14. MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO

171. DELIRIUM E DEMENZA

Sommario:

Introduzione
STATO CONFUSIONALE ACUTO
    Eziologia
    Sintomi e segni
    Diagnosi
    Terapia

DEMENZA
    Prognosi e terapia

MORBO DI ALZHEIMER
    Epidemiologia
    Eziologia
    Patogenesi
    Sintomi e segni
    Complicanze
    Diagnosi
    Prognosi e terapia

DEMENZE NON ALZHEIMER
DEMENZA VASCOLARE
Altre cause

Circa 4-5 milioni di americani (circa il 2% di tutte le età e 15% di quelli > 65 anni) presentano qualche forma e grado di insufficienza cognitiva. L’insufficienza cognitiva (disfunzione o perdita delle funzioni cognitive, i processi mediante i quali la conoscenza viene acquisita, ritenuta e utilizzata) è nella maggior parte dei casi conseguente a stato confusionale acuto (delirium) o a demenza. Essa può insorgere anche in associazione ad alterazioni dell’affettività, come la depressione (v. Cap. 189).

Sebbene lo stato confusionale acuto e la demenza presentino caratteristiche distinte, inizialmente può risultare difficile distinguerli tra loro (v. Tab. 171-1). Dal momento che nessun test di laboratorio può stabilire in modo affidabile una sicura causa di compromissione cognitiva, la valutazione è in genere basata sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. La conoscenza del livello cognitivo di base è essenziale per determinare l’estensione e la misura della sua alterazione.

Nel paziente anziano è di massima importanza evitare il comune errore clinico di scambiare lo stato confusionale acuto per demenza. La valutazione della demenza può essere condotta in modo lento e prolungato, in quanto la causa raramente presenta rischi immediati di vita. Lo stato confusionale acuto è generalmente causato da una malattia acuta o da un’intossicazione farmacologica, pertanto i pazienti che ne soffrono possono peggiorare rapidamente, con rischi per la vita, se non immediatamente sottoposti a procedure diagnostiche e a trattamento.

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STATO CONFUSIONALE ACUTO

(Delirium)

Stato clinico caratterizzato da alterazioni oscillanti delle funzioni cognitive, dell’umore, dell’attenzione, della vigilanza e della coscienza di sé, che insorge acutamente, sia in assenza di compromissione intellettiva precedente sia come sovrapposta a una compromissione intellettiva cronica.

Alcuni medici (negli Stati Uniti n.d.t.) usano i termini "delirium" e stato confusionale acuto come sinonimi; altri adoperano il termine delirium per riferirsi a un sottogruppo di pazienti che presentano confusione e iperattività, mentre altri ancora definiscono come delirium lo stato conclamato di confusione mentale e come stato confusionale il disorientamento di grado lieve.

Una persona meno vigile (con obnubilamento della coscienza) e che presenta difficoltà di attenzione avrà anche difficoltà nel percepire in modo preciso e interpretare i dati che provengono dall’ambiente, nonché ad acquisire o ricordare una nuova informazione; può interpretare in modo sbagliato le informazioni o avere delle illusioni. Come conseguenza, la persona non ragiona in modo logico, ha difficoltà a gestire i dati simbolici (p. es., effettuare calcoli aritmetici o spiegare i proverbi), diventa ansiosa e agitata o si isola e potrà pensare in modo paranoide e maniacale.

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Eziologia

Lo stato confusionale acuto può insorgere in persone con un’attività cerebrale normale, ma è più comune in quelle con una patologia cerebrale di base, come la demenza. È più comune nell’anziano, probabilmente a causa di alterazioni a carico dei neurotrasmettitori, della diminuzione senile delle cellule cerebrali e di malattie concomitanti. Lo stato confusionale acuto può essere conseguente a patologie cerebrali primitive o a patologie a carico di altri sistemi con interessamento successivo dell’encefalo; le cause sono in genere metaboliche, tossiche, organiche o infettive. Indipendentemente dalla causa, sono compromessi dal punto di vista fisiopatologico gli emisferi cerebrali o i meccanismi di vigilanza del talamo e il sistema reticolare del tronco encefalico. Le alterazioni del sonno e lo stress estremo, che si sovrappongono a una patologia acuta, possono peggiorare i sintomi dello stato confusionale acuto (come la psicosi da terapia intensiva).

Cause metaboliche o tossiche: praticamente, ogni alterazione metabolica può causare stato confusionale acuto. Alcune cause metaboliche e tossiche di stato confusionale acuto sono riportate nella Tab. 171-2. Negli anziani, gli effetti collaterali dei farmaci ne rappresentano la causa più comune.

