11. EMATOLOGIA E ONCOLOGIA

127. ANEMIE

Condizioni in cui il numero dei GR o il contenuto di Hb diminuiscono a causa di perdita ematica, eritropoiesi insufficiente, emolisi eccessiva o una combinazione di queste modificazioni.

Sommario:

Introduzione
Esame di laboratorio


Il termine anemia è stato usato in modo erroneo per definire una diagnosi; più propriamente, esso denota un complesso di segni e sintomi. Il tipo di anemia definisce il suo meccanismo fisiopatologico e la sua natura essenziale, permettendo l’attuazione di una appropriata terapia. Non effettuare accertamenti in caso di lieve anemia è un grave errore; la sua presenza indica una malattia sottostante, anche se la sua gravità rivela poco circa la genesi o il vero significato clinico.

I sintomi e i segni di anemia rappresentano le risposte compensatorie degli apparati cardiovascolare e polmonare alla gravità dell’ipossia tissutale. L’anemia grave (p. es., Hb < 7 g/dl) può essere accompagnata da debolezza, vertigini, cefalea, ronzii, scotomi, affaticabilità, sonnolenza, irritabilità e anche da un comportamento bizzarro. Possono anche manifestarsi amenorrea, perdita della libido, disturbi gastrointestinali e, a volte, ittero e splenomegalia. Infine, si possono avere insufficienza cardiaca congestizia o shock.

Alcuni algoritmi diagnostici possono facilitare la diagnosi differenziale (v. Tab. 127-1). L’anemia deriva da uno o più di tre meccanismi di base: emorragia, insufficiente eritropoiesi (produzione di GR) o eccessiva emolisi (distruzione di GR). Prima di tutto è necessario prendere in considerazione l’eventualità di un’emorragia; una volta che questa venga esclusa, devono essere presi in considerazione solo gli altri due meccanismi. Poiché la sopravvivenza media dei GR è di 120 gg, il mantenimento di una popolazione stazionaria di GR richiede ogni giorno il rinnovo di 1/120 delle cellule. L’arresto completo dell’eritropoiesi dà luogo a una diminuzione di circa il 10%/sett. (1%/die) dei GR. Un deficit eritropoietico determina una reticolocitopenia relativa o assoluta. Quando il numero diminuisce più del 10%/sett. (cioè 500000 GR/ml) in assenza di perdita ematica, l’emolisi è un fattore causale.

Un utile approccio diagnostico nella maggior parte dei casi di anemia da eritropoiesi insufficiente è quello di esaminare le modificazioni delle dimensioni e della forma dei GR. Quindi, le anemie microcitiche (v. Esami di laboratorio, oltre) suggeriscono un’alterata sintesi dell’eme o della globina (p. es., deficienza marziale, talassemia e difetti correlati alla sintesi dell’Hb, anemia associata a malattia cronica). Al contrario, le anemie normocitiche normocromiche suggeriscono l’esistenza di un meccanismo ipoproliferativo o ipoplastico. Alcune anemie sono caratterizzate da macrociti (GR di grandi dimensioni), che suggeriscono un difetto nella sintesi del DNA. Tali anemie dipendono di solito da alterazioni del metabolismo della vitamina B12 o dell’acido folico oppure dall’interferenza nella sintesi del DNA operata da farmaci chemioterapici citotossici. La reticolocitosi o la policromatofilia sono i segni di un’adeguata risposta midollare all’anemia.

Similmente, pochi meccanismi comuni di aumentata distruzione (p. es., il sequestro splenico, l’emolisi anticorpo-mediata, il difettoso funzionamento della membrana del GR, Hb anomala) aiutano molto nella diagnosi differenziale delle anemie emolitiche.

Uno dei più cruciali concetti clinici nella cura delle anemie è che la terapia deve essere specifica, il che implica la necessità di una diagnosi specifica. La risposta al trattamento conferma la diagnosi. Sebbene un trattamento multifarmacologico (detto "a doppietta") possa determinare un transitorio miglioramento dell’anemia, tale terapia non è giustificabile, poiché essa rischia di provocare gravi conseguenze. La trasfusione di GR fornisce un rimedio istantaneo che deve essere riservato a pazienti con sintomi cardiopolmonari, con segni di emorragia irrefrenabile in atto o con alcune forme di insufficienza ipossiemica di organi critici. Le tecniche trasfusionali e i componenti ematici verranno trattati nel Cap. 129.

La Tab. 127-2 classifica le anemie in base alle cause.

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Esame di laboratorio

I test di laboratorio quantificano la gravità dell’anemia e forniscono dati per la diagnosi.

