14. MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO

172. MALATTIE CARATTERIZZATE DA CRISI EPILETTICHE

(V. anche Malattie Convulsive Neonatali nel Cap. 260.)

Sommario:

Introduzione
Eziologia e incidenza
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi
Terapia

Vi sono due tipi di alterazioni convulsive: una crisi isolata, non recidivante, come quella che può insorgere durante una malattia febbrile o dopo trauma cranico e l’epilessia, un disturbo recidivante e parossistico della funzione cerebrale, caratterizzato da crisi improvvise, brevi crisi di alterazione della coscienza, dell’attività motoria, con fenomeni sensoriali o comportamento anomalo, causati da scarica eccessiva dei neuroni cerebrali.

Se stimolato sufficientemente (p. es., farmaci convulsivanti, ipossia, ipoglicemia), anche l’encefalo normale può sviluppare scariche elettriche eccessive, causando una crisi convulsiva. Raramente, negli epilettici, le crisi sono scatenate da fattori esogeni, quali il rumore, la luce e il tatto.

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Eziologia e incidenza

Le crisi comiziali sono causate da un disturbo focale o generalizzato della funzione corticale, legato a vari disordini cerebrali o sistemici (v. Tab. 172-1). Crisi possono inoltre presentarsi come sintomi di astinenza, dopo un lungo periodo di abuso alcolico, di ipnotici o di tranquillizzanti. Pazienti isterici simulano talora delle crisi comiziali. In molte patologie, insorgono crisi comiziali uniche. Tuttavia, le crisi comiziali possono recidivare a intervalli di anni o dopo un periodo indefinito; in questi casi, si pone la diagnosi di epilessia.

Da un punto di vista eziologico, l’epilessia è classificata come sintomatica o idiopatica. È sintomatica quando è dovuta a una probabile causa, che si potrà tentare di eliminare mediante terapia. Il termine idiopatico indica l’assenza di causa evidente. Alla maggior parte dei casi idiopatici possono probabilmente sottostare fattori genetici non identificati.

Il rischio di sviluppare epilessia è dell’1% dalla nascita all’età di 20 anni e del 3% all’età di 75 anni. La maggior parte dei soggetti ha crisi che si svolgono con un’unica modalità; il 30% circa con due o più quadri. Circa il 90% dei pazienti presenta crisi generalizzate tonico-cloniche (da sole nel 60%; associate ad altre crisi nel 30%). Le crisi di assenza si manifestano in circa il 25% dei casi (da sole nel 4%, con altre nel 21%). Le crisi parziali complesse hanno una frequenza di circa il 18% (isolatamente nel 6%, con altre nel 12%).

L’epilessia idiopatica si manifesta di solito tra i 2 e i 14 anni. Le crisi, che iniziano prima dei 2 anni, sono in genere causate da difetti dello sviluppo, traumi da parto o da malattie metaboliche. Quelle che insorgono dopo i 25 anni sono di solito secondarie a traumi cranici, a tumori cerebrali o a malattie cerebrovascolari, ma nel 50% dei casi presentano eziologia sconosciuta.

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Sintomi e segni

Le manifestazioni cliniche dipendono dal tipo delle crisi comiziali, che possono essere classificate come parziali o generalizzate. Nelle crisi parziali, l’eccesso di scarica neuronale è confinato all’interno di una regione della corteccia cerebrale. Nelle crisi generalizzate, la scarica interessa, bilateralmente e diffusamente, l’intera corteccia. Alcune volte, la lesione focale di una parte dell’emisfero attiva bilateralmente l’intero encefalo, in modo talmente rapido da produrre una crisi generalizzata tonico-clonica, prima della comparsa di segni focali.

Le aure sono manifestazioni sensoriali o psichiche che precedono immediatamente le crisi parziali complesse o tonico-cloniche generalizzate e costituiscono l’insorgenza della crisi. Uno stato postictale può seguire una crisi (più comunemente una crisi generalizzata) ed è caratterizzato da sonno profondo, cefalea, confusione e ipotonia muscolare.

