14. MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO

175. TRAUMI DEL CRANIO

Sommario:

Introduzione
Sintomi, segni e diagnosi
Terapia

I traumi cranici causano più mortalità e inabilità di tutte le altre condizioni neurologiche prima dei 50 anni d’età e insorgono in più del 70% degli incidenti, che rappresentano la maggiore causa di mortalità in uomini e ragazzi al di sotto dei 35 anni. La mortalità da traumi gravi raggiunge il 50% ed è di poco ridotta dalla terapia.

Il danno può risultare dalla penetrazione nel cervello di frammenti ossei del cranio o dalla rapida accelerazione e decelerazione cui viene sottoposto il parenchima cerebrale, con traumatismo dei tessuti nella sede dell’impatto e al polo opposto (contraccolpo), oppure diffusamente all’interno delle circonvoluzioni frontali e temporali. Il tessuto nervoso, i vasi e le meningi vengono recisi, strappati e spezzati, con distruzione neuronale, ischemia o emorragia intra- o extracerebrale ed edema cerebrale. L’emorragia e l’edema si comportano come una lesione espansiva intracranica, causando deficit neurologici focali o aumento della tumefazione e della pressione endocranica che può portare a un’erniazione fatale di tessuto cerebrale attraverso il tentorio o il forame magno. Le fratture del cranio possono lacerare le arterie meningee o i grandi seni venosi causando un ematoma epidurale o subdurale; le fratture, specialmente della base cranica, possono anche lacerare le meningi, causare la perdita di liquor attraverso il naso (rinorrea) o l’orecchio (otorrea) o l’ingresso di batteri o di aria nella teca cranica. I microrganismi infettanti possono raggiungere le meningi attraverso fratture occulte, specialmente se queste coinvolgono i seni paranasali (v. Cap. 211).

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Sintomi, segni e diagnosi

La concussione è caratterizzata da una perdita post-traumatica di coscienza o memoria che dura da qualche secondo ad alcuni minuti, senza che si verifichino lesioni strutturali macroscopiche nell’encefalo e senza gravi conseguenze neurologiche. I pazienti affetti da concussione raramente raggiungono gradi profondi di incoscienza. Le reazioni pupillari e gli altri segni di normale funzionalità del tronco cerebrale sono presenti; tuttavia, può essere presente per breve tempo una risposta al riflesso plantare in estensione, ma non appare mai né l’emiplegia né la risposta in decerebrazione agli stimoli nocicettivi. La puntura lombare è di solito controindicata in casi di trauma cranico, a meno che non si sospetti una meningite e deve comunque essere praticata dopo studi radiologici appropriati.

La sindrome postconcussiva segue più frequentemente un trauma cranico lieve che un trauma grave. Essa comprende cefalea, vertigini, difficoltà di concentrazione, amnesia di grado variabile, depressione, apatia e ansia. Ne può esitare una considerevole invalidità. Non è ancora stato chiarito il ruolo giocato dal danno cerebrale; la sindrome postcommotiva è più frequente in pazienti con una premorbidità ai disturbi nevrotici. Comunque, gli studi indicano che anche un trauma lieve può causare danno neuronale. Sebbene tale situazione predisponga di per sé alla simulazione nella speranza di risarcimento, molti pazienti presentano problemi reali. I benefici del trattamento farmacologico o psichiatrico sono incerti.

Le contusioni e le lacerazioni cerebrali rappresentano traumi più gravi. A seconda della loro gravità, questi traumi sono di solito associati a gravi ferite cutanee e a frattura della base cranica o a fratture avvallate con compressione dei frammenti ossei (v. anche Fratture Dell’Osso Temporale nel Cap. 85). Sono di riscontro comune l’emiplegia e altri segni di disfunzione corticale. Traumi ancora più importanti possono causare un grave edema cerebrale, che determina rigidità da decorticazione (braccia flesse e addotte, gambe e spesso tronco in estensione) o rigidità decerebrata (mascelle serrate, collo in estensione, estensione degli arti). Coma, emiplegia, pupille unilateralmente o bilateralmente dilatate e areattive e irregolarità del respiro, possono essere l’esito del trauma iniziale oppure essere dovute a erniazione cerebrale interna e richiedono un intervento terapeutico immediato. L’ipertensione endocranica che determina compressione o distorsione del tronco encefalico causa talvolta un aumento e variabilità della PA associati a diminuzione della frequenza respiratoria (fenomeno di Cushing). Le immagini TAC possono rivelare liquor ematico. La puntura lombare è in genere controindicata.

