12. IMMUNOLOGIA; MALATTIE ALLERGICHE

148. DISORDINI DA IPERSENSIBILITÀ

DISORDINI CON REAZIONI DI IPERSENSIBILITA' DI TIPO I

MALATTIE ATOPICHE

Allergia e intolleranza agli alimenti

L’allergia alimentare è caratterizzata da una sintomatologia riproducibile che si manifesta dopo l’ingestione di un alimento specifico e per la quale si dimostra una base immunologica (anticorpi IgE contro antigeni degli alimenti). L’intolleranza alimentare coinvolge reazioni cliniche GI il cui meccanismo è di tipo non immunologico oppure è sconosciuto.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Diagnosi
Terapia

Molte comuni reazioni indesiderate agli alimenti (probabilmente di tipo psicosomatico) vengono attribuite ad allergie alimentari anche quando non esiste l’evidenza convincente di un nesso di causa ed effetto, almeno per il tipo di allergia che può essere valutato con i test cutanei ed è associato alla presenza di anticorpi IgE specificamente diretti contro gli alimenti. Alcune diffuse convinzioni sono discutibili e quasi sicuramente false; p. es. il fatto che l’intolleranza (o l’allergia) verso gli alimenti o gli additivi alimentari possa essere responsabile della sindrome del bambino iperattivo, della sindrome tensione-affaticamento e dell’enuresi. False convinzioni chiamano in causa le allergie alimentari per l’artrite, l’obesità, lo scarso rendimento atletico e la depressione, oltre ad altre condizioni.

Occasionalmente sono stati imputati ad allergie o intolleranze alimentari la cheilite, le afte, il pilorospasmo, la stipsi spastica, il prurito anale e l’eczema perianale, ma tali associazioni sono difficili da provare. Recentemente, si è dimostrato che l’intolleranza agli alimenti è responsabile della sintomatologia di alcuni pazienti con sindrome dell’intestino irritabile, evenienza confermata da un test di provocazione alimentare in doppio cieco. In concomitanza con il verificarsi di una reazione è stato osservato un incremento delle prostaglandine rettali. Alcuni dati preliminari indicano che lo stesso fenomeno può verificarsi occasionalmente in pazienti affetti da colite ulcerosa cronica.

L’enteropatia eosinofila, che può essere correlata con specifiche allergie alimentari, è una rara malattia caratterizzata da dolore, crampi e diarrea associati a eosinofilia ematica, infiltrati eosinofili intestinali, enteropatia protido-disperdente e una storia di malattia atopica. Raramente si osserva disfagia, segno di interessamento esofageo.

La vera allergia alimentare mediata da IgE si sviluppa abitualmente durante la prima infanzia, il più spesso nei soggetti con un’anamnesi familiare spiccatamente positiva per atopia.

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Sintomi e segni

La prima manifestazione può essere un eczema (dermatite atopica), da solo o in associazione con sintomi GI. Entro la fine del primo anno, la dermatite solitamente è diminuita di intensità e può insorgere una sintomatologia allergica respiratoria. L’asma e la rinite allergica possono essere aggravati da allergie ad alimenti che possono essere identificati con i test cutanei. Man mano che il bambino cresce, tuttavia, gli alimenti diventano meno importanti ed egli reagisce in modo progressivamente crescente agli allergeni inalati. All’età di 10 anni, è raro che il bambino con asma e febbre da fieno abbia sintomi respiratori provocati dagli alimenti, anche se persiste la positività dei test cutanei. Se la dermatite atopica persiste o compare nel bambino più grande o nell’adulto, la sua attività sembra essere ampiamente indipendente dall’allergia mediata da IgE, anche se i pazienti atopici con dermatite estesa hanno titoli sierici di IgE molto più elevati rispetto a quelli senza dermatite.

La maggior parte dei pazienti giovani con allergie agli alimenti è ipersensibile ad allergeni potenti (p. es. gli allergeni contenuti nelle uova, nel latte, nelle arachidi e nella soia). Le persone più grandi possono reagire in modo violento all’ingestione anche di sole tracce di questi e di altri alimenti (specialmente crostacei), sviluppando un’orticaria a decorso esplosivo, angioedema e perfino anafilassi. Nei pazienti con livelli di ipersensibilità inferiori, l’anafilassi può verificarsi soltanto se essi compiono un esercizio fisico dopo l’ingestione dell’alimento responsabile.

