarà un beneficio terapeutico. Per esempio, un farmaco che non possiede un effetto farmacologico comunemente accettato sulla malattia in trattamento (p. es., la vitamina B12 per l’artrite) può avere ugualmente un effetto favorevole. Analogamente, un farmaco limitatamente attivo (p. es., un vasodilatatore per la claudicatio intermittens) può avere un effetto più consistente.

La somministrazione di un placebo a un paziente senza che egli ne sia a conoscenza è rischiosa e può guastare il rapporto tra medico e paziente. Se il paziente scopre il sotterfugio, può sentirsi ingannato e la sua fiducia nel medico potrebbe risultarne compromessa. Se altri medici o infermieri sono a conoscenza dello stratagemma (come può accadere nella pratica clinica di equipe o in ambito ospedaliero), è più probabile che i loro atteggiamenti e comportamenti nei riguardi del paziente ne vengano influenzati negativamente ed è più probabile che il paziente si accorga della situazione. Un altro rischio è costituito dai possibili errori nell’interpretazione della risposta del paziente. Quando un paziente risponde positivamente a un placebo, il medico potrebbe trarne in modo ingiustificato la conclusione che la sintomatologia non sia dovuta a un disordine organico o che essa venga esagerata da fattori psicologici. Inoltre, esistono molti farmaci che possiedono almeno la capacità potenziale di alleviare la maggior parte dei disturbi osservati nella pratica clinica. Di conseguenza, prescrivere un placebo senza il consenso del paziente è indicato raramente (se non mai).

A causa dei diversi contesti culturali o psicologici, alcuni pazienti sembrano trarre beneficio da un farmaco non necessario o da una particolare forma farmaceutica (p. es., una forma iniettiva anche nel caso in cui sarebbe sufficiente la somministrazione orale). I medici possono prescrivere "ricostituenti" vitaminici o iniezioni di vitamina B12, i quali spesso sono equivalenti ai placebo, ma raramente prescrivono compresse di lattoso o "iposolfito di sodio sterile".

I placebo possono essere usati con il consenso del paziente per valutare la necessità di un farmaco potenzialmente tossico. Per esempio, potrebbe non essere chiaro se un paziente con un dolore cronico stia traendo effettivo beneficio da un analgesico potenzialmente in grado di dare assuefazione. Se il paziente acconsente, questo dubbio può essere risolto alternando "in cieco" il farmaco attivo e il placebo.

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