Le crisi parziali semplici consistono in fenomeni motori, sensoriali o psicomotori, non associati a perdita di coscienza. Lo specifico fenomeno riflette l’area colpita dell’encefalo (v. Tab. 172-2). Nelle crisi jacksoniane, i sintomi motori focali iniziano in una mano e quindi "marciano" verso il resto dell’arto. Altre crisi focali possono dapprima interessare l’area del viso e quindi estendersi lungo il corpo, interessando un braccio e talvolta una gamba. Alcune crisi motorie parziali insorgono con l’elevazione di un braccio e con la rotazione del capo verso la parte in movimento. Alcune di esse evolvono verso convulsioni generalizzate.

Nelle crisi parziali complesse, il paziente perde il contatto con l’ambiente circostante per 1-2 minuti; dapprima, può guardare, effettuare movimenti automatici afinalistici, emettere suoni non intelligibili, senza comprendere cosa gli viene detto e opporre resistenza all’aiuto. La confusione mentale continua per 1 o 2 min dopo che le componenti motorie della crisi sono cessate. Queste crisi possono insorgere in ogni età e dovrà essere esclusa ogni patologia organica (p. es., la sclerosi temporale mesiale, astrocitomi a basso grado). Le crisi parziali complesse originano più frequentemente dal lobo temporale ma possono originare in qualsiasi lobo dell’encefalo.

Le crisi parziali complesse non sono caratterizzate da atteggiamento aggressivo spontaneo. Tuttavia, se trattenuto durante una crisi parziale complessa, un paziente può avventarsi contro la persona che lo contiene, come può farlo anche il paziente durante lo stato confusionale postictale, che segue una crisi generalizzata. Rispetto alla popolazione generale, i pazienti affetti da epilessia del lobo temporale presentano un’incidenza più elevata di alterazioni psichiatriche; il 33% può presentare difficoltà psicologiche e il 10% sintomi schizofreniformi o psicosi depressive.

Le crisi generalizzate provocano perdita della coscienza e della funzione motoria, a partire dall’insorgenza. Tali crisi hanno una causa genetica o metabolica. Possono essere primitivamente generalizzate (con un coinvolgimento cerebrale corticale bilaterale sin dall’insorgenza) o secondariamente generalizzate (con insorgenza corticale locale e conseguente diffusione bilaterale). I tipi di crisi generalizzate comprendono gli spasmi infantili e le assenze, le crisi tonico-cloniche, atoniche e miocloniche.

Gli spasmi infantili sono convulsioni primitivamente generalizzate, caratterizzate da flessione improvvisa delle braccia, flessione in avanti del tronco ed estensione degli arti inferiori. Le crisi durano pochi secondi e si ripetono molte volte al giorno. Si manifestano nei primi 3 anni di vita, quindi vengono sostituite da altre forme di crisi. Sono in genere evidenti le anomalie di sviluppo.

Le crisi di assenza (definite nel passato Piccolo Male) sono brevi crisi primitivamente generalizzate, caratterizzate da una perdita di coscienza di breve durata (10-30 s), con ammiccamenti, al ritmo di 3 cicli/s, associate o meno a perdita del tono muscolare. I pazienti affetti non cadono né presentano convulsioni; interrompono improvvisamente l’attività e la riprendono altrettanto improvvisamente dopo la crisi, senza sintomi postictali né addirittura consapevolezza della crisi. Le crisi di assenza sono di tipo genetico e si manifestano prevalentemente nei bambini; in assenza di trattamento, queste crisi hanno tendenza a insorgere molte volte al giorno. Le crisi spesso insorgono quando il paziente è seduto ed è tranquillo e possono essere scatenate dall’iperventilazione. Raramente, insorgono durante l’esercizio fisico.

Le crisi generalizzate tonico-cloniche iniziano di norma con un urlo; continuano con perdita di coscienza e caduta a terra, seguite da contrazioni toniche e poi cloniche dei muscoli degli arti, del tronco e del capo. Si può avere incontinenza urinaria o fecale; le crisi durano di solito da 1 a 2 min. Le crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate iniziano con una crisi semplice o complessa parziale.

Le crisi atoniche sono brevi crisi primariamente generalizzate dei bambini. Sono caratterizzate dalla perdita completa del tono muscolare e dello stato di coscienza. Il bambino cade o stramazza al suolo improvvisamente, rischiando di andare incontro a traumatismi anche gravi, in particolare traumi cranici.

Le crisi miocloniche sono brevi sussulti fulminei di un arto, di più arti o del tronco. Possono essere ripetitive e conducono a una crisi tonico-clonica. Non vi è perdita di coscienza.

