18. GINECOLOGIA E OSTETRICIA

252. ANOMALIE DELLA GRAVIDANZA

ERITROBLASTOSI FETALE

Anemia emolitica del feto o del neonato, causata dalla trasmissione transplacentare di anticorpi materni e provocata, in genere, dall’incompatibilità materno-fetale del gruppo sanguigno.

Sommario:

Eziologia e fisiopatologia
Prevenzione e terapia

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Eziologia e fisiopatologia

L’incompatibilità da fattore Rh si può sviluppare quando una donna con sangue Rh negativo viene fecondata da un uomo con sangue Rh positivo e viene concepito un feto con sangue Rh positivo (v. anche Cap. 260). I GR fetali attraversano la placenta e passano nel circolo materno durante tutta la gravidanza (il passaggio maggiore avviene al momento del parto) stimolando la produzione di anticorpi materni contro il fattore Rh (isoimmunizzazione). Nelle successive gravidanze, gli anticorpi raggiungono il feto attraverso la placenta e provocano la lisi dei GR fetali. L’anemia che ne deriva può essere così grave da provocare la morte in utero del feto. Per cercare di correggere l’anemia, il midollo osseo fetale mette in circolazione forme immature di GR dette eritroblasti, causando l’eritroblastosi fetale. Dopo la nascita, i neonati affetti possono sviluppare un ittero nucleare (v. Cap. 260).

Le incompatibilità materno-fetali dei gruppi sanguigni ABO, che causano l’eritroblastosi fetale, sono meno gravi e meno frequenti rispetto a quelle del fattore Rh (v. Cap. 260)

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Prevenzione e terapia

Dato che in una madre, non precedentemente sensibilizzata, la produzione di anticorpi non comincia, in genere, se non dopo il parto, l’eritroblastosi si può prevenire nei figli successivi iniettando nella madre un preparato a base di alti titoli di immunoglobuline Rh0(D) entro 72 h dal parto. Questo preparato deve essere somministrato dopo ogni gravidanza, sia che esiti in un parto, in una gravidanza ectopica o in un aborto. Gli anticorpi anti-Rh del preparato distruggono le emazie fetali nel sangue materno prima che esse possano sensibilizzare il sistema immunitario materno. Se si è verificata un’emorragia massiva feto-materna, possono essere necessarie altre somministrazioni del preparato. Questo trattamento ha una percentuale di fallimento pari all’1-2% circa, apparentemente a causa di una sensibilizzazione materna avvenuta in corso di gravidanza, piuttosto che al momento del parto. Pertanto, tutte le madri che hanno un sangue Rh negativo senza un’evidenza clinica di sensibilizzazione (come indicato dai titoli anticorpali) devono essere trattate con una dose standard di 300 mg di immunoglobuline Rh0(D) all’incirca alla 28a sett. di gestazione. Questi anticorpi esogeni vengono gradualmente distrutti durante i 3-6 mesi successivi e la madre non si sensibilizza. Le immunoglobuline Rh0(D) devono essere somministrate anche dopo ogni episodio di sanguinamento e dopo un’amniocentesi o un prelievo dei villi coriali.

Al momento della prima visita prenatale, tutte le pazienti devono eseguire la ricerca del gruppo sanguigno e del fattore Rh (v. anche Test di compatibilità nel Cap. 129). Se la paziente è Rh negativa si devono accertare anche il gruppo e i sottogruppi del padre del bambino. Se questi è Rh positivo e il titolo degli anticorpi anti-Rh della donna è negativo, si dovrà ripetere il titolo degli anticorpi anti-Rh materni alla 18a-20a sett. e di nuovo alla 26a-27a sett. di gravidanza. Sebbene queste determinazioni abbiano un valore limitato nelle pazienti già sensibilizzate, sono molto utili in quelle a rischio, ma non ancora affette.

Se i titoli sono > 1:32, si devono eseguire un’amniocentesi e la determinazione spettrofotometrica della concentrazione della bilirubina nel liquido amniotico ogni 2 sett. a cominciare dalla 28a. Le pazienti già sensibilizzate al fattore Rh sono candidate all’amniocentesi alla 26a-30a sett., in base alla gravità stimata della malattia. La spettrofotometria ad alta risoluzione è utile nella valutazione ante-partum dell’eritroblastosi fetale (v. Tab. 252-2).

Se i livelli di bilirubina nel liquido amniotico sono normali, si può permettere che la gravidanza arrivi al termine con un parto spontaneo. Se invece sono alti, indicando il pericolo di una morte intrauterina, il feto può essere sottoposto a delle trasfusioni intrauterine, a intervalli di 10 gg-2 sett., generalmente fino alla 32a-34a sett. di gestazione, momento in cui si deve espletare il parto. Le trasfusioni intrauterine si eseguono inserendo un ago attraverso la parete dell’addome materno e dell’utero e la parete addominale del feto, all’interno della cavità addominale fetale. I GR contenuti nel sangue trasfuso nella cavità addominale del feto sono assorbiti nella circolazione fetale. Spesso, sono utili il prelievo di sangue o la trasfusione per puntura percutanea del cordone ombelicale. Queste procedure devono essere eseguite in una struttura attrezzata per seguire le gravidanze ad alto rischio.

Il parto deve essere il meno traumatico possibile. La placenta non deve essere rimossa manualmente per evitare l’immissione forzata di cellule fetali nella circolazione materna. Un neonato affetto da eritroblastosi deve essere immediatamente affidato a un pediatra preparato a eseguire un’exsanguinotrasfusione immediata, se questa è necessaria (v. Anemia emolitica del neonato nel Cap. 260).

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