12. IMMUNOLOGIA; MALATTIE ALLERGICHE

148. DISORDINI DA IPERSENSIBILITÀ

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO III

DISORDINI AUTOIMMUNI

Patologie nelle quali il sistema immunitario produce autoanticorpi diretti contro un antigene endogeno, con conseguente danno tissutale.

Sommario:

Introduzione
Sviluppo della risposta autoimmunitaria
Patogenesi

In questa sede vengono considerati i meccanismi patogenetici immunologici che sono alla base delle malattie autoimmuni (v. anche Tab. 148-4). Gli aspetti clinici delle singole malattie vengono trattati in altre parti del Manuale.

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Sviluppo della risposta autoimmunitaria

Sebbene i dettagli esatti della risposta autoimmunitaria non siano del tutto compresi, l’esito finale della stimolazione antigenica, sia esso la produzione di anticorpi, l’attivazione delle cellule T o la tolleranza, sembra dipendere dagli stessi fattori sia nel caso degli autoantigeni sia nel caso degli antigeni esogeni. Sono stati riconosciuti cinque possibili meccanismi per lo sviluppo di una risposta immunitaria contro antigeni autologhi:

1. Antigeni nascosti o sequestrati (p. es. sostanze intracellulari) non possono essere riconosciuti come "self"; se essi vengono liberati nella circolazione possono indurre una risposta immunitaria. È quanto accade nell’oftalmia simpatica, con l’esposizione traumatica di un antigene normalmente sequestrato all’interno dell’occhio. L’autoanticorpo da solo non può provocare la malattia perché non può combinarsi con l’antigene sequestrato. Per esempio, gli anticorpi diretti contro gli spermatozoi e contro gli antigeni del muscolo cardiaco vengono bloccati rispettivamente dalla membrana basale dei tubuli seminiferi e da quella della cellula miocardica. Le cellule T immunologicamente attive potrebbero non avere tali limitazioni e potrebbero produrre il danno con maggiore efficacia.

2. Gli antigeni "self" possono divenire immunogeni a causa di un’alterazione chimica, fisica o biologica. Taluni prodotti chimici si legano a proteine corporee e le rendono immunogene (come nella dermatite da contatto). I farmaci possono provocare diverse reazioni autoimmunitarie (v. Ipersensibilità ai farmaci, oltre). La fotosensibilizzazione è un esempio di autoimmunità indotta da agenti fisici: la luce ultravioletta altera le proteine della pelle, nei confronti delle quali il paziente diviene allergico. Antigeni alterati biologicamente si osservano nei topi New Zealand, i quali sviluppano una malattia autoallergica somigliante al LES quando vengono infettati insistentemente con un virus a RNA noto per la capacità di combinarsi con i tessuti dell’ospite, alterandoli tanto da indurre la produzione di anticorpi.

3. Un antigene estraneo può indurre una risposta immunitaria che provoca una reazione crociata con antigeni "self" normali; ne è un esempio la reazione crociata che si verifica tra la proteina M streptococcica e il muscolo cardiaco umano.

4. La produzione di autoanticorpi può essere il risultato di una mutazione a carico delle cellule immunocompetenti. Ciò può fornire una spiegazione degli autoanticorpi monoclonali che si osservano talvolta nei pazienti con linfoma.

5. I fenomeni autoimmunitari possono essere epifenomeni e il meccanismo patogenetico primario può essere il risultato di una risposta immunitaria nei confronti di un antigene ignoto (p. es. un virus).

Probabilmente in condizioni normali la reazione autoimmune è tenuta sotto controllo dall’azione di una popolazione di cellule T suppressor specifiche. Uno qualunque dei processi appena descritti può condurre o essere associato a un difetto delle cellule T suppressor. È possibile che abbia un ruolo una turba della regolazione dell’attività anticorpale da parte degli anticorpi anti-idiotipo (anticorpi contro il sito di combinazione con l’antigene di altri anticorpi).

Il ruolo di altri meccanismi complessi dimostrabili sperimentalmente deve ancora essere chiarito. Per esempio, gli adiuvanti non antigenici (p. es. l’allume, le endotossine batteriche) esaltano l’antigenicità di altre sostanze. L’adiuvante completo di Freund, un’emulsione di antigene in olio minerale con micobatteri uccisi con il calore, è di solito necessario per produrre l’autoimmunità negli animali da esperimento.

I fattori genetici giocano certamente un ruolo. I parenti dei pazienti affetti da malattie autoimmuni mostrano spesso un’alta incidenza dello stesso tipo di autoanticorpi e l’incidenza delle malattie autoimmuni è più elevata nei gemelli identici rispetto a quelli diversi. Le donne vengono colpite più spesso degli uomini. Il contributo dei fattori genetici sembra essere quello di conferire una predisposizione: in una popolazione predisposta, una quantità di fattori ambientali può provocare l’insorgenza di una malattia; p. es. nel LES questi fattori possono essere un’infezione virale latente, farmaci o un danno tissutale come quello dovuto all’esposizione alla luce ultravioletta. Questa situazione potrebbe essere analoga allo sviluppo di anemia emolitica come conseguenza dell’azione di fattori ambientali nei soggetti con deficit di G6PD (v. Cap. 127), un’anomalia biochimica predisponente determinata geneticamente.