Le convulsioni febbrili sono associate a febbre, senza segni di infezioni intracraniche. Colpiscono circa il 4% dei bambini tra i 3 mesi di età e i 5 anni. Le crisi convulsive benigne febbrili sono brevi, solitarie e di tipo generalizzato tonico-clonico; le crisi convulsive febbrili complicate sono focali, durano > 15 min o recidivano ³  2 volte in < 24 h. Complessivamente, la presenza di crisi convulsive febbrili è associata al 2% di incidenza di un’epilessia successiva; l’incidenza di epilessia e il rischio di crisi convulsive ricorrenti sono molto più elevati fra i bambini con crisi convulsive febbrili complicate, anomalie neurologiche preesistenti, insorgenza precedente al primo anno d’età o un’anamnesi familiare di epilessia.

Nello stato di male epilettico, le crisi si susseguono senza periodi interposti di funzionalità neurologica normale. Lo stato di male epilettico generalizzato può essere fatale. Esso può conseguire alla sospensione troppo rapida degli anticomiziali. La confusione può rappresentare l’unica manifestazione di uno stato di male epilettico parziale o di assenza e può essere necessario un EEG per diagnosticare l’attività comiziale.

L’epilessia parziale continua è una rara forma di convulsioni motorie (in genere localizzate a livello della mano o del volto), con crisi che si ripresentano a distanza di alcuni secondi o minuti e che durano giorni o settimane. Negli adulti, è generalmente legata a una lesione organica, quale l’ictus. Nei bambini, è generalmente dovuta a un processo infiammatorio cerebrale focale e corticale (encefalite di Rasmussen), probabilmente causato da un’infezione virale cronica o da un processo autoimmune.

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Diagnosi

Si deve distinguere l’epilessia idiopatica da quella sintomatica; le epilessie focali o i sintomi focali postictali indicano la presenza di una lesione focale strutturale dell’encefalo. Le crisi generalizzate presentano più probabilmente una causa metabolica. Nei neonati il tipo di crisi non consente la differenziazione tra cause strutturali o metaboliche.

La storia dovrà comprendere la descrizione delle crisi da parte di un testimone oculare, la precisazione della frequenza delle crisi e della durata massima e minima dei periodi intercritici. Si dovranno ricercare e analizzare storie di pregresso trauma cranico, di infezione o di episodi di intossicazione. Sarà significativa anche la storia familiare di patologie neurologiche o di crisi epilettiche.

La febbre e la rigidità del collo, che accompagnano l’insorgenza di crisi di recente insorgenza, indicano meningite, emorragia sub-aracnoidea o encefalite. È indicata in tali casi la puntura lombare. I sintomi focali cerebrali e i segni che accompagnano le crisi sono indicativi di un tumore encefalico, di una malattia cerebrovascolare o di anomalie conseguenti a trauma. In un individuo adulto, anche le crisi generalizzate devono indurre a ricercare una lesione focale insospettata.

Appropriate indagini sono l’EEG e la glicemia, la sodiemia, la magnesiemia e la calcemia. Quando l’EEG o le indagini ematiche presentano anomalie isolate o quando le crisi iniziano nell’età adulta, è indicata la RMN. Se si sospetta un’infezione, si deve praticare la puntura lombare.

L’EEG, rilevato nel periodo intercorrente tra le crisi (interictale), nelle crisi tonico-cloniche primariamente generalizzate, è caratterizzato da scariche simmetriche aguzze e lente, di 4-7 Hz. Scariche epilettiformi focali sono presenti nelle crisi secondariamente generalizzate. Nelle crisi di assenza, le punte e le onde lente compaiono nella quantità di 3 s. I foci interictali del lobo temporale (punte od onde lente) insorgono in associazione a crisi parziali complesse con origine dal lobo temporale. Dal momento che l’EEG effettuato durante un intervallo libero risulta normale nel 30% dei pazienti, l’EEG normale non esclude l’epilessia. Un secondo EEG, effettuato durante il sonno, nei pazienti deprivati dal sonno, mostra anomalie epilettiformi in metà dei pazienti con primo EEG normale. Raramente, ripetuti EEG risultano normali e potrà essere necessario diagnosticare l’epilessia su base clinica.