Raccolta del campione di sangue: il sangue viene preferibilmente prelevato mediante puntura venosa, sebbene in qualche caso possa essere sufficiente la puntura del polpastrello, eseguita con una lancetta sterile. Il tipo di test determina l’eventuale anticoagulante che deve essere contenuto nelle provette di raccolta. Sono disponibili provette sotto vuoto provviste di un ago con due punte per facilitare il prelievo; esse contengono l’anticoagulante per effettuare la maggior parte degli esami di routine. Tuttavia, la maggior parte delle provette sotto vuoto disponibili in commercio non è sterile; il riflusso di sangue dalla provetta alla vena può permettere l’ingresso di batteri nell’organismo. Per evitare tali infezioni, la pinza emostatica deve essere rimossa prima che il flusso di sangue dentro la provetta si interrompa; il braccio del paziente non deve muoversi durante il prelievo (anche l’elevazione del braccio di alcuni centimetri dopo il completo riempimento della provetta può determinare una riduzione della pressione venosa sufficiente a provocare un flusso retrogrado di sangue); e non va esercitata pressione sull’estremità del pistone della provetta. Se possibile, è bene utilizzare provette sterili o dispositivi contenenti una valvola di sicurezza tra l’ago e la provetta.

L’acido etilendiaminotetracetico (EDTA) è l’anticoagulante da preferire per la raccolta del sangue, dal momento che la morfologia risulta meno alterata e le piastrine meglio conservate. Esso può essere aggiunto a provette pulite o possono essere reperite in commercio apposite provette sotto vuoto, contenenti EDTA. I vetrini devono essere allestiti entro 3-4 h dalla raccolta del sangue o entro 1-2 h per effettuare la conta delle piastrine.

Per le piccole quantità di sangue o quando non sia possibile la puntura endovenosa, si punge rapidamente con una lancetta sterile monouso il dito, il lobo dell’orecchio o, nei lattanti, la superficie plantare del tallone; la puntura deve essere effettuata abbastanza profondamente per ottenere la fuoriuscita spontanea del sangue. Si deve evitare di esercitare, durante la raccolta, una pressione eccessiva, che potrebbe causare una diluizione del sangue da parte dei liquidi tissutali.

In alcune circostanze, le provette con EDTA sono utilizzate per test coagulativi. Qualunque sia l’anticoagulante utilizzato, poiché un’anemia (Htc < 20%) o una policitemia (Htc > 50%) significative possono influenzare i risultati coagulativi, il volume del campione deve essere corretto dopo che sia nota la conta emocromocitometrica completa. Per le anemie significative, alle quantità fisse di anticoagulante può essere aggiunta una minore quantità di sangue, aspirandolo con una siringa; per la policitemia, il quantitativo di anticoagulante deve essere ridotto (v. Tab. 127-3).

Esame emocromocitometrico completo: l’esame emocromocitometrico completo (EECC) è una valutazione di base che comprende l’Hb, l’Htc, la conta dei GB, la conta differenziale dei GB, la conta delle piastrine, una descrizione dello striscio di sangue periferico relativa alla morfologia e al grado di policromatofilia dei GR e la distribuzione della popolazione e l’architettura delle piastrine. Spesso viene eseguita anche la conta dei GR, in particolare quando si desideri il calcolo degli indici dei GR.

Le indicazioni per l’EECC comprendono il sospetto di malattie ematologiche, infiammatorie, neoplastiche o infettive, lo screening dei lattanti con meno di 1 anno di vita, le donne in gravidanza, gli anziani ricoverati e i pazienti con anomalie nutrizionali. Il valore nella valutazione sistematica di routine all’accettazione del paziente in ospedale è controverso.

Con questo esame è possibile determinare la presenza di anemia, eritrocitosi, leucemia, insufficienza midollare, infezione, infiammazione e reazioni avverse ai farmaci. L’esame di uno striscio di sangue periferico può essere utile per rilevare altre patologie (p. es., una trombocitopenia, la presenza di parassiti della malaria e di altri parassiti, la formazione di "rouleaux", di GR nucleati o di granulociti immaturi, inclusioni eritrocitarie e granulocitarie) che possono essere presenti nonostante conte normali. L’esame dello striscio di sangue risulta importante per stabilire la morfologia dei GR e la presenza di GB anomali.

Con la tecnologia automatizzata, il conteggio dei GR, dell’Hb, dell’Htc e delle piastrine è disponibile in circa 30 sec. In rari casi, le conte cellulari ematiche possono essere ottenute tramite una camera idonea sotto il microscopio, previo mescolamento di una quantità nota di sangue con un diluente specifico o un agente lisante. L’Hb può essere misurata con metodo colorimetrico dopo trattamento con acido cloridrico, che permette rispettivamente un raffronto colorimetrico o spettrofotometrico con ematina o cianmetaemoglobina standard. L’Htc può essere misurato centrifugando un volume noto di sangue e determinando la percentuale di GR relativa al volume ematico totale. La conta differenziale dei GB si effettua colorando una goccia di sangue su un vetrino con colorante metacromatico (p. es., di Wright) e esaminandola al microscopio con olio da immersione. Vengono conteggiati un minimo di 100 GB; ciascun tipo cellulare viene riportato in percentuale. Anche alcuni strumenti automatici effettuano la conta differenziale, mediante il riconoscimento della forma. La conta delle piastrine può essere effettuata sullo striscio di sangue (20000/ml per ciascuna piastrina in un determinato campo d’immersione in olio[90 ×].