Il trauma non penetrante colpisce con più probabilità gli emisferi cerebrali e il sottostante diencefalo, in quanto sono più voluminosi e più esposti rispetto il tronco encefalico. Pertanto i segni di un trauma primitivo del tronco (coma, respiro irregolare, mancato riflesso pupillare alla luce, perdita dei riflessi oculovestibolari, flaccidità motoria diffusa) riflettono quasi sempre un trauma grave a prognosi infausta.

Traumi toracici sono spesso associati ai traumi cranici gravi e sono causa di edema polmonare (di cui alcuni tipi sono neurogeni), ipossia e instabilità circolatoria. Il trauma alla colonna cervicale può causare lesioni midollari, con conseguenti paralisi respiratoria o una tetraplegia permanente. Un’immobilizzazione adeguata deve essere mantenuta fino a che la colonna cervicale non viene studiata dal punto di vista radiologico.

Sono comuni nel trauma cranico grave gli ematomi sottodurali acuti (sangue tra la dura e l’aracnoide, in genere da sanguinamento delle vene a ponte) e gli ematomi intracerebrali. Essi, insieme al rigonfiamento cerebrale grave, sono responsabili della maggior parte delle morti. Tutte e tre le condizioni possono causare l’ernia transtentoriale, con approfondimento del coma, aumento della pressione arteriosa, pupille di media ampiezza o dilatate e non reagenti, emiplegia spastica con iperreflessia, tetraspasticità, rigidità decorticata o rigidità decerebrata (dovuta alla progressiva degenerazione rostrocaudale). La TAC o la RMN possono in genere identificare le lesioni suscettibili di trattamento chirurgico. L’asportazione di lesioni voluminose può salvare la vita, ma spesso alta è la morbilità post-traumatica.

L’ematoma subdurale cronico può non determinare sintomi fino a varie settimane dopo il trauma. Sebbene la diagnosi precoce (da 2 a 4 settimane dopo il trauma) possa essere posta in relazione al deterioramento neurologico tardivo, la diagnosi nel periodo successivo può essere inficiata per il lasso di tempo intercorso dal trauma all’insorgenza della sintomatologia. Gli ematomi subdurali sono più comuni negli alcolisti e nei pazienti sopra i 50 anni e il trauma può essere stato anche relativamente banale, perfino dimenticato. Sintomi tipici sono una cefalea che aumenta giorno dopo giorno, la sonnolenza fluttuante o la confusione mentale (che può simulare una demenza precoce) e un’emiparesi lieve o moderata. Nei lattanti, gli ematomi subdurali cronici possono causare l’allargamento della circonferenza del capo, dando l’idea di un idrocefalo. La RMN è diagnostica; la TAC lo è in modo meno attendibile.

Gli ematomi epidurali (sangue raccolto tra teca cranica e dura) sono provocati dal sanguinamento di arterie, più frequentemente da lesione dell’arteria meningea media. I sintomi insorgono abitualmente entro qualche ora dal trauma e consistono in cefalea ingravescente, deterioramento della coscienza, deficit motorio e alterazioni pupillari. Un intervallo lucido di normale quadro neurologico spesso precede i sintomi neurologici. L’ematoma epidurale è meno frequente dell’ematoma subdurale, ma la sua pronta evacuazione può prevenire la dislocazione e la rapida compressione dell’encefalo, che possono provocare deficit neurologici permanenti o fatali. La diagnosi viene suggerita dalla presenza nella radiografia del cranio di una rima di frattura temporale, che però non sempre è presente. Bisogna eseguire rapidamente la TAC, la RMN o delle scansioni angiografiche. Se le immagini radiologiche non sono disponibili, bisogna effettuare una trapanatura per la diagnosi e la rimozione del coagulo extradurale.