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Prognosi

La terapia farmacologica elimina completamente le crisi in 1/3 dei pazienti e riduce notevolmente la frequenza delle crisi in un altro terzo. Circa 2/3 dei pazienti affetti da crisi ben controllate può infine sospendere, senza ricadute, i farmaci.

La maggior parte dei pazienti affetti da epilessia torna alla normalità neurologica nell’intervallo tra le crisi, sebbene l’abuso degli anticonvulsivanti possa abbassarne la vigilanza. Il deterioramento mentale progressivo è in genere legato alla patologia neurologica che ha causato le crisi. L’epilessia del lobo temporale sinistro è associata ad anomalie mnestiche verbali; l’epilessia del lobo temporale destro causa talvolta delle anomalie della memoria visuo-spaziale. Migliore prospettiva esiste quando nessuna lesione encefalica è dimostrabile.

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Terapia

Principi generali: la terapia è volta principalmente al controllo delle crisi; anche la patologia di base necessita di trattamento.

Il paziente epilettico deve svolgere una vita del tutto normale; si consiglia esercizio fisico: anche gli sport, come il nuoto e l’equitazione, possono essere permessi, sempre con prudenza e con adeguata protezione. Nella maggior parte dei paesi è permessa la guida di autoveicoli, se le crisi non si manifestano da almeno 1 anno. Le attività sociali andranno incoraggiate. L’assunzione di alcol deve essere ridotta al minimo. La cocaina e molte altre droghe illegali possono scatenare le crisi.

Si dovrà insegnare ai familiari a considerare il paziente come una persona normale; l’atteggiamento iperprotettivo deve essere sostituito dal supporto emotivo, che riduce i sentimenti di inferiorità e imbarazzo nonché gli altri handicap emozionali; si dovrà prevenire al massimo l’invalidità. Il ricovero in ospedale è raramente consigliabile e deve riservato soltanto ai pazienti con grave ritardo mentale o ai pazienti in cui le crisi sono talmente frequenti e violente, nonostante la terapia, che non possono essere trattate altrove.

Durante la crisi, dovranno essere prevenuti i traumi. Non bisogna tentare di proteggere la lingua perché i denti potrebbero danneggiarsi. È pericoloso e inutile cercare di bloccare la lingua mediante un dito. Bisogna sciogliere i vestiti che stringono il collo e porre un cuscino sotto la testa. Il paziente deve essere ruotato su un fianco per prevenire l’inalazione di sostanze estranee. Se il paziente è d’accordo, si potrà istruire un compagno di lavoro per un eventuale trattamento di emergenza.

I fattori causali o scatenanti andranno eliminati. Le lesioni organiche progressive dell’encefalo (p. es., tumori, ascessi) dovranno essere ricercate e trattate prontamente. Dopo il trattamento definitivo delle lesioni anatomiche, è necessario continuare la terapia medica. Si dovranno curare altre eventuali malattie generali (p. es., infezioni o patologie endocrine).

I traumi cranici con fratture craniche, le emorragie intracraniche, i deficit neurologici focali o l’amnesia, provocano l’epilessia post-traumatica nel 25-75% dei casi. Il trattamento profilattico con farmaci anticonvulsivanti, dopo un trauma cranico, riduce la probabilità di crisi precoci post-traumatiche durante le prime settimane dal trauma, ma non previene lo sviluppo di un’epilessia post-traumatica nei mesi o anni successivi.

Terapia farmacologica: nessun farmaco è in grado di trattare tutti i tipi di epilessia e i diversi pazienti richiedono differenti tipi di farmaci; raramente, è necessaria un’associazione farmacologica. Il farmaco di scelta, per il particolare tipo di epilessia, viene all’inizio somministrato a basse dosi e aumentato, nell’arco di una settimana, alla dose terapeutica standard. Dopo circa una settimana, si determineranno i livelli ematici del farmaco, per stabilire se si è raggiunto un livello terapeutico efficace. Se le crisi continuano a manifestarsi, si procederà con l’aumentare, mediante piccoli incrementi, la dose giornaliera. Se si raggiungono livelli ematici tossici o se si manifestano sintomi di intossicazione prima che si sia riusciti a controllare le crisi, si aggiungerà un secondo anticonvulsivante, facendo ancora attenzione a evitare la tossicità. L’interazione tra farmaci può interferire con la quota della loro degradazione metabolica. Il farmaco anticonvulsivante iniziale viene quindi sospeso gradualmente. Una volta controllate le crisi, si dovrà continuare la terapia, senza interruzione, fino a un periodo di almeno un anno esente da crisi. A quel punto, va presa in considerazione la sospensione del farmaco, in quanto circa i 2/3 dei pazienti non presentano più crisi dopo la sospensione della terapia farmacologica. Un’encefalopatia stabile e le lesioni organiche aumentano il rischio di ricadute nonostante il trattamento. I pazienti con crisi, inizialmente difficile da controllare, quelli con crisi nel periodo di sospensione dei farmaci e quelli con importanti motivi sociali per evitare rischi di convulsione, devono essere trattati in modo indefinito.