I valori normali della conta totale dei GB sono compresi tra 4300 e 10800/ml; i valori normali della conta differenziale dei GB sono i seguenti: neutrofili segmentati dal 34 al 75%; neutrofili a banda  8%; linfociti dal 12 al 50%; monociti dal 3 al 15%; eosinofili  5% e basofili  3%.

Conta eritrocitaria: la concentrazione media di GR in un individuo normale a livello del mare è di 5,4 ± 0,8 milioni/ml per gli uomini e 4,8 ± 0,6 milioni/ml per le donne. Alla nascita la conta dei GR è leggermente più alta; intorno al 3° mese scende a circa 4,5 ± 0,7 milioni/ml e dopo i 4 anni aumenta progressivamente fino alla pubertà.

Il livello normale di Hb è di 16 ± 2 g/dl per gli uomini e di 14 ± 2 g/dl per le donne. L’Htc (cioè il volume dei GR impaccati) è 47 ± 5% per gli uomini e 42 ± 5% per le donne. I criteri diagnostici per l’anemia nell’uomo sono un numero di GR < 4,5 milioni/ml, Hb < 14 g/dl o un Htc < 42%; per la donna abbiamo invece GR < 4 milioni/ml, Hb < 12 g/dl o un Htc < 37%.

Conta reticolocitaria: la sostituzione giornaliera dei GR (dai 40000 ai 50000/ml) rappresenta lo 0,5-1,5% della conta totale dei GR. Queste cellule possono essere identificate come policromatofile nelle colorazioni di routine (p. es., colorante di Wright o Giemsa, che evidenziano i residui di RNA) o come reticolociti allorché vengano usate tecniche di colorazione sopravitale che permettono il riconoscimento del reticolo endoplasmatico presente nelle cellule. La conta reticolocitaria viene effettuata prendendo alcune gocce di sangue inizialmente colorate con blu di metilene fresco, poi contrastate con colorante di Wright. In immersione, vengono contati 1000 GR consecutivi e quelli che presentano un reticolo di colore blu sono contati ed espressi in percentuale (normalmente lo 0,5-1,5%). I reticolociti possono anche essere contati mediante contatori differenziali automatici.

Dal momento che i reticolociti rappresentano una popolazione cellulare giovane, la conta reticolocitaria costituisce un importante criterio di attività midollare, che può essere considerata una risposta al necessario rinnovamento dei GR. Una conta reticolocitaria aumentata (reticolocitosi) suggerisce una risposta di recupero dopo una perdita di sangue acuta o una risposta a una terapia specifica effettuata per un’anemia da eritropoiesi insufficiente (p es., anemie da carenza di vitamina B12, acido folico e ferro [Fe]). La reticolocitosi è particolarmente evidente nelle anemie emolitiche e nelle gravi emorragie acute. Una conta reticolocitaria normale nel corso di un’anemia indica l’incapacità del midollo osseo a rispondere in modo adeguato. Tale reticolocitopenia è di solito causata da deficienze nutrizionali o ormonali che comportano un’insufficiente eritropoiesi; un meccanismo drammatico è la presenza di infezioni virali (soprattutto da parvovirus umano B19), come causa, di una grave, ma transitoria, riduzione della produzione di GR.

Indici eritrocitari: il tipo di anemia può essere indicato dagli indici eritrocitari: il volume corpuscolare medio (MCV), l’Hb corpuscolare media (MCH) e la concentrazione di Hb corpuscolare media (MCHC). Le popolazioni eritrocitarie sono definite microcitiche (MCV < 80 fl) o macrocitiche (MCV > 95 fl). Il termine ipocromia si riferisce a popolazioni di cellule con MCH < 27 pg/GR o MCHC < 30%. Queste relazioni quantitative normalmente possono essere desunte dall’osservazione dello striscio di sangue periferico e, insieme con gli indici, permettono una classificazione delle anemie che si correla con quella eziologica (v. Tab. 127-1) ed è di grande aiuto per la diagnosi.

Tecniche elettroniche automatizzate misurano direttamente l’Hb, la conta dei GR e il MCV, mentre l’Htc, la MCH e la MCHC sono derivati da questi dati. Così il MCV è diventato attualmente l’indice più importante nella diagnosi differenziale delle anemie mentre si è ridotta la fiducia nei parametri derivati (specialmente l’Htc). La citometria a flusso automatizzato fornisce un nuovo parametro nella diagnosi dfferenziale: un istogramma di anisocitosi (variazione delle dimensioni cellulari) può essere automaticamente espresso come coefficiente di variazione dell’ampiezza della distribuzione volumetrica dei GR (RDW).