L’epilessia post-traumatica, con crisi che insorgono anche a distanza di diversi anni dal trauma, è conseguente a circa il 10% dei traumi cranici chiusi e al 40% dei traumi penetranti.

Uno stato vegetativo persistente cronico (PVS) può conseguire ai traumi cranici molto gravi che compromettono le funzioni cognitive del telencefalo, ma che risparmiano il tronco encefalico. Il PVS può persistere per molti anni. In esso, la capacità di attività mentale cosciente è assente, ma i riflessi autonomi e motori e i normali cicli di sonno-veglia sono preservati. Pochi pazienti emergono dallo stato vegetativo se esso persiste per più di 3 mesi dopo il trauma e quasi nessuno se perdura per più di 6 mesi (v. Stato Vegetativo nel Cap. 170).

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Terapia

Sul luogo dell’incidente: traumi multipli sono possibili in caso di incidenti del traffico, meno in caso di ferite da arma da fuoco o altri traumi cranici localizzati. Soltanto dopo che si sia assicurata la pervietà delle vie aeree e il controllo dell’emorragia, già sul posto, la vittima potrà essere trasportata, avendo particolare cura di evitare spostamenti della colonna o di altre ossa per non incorrere in traumi midollari o vascolari. Per l’assistenza del paziente con possibili lesioni midollari, v. Lesioni del midollo Spinale al Cap. 182. La morfina e gli altri depressori sono controindicati durante le fasi iniziali di trattamento del traumatizzato.

In ospedale: in ospedale, una volta assicurata la pervietà delle vie aeree e incannulata una vena, si valuteranno e si tratteranno i sanguinamenti interni o altre complicanze acute. L’ipossia e l’ipercapnia possono aggravare rapidamente un trauma cranico e spesso necessitano di assistenza respiratoria.

Si dovrà procedere a un attento esame dello stato di coscienza, del tipo di respirazione, delle dimensioni pupillari, della reazione alla luce, dell’attività oculomotoria e dell’attività motoria degli arti. Mediante la valutazione iniziale e successiva delle risposte mediante il Glagow Coma Scale (v. Tab. 175-1) e rilevando le eventuali alterazioni oftalmologiche, l’esaminatore può stimare la gravità del trauma e la sua prognosi. I segni neurologici, insieme alla PA, al polso e alla temperatura devono essere registrati almeno ogni ora, in quanto ogni modificazione richiederà un intervento immediato. La TAC e la RMN possono stabilire l’operabilità potenziale degli ematomi intracranici e, se possibile, devono essere ottenuti in tutti i pazienti rimasti incoscienti per > 2 h o con qualche anomalia neurologica focale. Se tali esami non sono disponibili, la migliore soluzione è quella di trasportare il paziente verso strutture mediche meglio equipaggiate. Solo quando è impossibile effettuare TAC o RMN, saranno indicati gli esami angiografici cerebrali. La scintigrafia cerebrale e l’EEG non hanno alcuna potenzialità diagnostica immediatamente dopo il trauma. Frequentemente, nei pazienti con trauma cranico grave si effettua una misurazione continua della pressione intracranica.

I pazienti con concussione devono essere sottoposti a stretto controllo clinico per 24 h. Se la TAC non dimostra presenza di sanguinamento intracranico o fratture scomposte e il paziente è neurologicamente indenne, il ricovero non sarà necessario. Le radiografie del cranio sono inutili in questi casi.

Le fratture craniche, se allineate, non richiedono trattamento; se si tratta di fratture con affossamento dei frammenti verrà richiesto l’intervento del neurochirurgo per una terapia d’urgenza, vista la possibilità di lacerazione dei vasi sanguigni. Va generalmente evitata la profilassi antibiotica, dato che essa favorisce lo sviluppo di microrganismi resistenti, ma è spesso usata se il paziente perde liquor dal naso e dalle orecchie.