L’intolleranza al latte è provocata talvolta da un deficit intestinale di disaccaridasi e si manifesta con sintomi GI (v. anche Intolleranza ai carboidrati nel Cap. 30). In altri pazienti, il latte provoca sintomi GI e perfino respiratori per una ragione sconosciuta. Gli additivi alimentari possono provocare l’insorgenza di sintomi sistemici (glutammato monosodico); di asma (metabisolfito, tartrazina [un colorante giallo]); e probabilmente orticaria (tartrazina). Queste reazioni non sono mediate da anticorpi di classe IgE. Alcuni pazienti soffrono di emicrania provocata o aggravata dagli alimenti, come è stato confermato da test di provocazione per via orale eseguiti in cieco.

La digestione previene in modo efficace l’insorgenza dei sintomi da allergia alimentare nella maggioranza degli adulti. Ciò è dimostrato dai pazienti allergici che presentano una reazione dopo inalazione o contatto con un allergene, ma non dopo la sua ingestione (p. es., nell’asma dei fornai, i lavoratori colpiti presentano dispnea quando si espongono alla polvere di farina e hanno test cutanei positivi per il grano e/o altri cereali, ma non hanno alcuna difficoltà a mangiare prodotti a base di cereali).

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Diagnosi

L’allergia alimentare grave è solitamente ben evidente negli adulti. In caso contrario, o nella maggior parte dei bambini, la diagnosi può essere difficile e la malattia va differenziata dai problemi GI di natura funzionale.

Negli individui che si sospetta abbiano reazioni agli alimenti dopo la loro ingestione, il rapporto causale tra la sintomatologia e gli alimenti viene saggiato innanzitutto mediante test cutanei appropriati. Un test positivo non dimostra la presenza di un’allergia clinicamente rilevante, ma un test negativo la esclude. In presenza di un test cutaneo positivo, un’ipersensibilità clinicamente rilevante può essere stabilita con una dieta di eliminazione e, se i sintomi migliorano, con una nuova esposizione all’alimento per definire se esso è in grado di indurre la comparsa della sintomatologia. Tutti i test di provocazione che risultano positivi devono essere seguiti da un test di provocazione in doppio cieco per essere considerati definitivi. La dieta di base viene stabilita eliminando gli alimenti che il paziente sospetta siano responsabili dei sintomi, oppure prescrivendo una dieta composta da alimenti relativamente non allergenici (v. Tab. 148-3).

Gli alimenti che comunemente causano allergia sono il latte, le uova, i crostacei, le noci, il grano, le arachidi, i semi di soia e tutti i prodotti che contengono uno o più di questi ingredienti. È necessario eliminare dalla dieta di partenza la maggior parte degli allergeni più comuni e tutti gli alimenti sospetti. Non è consentita l’assunzione di altri cibi solidi o di liquidi diversi da quelli previsti dalla dieta di partenza. Non è consigliabile mangiare nei ristoranti, perché il paziente (e il medico) devono essere a conoscenza della composizione esatta di tutti i pasti. Si devono usare sempre prodotti puri; p. es. il comune pane di segale contiene una certa quantità di farina di grano.

Se non si assiste a un miglioramento nell’arco di una settimana, si deve provare una dieta diversa. Se i sintomi migliorano, alla dieta viene aggiunto un nuovo alimento e se ne consuma un quantitativo superiore a quello abituale per più di 24 h oppure finché i sintomi non ricompaiono. In alternativa, vengono consumate in presenza del medico piccole quantità dell’alimento da saggiare e vengono osservate le reazioni del paziente. L’aggravamento o la recrudescenza della sintomatologia dopo l’aggiunta di un nuovo alimento alla dieta costituisce la prova migliore dell’esistenza di allergia. Tale prova andrà confermata osservando l’effetto dell’eliminazione dell’alimento dalla dieta per alcuni giorni e quindi reintroducendolo.

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Terapia

L’unica terapia possibile consiste nell’eliminazione dell’alimento responsabile. Le diete di eliminazione possono essere impiegate sia per la diagnosi sia per la terapia. Quando sono interessati soltanto pochi cibi, si preferisce l’astinenza. L’ipersensibilità a uno o più alimenti può scomparire spontaneamente. Né la desensibilizzazione orale (eseguita eliminando prima l’alimento responsabile per un certo periodo e poi reintroducendolo in piccole quantità con incremento quotidiano) né l’impiego di gocce sublinguali di estratti alimentari sono risultati efficaci. Gli antiistaminici hanno scarso valore, tranne nelle reazioni acute sistemiche con orticaria e angioedema. Il cromoglicato per via orale è stato usato con apparente successo in altri paesi, ma la sua formulazione orale è approvata negli USA esclusivamente per l’impiego nella mastocitosi (v. oltre). La terapia corticosteroidea prolungata non è indicata, salvo per l’enteropatia eosinofila sintomatica.

Per il trattamento degli attacchi acuti gravi, potenzialmente fatali, v. Anafilassi, oltre.

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