I farmaci anticonvulsivanti più efficaci per un uso prolungato sia nel bambino sia nell’adulto sono descritti nella Tab. 172-3. Una volta che si conosca la risposta farmacologica, è più importante seguire lo stato clinico che determinare i livelli ematici del farmaco. Alcuni pazienti presentano sintomi di tossicità a bassi livelli di farmaco; altri tollerano livelli elevati senza alcuna sintomatologia.

Per le crisi tonico-cloniche generalizzate, la fenitoina, la carbamazepina o il valproato rappresentano i farmaci di scelta. Per gli adulti, la fenitoina può essere somministrata in dosi frazionate o essere assunta prima di coricarsi. Se le crisi continuano, la dose può essere cautamente aumentata a 500 mg/die, con controllo dei livelli ematici. A dosi più elevate, suddividere la somministrazione quotidiana può ridurre i sintomi tossici.

Per le crisi parziali, il trattamento inizia con la carbamazepina, la fenitoina o il vaproato. Se le crisi persistono, nonostante alte dosi di questi farmaci, potranno essere aggiunti il gabapentin, la lamotrigina o il topiramato.

Per le crisi di assenza si preferisce l’etosuccimide PO (negli U.S.A. n.d.t.). Il valproato e il clonazepam PO risultano efficaci, ma spesso si sviluppa tolleranza al clonazepam. L’acetazolamide è riservato ai casi non rispondenti ad altre terapie.

Le crisi atoniche, miocloniche e gli spasmi infantili sono difficili da trattare; di solito si preferisce il valproato, seguito, in caso di insuccesso, dal clonazepam. Talvolta sia l’etosuccimide che l’acetazolamide sono efficaci (alle dosi utilizzate per le assenze). La fenitoina si è dimostrata limitatamente efficace. Negli spasmi infantili l’uso dei corticosteroidi, per un periodo di 8-10 sett, è spesso efficace. Il regime ottimale di trattamento con corticosteroidi rimane tuttora controverso. Si può anche usare ACTH da 20-60 U/die IM. Può essere utile, anche se difficile da attuare, una dieta chetogenica. La carbamazepina può far peggiorare i pazienti con epilessia primitivamente generalizzata e con convulsioni di tipo multiplo.

Lo stato di male epilettico può essere interrotto mediante la somministrazione di 10-20 mg di diazepam EV (per gli adulti) o fino a 2 dosi (se necessario) di lorazepam 4 mg EV. Nei bambini, il diazepam viene somministrato in dosi sino a 0,3 mg/kg EV o il lorazepam sino a 0,1 mg/kg. Negli adulti, per prevenire le ricadute, può essere somministrata la fenitoina 1,5 g EV. La fosfofenitoina, un prodotto idrosolubile, rappresenta un’alternativa che, a dosi equivalenti, riduce l’incidenza di ipotensione e flebite. Possono essere necessarie, in casi refrattari, dosi anestetiche EV di fenobarbital, lorazepam o pentobarbitale; in tali casi, per prevenire l’ipossiemia, saranno necessarie l’intubazione e la somministrazione di O2.

Nelle crisi generalizzate tonico-cloniche acute, dovute a malattie febbrili, ingestione di alcol, di altri tossici o a disordini metabolici acuti, si dovrà trattare, insieme alle crisi, la condizione causale. Di particolare urgenza sarà il trattamento di uno stato epilettico. Nel caso in cui sia insorta una sola crisi, bisognerà somministrare la fenitoina a dosaggio pieno (v. Tab. 172-3) dai 7 ai 10 giorni; in seguito, si dovrà decidere per una terapia a lungo termine. Dopo la prima crisi, 1/3 dei pazienti presenta episodi ricorrenti, seguiti da epilessia cronica. Gli anticonvulsivanti hanno scarsa efficacia nel prevenire le convulsioni da astinenza alcolica.