I pazienti devono essere strettamente controllati e protetti contro la perdita di calore (ipotermia), l’ipertermia, l’iponatriemia, lo squilibrio idrico e l’ostruzione delle vie aeree. Si dovrà minimizzare l’ipossia arteriosa con un’ossigenazione parziale (40%), combinata se necessario con respirazione a pressione positiva intermittente; la febbre dovrà essere controllata mediante coperte refrigeranti; la perdita di liquidi e di sangue dovrà essere immediatamente reintegrata. Va prevenuta l’insufficienza renale acuta. Le prescrizioni attuali prevedono la somministrazione di anticomiziali per 2 settimane; contro le crisi epilettiche si somministreranno anticonvulsivanti (p. es., fenitoina a dosi iniziali di carico di 50 mg EV/min fino a un totale di 1 g, seguito poi da 300-400 mg/die PO o EV). Se non insorgono crisi entro 2 settimane, gli anticomiziali devono essere sospesi, in quanto non è stata stabilita la loro validità nella prevenzione di future crisi. L’uso dei diuretici osmotici EV (urea, mannitolo e glicerolo), utile per ridurre l’edema cerebrale, deve essere riservato ai pazienti in peggioramento o, in fase preoperatoria, ai pazienti con ematoma. Per quelli con ematoma può essere somministrato il mannitolo, a dosi di 12,5-25 g EV in 15-30 min e ripetuto q 1-4 h. Andrà somministrato con molta cautela nei pazienti affetti da malattie cardiache o da congestione vascolare polmonare, a causa della rapida espansione del volume plasmatico. Poiché i diuretici osmotici aumentano l’escrezione renale di acqua in rapporto al sodio, il loro uso prolungato può esitare in deplezione idrica e ipernatriemia. Bisogna seguire l’evoluzione del bilancio idro-elettrolitico. I corticosteroidi sono controindicati nel trauma cranico.

L’agitazione, che può manifestarsi nell’uscita dal coma, può richiedere sedazione (p. es., clorpromazina 50 mg IM o aloperidolo 2-5 mg IM). Se il paziente inizia a riacquistare la coscienza nell’arco di una settimana, migliora la prognosi per un recupero ottimale

Durante la convalescenza: dopo un grave trauma cranico, può insorgere amnesia per i periodi immediatamente precedente e seguente il trauma. L’amnesia retrograda è generalmente breve. La durata dell’amnesia post-traumatica (valutata fino al periodo di completo ristabilimento) dà una buona stima dell’estensione del danno cerebrale nei traumi cranici chiusi. Le vertigini, la difficoltà a concentrarsi, l’ansia e la cefalea (sindrome post-traumatica, v. sopra) sono presenti per periodi variabili dopo il trauma, ma raramente richiedono più di una generica rassicurazione.

L’invalidità residua dovrà essere valutata obiettivamente. I disturbi neuropsicologici e il deterioramento della concentrazione, dell’attenzione e della memoria e varie alterazioni lievi o moderate della personalità, sono le cause più comuni di invalidità nel lavoro, nelle relazioni sociali, piuttosto che gli specifici deterioramenti neurologici. L’anosmia post-traumatica è relativamente frequente, la cecità acuta post-traumatica, rara, difficilmente regredisce. L’afasia e l’emiparesi hanno di solito una buona remissione, tranne che negli anziani o in persone con grave lacerazione cerebrale. La maggior parte dei pazienti con trauma cranico grave (p. es., con punteggi iniziali alla Glasgow Coma Scale < 8 all’ammissione [v. Tab. 175-1]) beneficierà, durante la convalescenza, di una riabilitazione formale.

Per gli adulti, la maggior parte delle remissioni dopo traumi cranici gravi si ha entro i primi 6 mesi. Miglioramenti minori continuano forse anche per 2 anni. I bambini mostrano un migliore recupero immediato e continuano a migliorare per più tempo.

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