Cause organiche: le lesioni organiche che possono scatenare lo stato confusionale acuto comprendono le occlusioni vascolari e l’infarto cerebrale, l’emorragia subaracnoidea, l’emorragia cerebrale, i tumori primitivi o metastatici, gli ematomi subdurali e gli ascessi cerebrali. La maggior parte delle lesioni organiche può essere individuata mediante TAC o RMN e molte causano segni neurologici focali osservabili all’esame obiettivo.

Cause infettive: lo stato confusionale acuto può essere causato da meningite acuta, da encefalite o da infezioni esterne all’encefalo, forse per il metabolismo di tossine o per il rialzo termico. La polmonite (anche senza compromissione dell’ossigenazione), le infezioni del tratto urinario, la sepsi o la febbre da infezione virale, possono causare uno stato confusionale in pazienti con particolare vulnerabilità encefalica. Gli ascessi embolici, a sviluppo lento o le infezioni opportunistiche, sono difficili da diagnosticare e, in alcuni casi, richiedono biopsie cerebrali.

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Sintomi e segni

I sintomi dello stato confusionale acuto spesso fluttuano rapidamente, anche nel giro di minuti e tendono a essere peggiori in tarda giornata (crepuscolarità). Il sintomo più evidente è rappresentato dall’obnubilamento della coscienza, accompagnato da disorientamento temporale, spaziale o per le persone. La capacità di attenzione è labile. È frequente unaconfusione per gli eventi quotidiani e la routine giornaliera. Le alterazioni della personalità e dell’affettività sono comuni. I sintomi comprendono irritabilità, comportamento inadeguato, timore, attività eccessiva o anche caratteri francamente psicotici, come le illusioni, le allucinazioni (comunemente visive) o la paranoia. Alcune persone sono calme, ritirate o apatiche, mentre altre sono agitate o iperattive; l’agitazione fisica è spesso espressa mediante la marcia. Si possono manifestare in pochi istanti emozioni contraddittorie. Il pensiero diventa disorganizzato e l’eloquio è spesso disordinato, con espressioni sbagliate, rapidità, neologismi, errori afasici e modalità espressive caotiche. I normali ritmi del sonno e dell’alimentazione sono generalmente alterati in modo evidente. Alcuni presentano uno stato di stordimento.

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Diagnosi

È necessaria una rapida valutazione medica, in quanto lo stato confusionale acuto può avere una prognosi grave mentre la condizione di base può essere spesso trattabile. Secondo alcune stime, il 18% degli anziani deliranti ricoverati muore e il periodo di ricovero è raddoppiato per coloro che sviluppano uno stato confusionale rispetto a quelli che non lo sviluppano.

La diagnosi è quasi interamente clinica. I criteri diagnostici sono riportati nella Tab. 171-3. I test di laboratorio devono comprendere una chimica completa, l’emocromo con formula, un test per la lue come il test del VDRL (Venereal Disease Research Laboratories), esame delle urine con coltura, coltura ematica, test di funzionalità tiroidea, valutazione del livello di vitamina B12 e uno screening tossicologico. A meno che si sospetti uno stato di male epilettico (un reperto estremamente raro negli anziani) o un’encefalite, non risultano utili indagini quali EEG, le punture lombari, la tomografia a emissione di fotoni singoli e la tomografia a emissione di positroni. Una TAC con contrasto può rilevare vecchi o nuovi infarti o ematomi subdurali.

Sebbene i due stati possano essere coesistenti, lo stato confusionale acuto associato ad apatia deve essere differenziato dalla depressione, specialmente nel paziente anziano. Analogamente, l’agitazione e le allucinazioni associate a stato confusionale acuto dovranno essere distinte da quelle causate da psicosi funzionale, un disturbo psichiatrico che è quasi sempre privo di disorientamento, amnesia e compromissione cognitiva, che invece si riscontrano nei pazienti deliranti (o intossicati). Una storia di mania o di alterazioni schizofreniformi depone per una patologia psichiatrica.

Le patologie sistemiche possono scatenare lo stato confusionale acuto e dovranno essere ricercate ai fini del trattamento; un esempio è la sindrome di Wernicke-Korsakoff, caratterizzata da confusione, disorientamento e perdita di memoria. L’ipotermia, la tachicardia, l’ipotensione, il tremore e l’oftalmoplegia indicano chiaramente una patologia alcolistica. Lo stato epilettico, che consiste in assenze o crisi parziali complesse, può provocare uno stato confusionale, difficile da differenziare dallo stato confusionale acuto. Gli stati comiziali, tuttavia, provocano, rispetto allo stato confusionale acuto, un tipo più stabile e meno intenso di confusione, con minore stordimento. Nonostante l’aspetto confuso, il paziente epilettico generalmente presenta un buon senso dell’orientamento, rispetto alla maggior parte dei pazienti in stato confusionale. Lo stato epilettico non convulsivo può essere individuato mediante EEG. Sono diagnostici i tracciati EEG con punte e onde o con scariche a onda aguzza. Lo stato confusionale acuto da solo raramente scatena uno stato epilettico, ma una crisi generalizzata tonico-clonica spesso esita in uno stato confusionale acuto che può persistere per uno o più giorni. Nell’encefalopatia, l’EEG mostra in entrambi gli emisferi un ritmo più lento di quello alfa. Nell’encefalopatie epatica o renale possono comparire onde trifasiche.