Le convulsioni febbrili benigne non richiedono trattamento, a causa della loro prognosi favorevole e in rapporto agli effetti potenzialmente tossici dei farmaci antiepilettici nei bambini piccoli. Nei pazienti con convulsioni febbrili complicate o con altri fattori di rischio per ricaduta (classificati sopra), può essere ridotto il tasso di recidiva delle convulsioni febbrili con un trattamento profilattico continuo con fenobarbital 5-10 mg/kg/ die. Tuttavia, non esiste evidenza sperimentale che un trattamento siffatto delle convulsioni febbrili complesse prevenga lo sviluppo di convulsioni ricorrenti afebbrili (epilessia). Inoltre, il fenobarbital, somministrato cronicamente nei bambini, riduce notevolmente la loro capacità di apprendimento.

Effetti indesiderati: gli effetti tossici possibili degli anticonvulsivanti sono riportati nella Tab. 172-3. Tutti i farmaci anticonvulsivanti possono causare un’eruzione allergica scarlattiniforme o morbilliforme.

Nei pazienti che assumono carbamazepina, sarà opportuno un esame emocromocitometrico, una volta al mese per il primo anno di terapia. Se i GB e i GR diminuiscono in modo significativo, la terapia andrà sospesa immediatamente. I pazienti che assumono valproato devono essere controllati per un anno, ogni tre mesi, con i test di funzionalità epatica; se si presenta un significativo innalzamento delle transaminasi o dell’ammoniemia (> 2 volte il normale), l’assunzione del farmaco deve essere interrotta. Possono essere tollerati rialzi dell’ammoniemia, fino a una volta e mezzo il limite normale superiore, senza pericolo per il paziente.

In caso di reazione da sovradosaggio, si deve ridurre la quantità di farmaco somministrato, fino alla scomparsa della reazione. In caso di grave intossicazione si può somministrare sciroppo di ipecacuana o, nel caso di stato stuporoso, si praticherà una lavanda gastrica. Dopo il vomito o la lavanda gastrica, si somministrerà il carbone attivo, quindi un lassativo salino, p. es., il citrato di magnesio. Il farmaco responsabile dell’intossicazione deve essere sospeso mentre, simultaneamente, si somministrerà un nuovo anticonvulsivante.

La sindrome fetale da antiepilettici (labioschisi, palatoschisi, anomalie cardiache, microencefalia, ritardo dell’accrescimento, ritardo di sviluppo, facies anomala, ipoplasia delle dita) insorge nel 4% dei bambini di madri epilettiche che assumono anticomiziali durante la gravidanza. Fra i farmaci comunemente adoperati, la carbamazepina sembra essere quella leggermente meno teratogena; il valproato può essere il farmaco più teratogeno. Tuttavia, poiché le crisi generalizzate incontrollate durante la gravidanza portano a danno del feto e a morte, è in genere consigliabile il trattamento protratto con anticomiziali (v. Cap. 249).

Terapia chirurgica: circa il 10-20% dei pazienti affetti da convulsioni è refrattario ad ogni trattamento medico. La maggior parte dei pazienti affetti da crisi che originano da un’area localizzata di funzione cerebrale anomala, migliora notevolmente quando viene rimosso il focolaio. Alcuni guariscono completamente. Poiché in tal caso sono richiesti sia un ampio monitoraggio del paziente sia un gruppo di lavoro medico-chirurgico esperto, questi pazienti sono meglio trattati in centri specialistici.

Stimolazione del nervo vago: la stimolazione elettrica intermittente del vago di sinistra, mediante un dispositivo simile al pacemaker, riduce di un terzo il numero delle crisi parziali. Dopo che si è programmato il dispositivo, i pazienti possono attivarlo con un magnete quando sentono che una crisi è imminente. La stimolazione del vago è utilizzata come supplemento agli anticomiziali. Gli effetti collaterali comprendono l’approfondimento della voce durante la stimolazione, tosse e raucedine. Le complicanze sono minime. La durata dell’effetto non è stata ben stabilita.

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