Può manifestarsi anche poichilocitosi (variazione della forma). Lesioni dei GR possono essere identificate tramite reperimento di frammenti di GR, parti di cellule rotte (schistociti) o alterazioni significative di membrana evidenziate dalla presenza di cellule di forma ovalare (ovalociti) o cellule sferocitiche. Le cellule a bersaglio (sottili GR con un puntino centrale di Hb), sono GR con un quantitativo di Hb insufficiente oppure con un eccesso di membrana.

Aspirazione e biopsia del midollo osseo: questi studi permettono l’osservazione diretta dell’attività eritropoietica, dello stato e delle caratteristiche maturative dei precursori dei GR; di anomalie maturative cellulari (dispoiesi); e la valutazione semiquantitativa della quantità, distribuzione ed espressione cellulare del Fe. Sono di ausilio nelle anemie e in altre citopenie, nelle leucocitosi inspiegabili, nella trombocitosi e qualora si sospetti una leucemia o una mieloftisi. La contemporanea coltura dell’aspirato midollare è un eccellente strumento diagnostico nei pazienti con diagnosi di febbre di origine sconosciuta (Fever of Undetermined Origin, FUO). L’analisi citogenetica e molecolare può essere effettuata sul materiale aspirato nelle neoplasie ematologiche o non o nel sospetto di patologie congenite. La citometria a flusso può essere eseguita nel sospetto di stati linfoproliferativi o mieloproliferativi per stabilire l’immunofenotipo.

Poiché l’aspirazione e la biopsia osteomidollare non sono di difficile esecuzione né pongono significativi rischi invasivi, esse dovrebbero essere effettuate precocemente nel sospetto di una patologia di tipo ematologico. In linea generale, è possibile effettuarle entrambe con un’unica procedura. Dal momento che la biopsia richiede uno spessore osseo adeguato, di solito viene effettuata sulla cresta iliaca posteriore (o, meno frequentemente, su quella anteriore). Dopo aver inserito un ago da biopsia, è possibile aspirare una piccola quantità di midollo (meglio se < 0,5 ml) con una siringa. Alcune goccie di aspirato vengono strisciate direttamente su un vetrino per l’allestimento di colorazione metacromatica (p. es., May-Grünwald, Giemsa, Wright) e si procede quindi all’osservazione microscopica del preparato. Il residuo materiale aspirato può essere mescolato a eparina per studi successivi o per l’analisi citogenetica; una parte può essere lasciata coagulare ed è trattata successivamente come un tessuto chirurgico. Se si desidera avere una coltura di midollo osseo, dopo che è stato ottenuto il materiale istologico si può aspirare 1 ml attraverso lo stesso ago impiantato. La parte profonda della biopsia si ricava dallo stesso ago mediante un avanzamento di 1 cm e un movimento di taglio rotatorio. La parte profonda deve essere decalcificata e trattata come un tessuto chirurgico. Se si desidera soltanto effettuare l’aspirazione midollare si utilizza lo sterno o il processo spinoso di una vertebra lombare. Si deve evitare di prelevare > 2 ml di midollo, poiché la diluizione con il sangue periferico può rendere difficile la valutazione del preparato.

Fragilità dei GR (fragilità osmotica): si allestiscono dodici provette contenenti una soluzione di cloruro di sodio (NaCl) a concentrazioni variabili dallo 0,28 allo 0,5%, in modo da avere incrementi successivi dello 0,02%. In ciascuna provetta si aggiunge una goccia di sangue del paziente, mentre si allestisce un’altra serie di provette contenenti sangue di un paziente di controllo. Si annotano la concentrazione di NaCl alla quale inizia l’emolisi (normalmente  0,44 ± 0,04%) e la prima percentuale alla quale la provetta mostra emolisi completa (di solito circa 0,32 ± 0,04%). Se nel sangue del paziente sono presenti molti sferociti (p. es., sferocitosi congenita), allora l’emolisi compare a concentrazioni maggiori a motivo dell’aumentata fragilità. Se la cellula predominante è abnormemente sottile, come nella b-talassemia major, l’emolisi compare a concentrazioni più basse e può anche non essere mai completa.

Altri test sono trattati oltre nei capitoli relativi ai disordini anemici ed emorragici specifici. Per i test dell’emostasi (p. es., il tempo di sanguinamento, la retrazione e osservazione del coagulo, i prodotti di degradazione del fibrinogeno/fibrina e i tempi di tromboplastina parziale e di protrombina), v. Tab. 131-2.

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