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Patogenesi

I meccanismi patogenetici delle reazioni autoimmunitarie sono, in molti casi, compresi meglio rispetto al modo in cui si sviluppano gli autoanticorpi. In alcune anemie emolitiche autoimmuni, i GR vengono rivestiti con autoanticorpi citotossici (di tipo II); il sistema del complemento risponde a queste cellule rivestite da anticorpi esattamente come fa con le particelle estranee rivestite in maniera analoga e l’interazione del complemento con l’anticorpo complessato con l’antigene della superficie cellulare porta alla fagocitosi o alla citolisi dei GR.

Il danno renale autoimmune può verificarsi come risultato di una reazione mediata da anticorpi (di tipo II) o di una reazione da IC (di tipo III). La reazione mediata da anticorpi si verifica nella sindrome di Goodpasture, nella quale la malattia polmonare e renale è dovuta alla presenza di un anticorpo anti-membrana basale (v. Cap. 77). L’esempio meglio conosciuto di danno autoimmune associato a complessi antigene-anticorpo (IC) solubili è la nefrite associata al LES (v. Lupus eritematoso sistemico nel Cap. 50 e oltre). Un altro esempio è costituito da una forma di glomerulonefrite membranosa che si associa a IC contenenti un antigene dei tubuli renali. Sebbene non sia stato ancora dimostrato, la glomerulonefrite post-streptococcica potrebbe essere dovuta in parte ad anticorpi cross-reagenti indotti dallo streptococco.

Nel LES e in altre malattie autoimmuni sistemiche (in contrapposizione a quelle organo-specifiche) vengono prodotti diversi autoanticorpi. Anticorpi diretti contro gli elementi figurati del sangue possono essere responsabili di anemia emolitica autoimmune (v. Cap. 127), di trombocitopenia e probabilmente di leucopenia; anticorpi anticoagulanti possono causare disturbi della coagulazione. Anticorpi contro il materiale nucleare provocano deposizione di IC non solo nei glomeruli ma anche nei tessuti vascolari e nella cute a livello della giunzione dermo-epidermica. Nell’AR si verifica il deposito sinoviale di aggregati costituiti da IgG, fattore reumatoide e complemento. Il fattore reumatoide è solitamente una IgM (talvolta una IgG o una IgA) con specificità per un sito recettoriale situato nella regione costante della catena pesante delle IgG autologhe. Gli aggregati di IgG, fattore reumatoide e complemento si possono dimostrare anche all’interno dei neutrofili, dove provocano la liberazione di enzimi lisosomiali che contribuiscono alla reazione infiammatoria articolare. All’interno dell’articolazione sono presenti molte plasmacellule, le quali possono sintetizzare anticorpi anti-IgG. Nelle articolazioni reumatoidi si ritrovano anche cellule T e linfochine che possono dare il loro contributo al processo infiammatorio. Il processo che dà inizio agli eventi immunologici è sconosciuto; potrebbe trattarsi di un’infezione batterica o virale. Nel LES, i bassi livelli sierici di complemento sono il riflesso delle reazioni immunitarie generalizzate che stanno avendo luogo; nell’AR, al contrario, il complemento sierico è normale ma i livelli di complemento intrasinoviali sono bassi.

Nell’anemia perniciosa si rinvengono nel lume GI autoanticorpi in grado di neutralizzare il fattore intrinseco. Ancora più comuni sono gli autoanticorpi diretti contro la frazione microsomiale delle cellule mucose gastriche. Si ipotizza che un attacco autoimmune cellulo-mediato contro le cellule parietali produca una gastrite atrofica, la quale a sua volta riduce la produzione di fattore intrinseco ma consente ancora l’assorbimento di una quantità di vitamina B12 sufficiente a impedire l’insorgenza di anemia megaloblastica. Tuttavia, se nel lume GI si dovessero sviluppare anche autoanticorpi contro il fattore intrinseco, l’assorbimento della vitamina B12 cesserebbe e si svilupperebbe l’anemia perniciosa.

La tiroidite di Hashimoto si associa alla presenza di autoanticorpi contro la tireoglobulina, i microsomi delle cellule epiteliali tiroidee, un antigene della superficie delle cellule tiroidee e un secondo antigene della colloide. Il danno tissutale e l’eventuale mixedema possono essere mediati sia dalla citotossicità dell’anticorpo microsomiale sia dall’attività di cellule T specificamente orientate. Anticorpi a basso titolo si ritrovano anche nei pazienti con mixedema primario, il che suggerisce che esso è il risultato finale di una tiroidite autoimmune non riconosciuta. Una reazione autoimmune è coinvolta anche nella tireotossicosi (malattia di Graves) e alla fine circa il 10% dei pazienti sviluppa spontaneamente un mixedema; molti di più vi giungono dopo la terapia ablativa. Altri anticorpi esclusivi della malattia di Graves sono chiamati anticorpi tireo-stimolanti. Essi reagiscono con i recettori per l’ormone tireo-stimolante (TSH) presenti all’interno della ghiandola e hanno lo stesso effetto del TSH sulla funzione cellulare tiroidea.

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