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Terapia

I sintomi sono generalmente reversibili qualora la causa sottostante venga rapidamente identificata e trattata in modo adeguato, specialmente se essa è rappresentata dall’ipoglicemia, da un’infezione, da un fattore iatrogeno, da tossicità farmacologica o da uno squilibrio elettrolitico. Comunque, il processo di guarigione può essere lento (giorni o addirittura settimane o mesi), soprattutto negli anziani.

Si deve interrompere la somministrazione di tutti i farmaci non necessari. La malattia identificabile deve essere trattata e devono essere somministrati liquidi e fattori nutrizionali. Se si sospetta che il paziente abusi dell’alcol o che sia in astinenza, si dovrà sottoporlo a somministrazione di tiamina, 100 mg IM al giorno per almeno 5 giorni, per assicurarne l’assorbimento. Durante il ricovero, questi pazienti dovranno essere sottoposti a controllo per l’insorgenza di astinenza, che può manifestarsi mediante disturbi neurovegetativi e peggioramento della confusione.

L’ambiente dovrà essere il più tranquillo e calmo possibile, preferibilmente con illuminazione soffusa ma senza il buio completo. Lo staff medico e i familiari devono rassicurare il paziente, rafforzarne l’orientamento e spiegare in ogni occasione i vari procedimenti a cui intendono sottoporlo. Ulteriori farmaci, se non necessari per far regredire la condizione di base, devono essere evitati. Comunque, l’agitazione talvolta necessita di trattamento sintomatico, particolarmente quando compromette il benessere del paziente o delle persone che l’assistono. La contenzione, se usata con giudizio, può prevenire che il paziente si strappi le vie venose e le altre connessioni. Gli agenti di contenzione devono essere applicati da persone esperte, devono essere allentati ogni due ore per prevenire lesioni e devono essere interrotti appena possibile.

Sono disponibili pochi dati in grado di indirizzare la scelta dei farmaci per il trattamento dello stato confusionale acuto. Basse dosi di aloperidolo (0,25 mg PO, IM o EV) o tiorazidina (5 mg PO) possono risultare utili nel trattamento del paziente delirante. Talvolta sono necessarie dosi più massicce (aloperidolo 2-5 mg o tioridazina 10-20 mg). Farmaci più recenti, come il risperidone, possono essere somministrati in sostituzione dell’aloperidolo per la terapia orale, ma non sono disponibili IM o EV. Le benzodiazepine ad azione breve o intermedia (p. es., l’alprazolam, il triazolam) possono controllare l’agitazione; le benzodiazepine possono peggiorare la confusione ma, se necessarie, dovranno essere somministrate alla dose minima efficace. Tutti i farmaci psicoattivi devono essere ridotti e quindi eliminati, appena possibile in modo da poter valutare il grado di guarigione.

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DEMENZA

Deterioramento cronico della funzione intellettiva e delle altre capacità cognitive, grave abbastanza da interferire con la possibilità di essere autosufficienti.

La Tab. 171-4 riporta molte delle cause conosciute. La demenza può insorgere in ogni età e può colpire soggetti giovani in seguito a lesioni o ipossia. Tuttavia, essa è per lo più una malattia dell’anziano, colpendo più del 15% delle persone > 65 anni di età e il 40% delle persone > 80 anni di età. Comporta più della metà del numero di assistenze domiciliari ed è la condizione più temuta dagli anziani.

Sebbene con l’età diminuisca la memoria recente, le altre funzioni cognitive rimangono relativamente immutate. Pertanto, la demenza rappresenta una marcata deviazione dalla normale funzionalità. Tradizionalmente, la demenza è stata classificata come Alzheimer o non-Alzheimer. La demenza viene talvolta classificata come reversibile o irreversibile, a seconda dell’eziologia, sebbene tale classificazione complichi la distinzione tra demenza e stato confusionale acuto.

Nei pazienti anziani, il medico dovrà differenziare il deficit cognitivo incipiente dalla compromissione senile della memoria. Le persone che presentano una compromissione della memoria, dovuta all’invecchiamento, hanno difficoltà a ricordare, rispetto alle altre persone della stessa età. Esse tendono ad apprendere lentamente le nuove informazioni; se viene concesso loro più tempo per effettuare i compiti assegnati, il loro rendimento intellettuale risulta in genere adeguato.

La demenza da depressione (in precedenza definita come pseudodemenza) descrive generalmente i pazienti che possono inizialmente sembrare dementi, ma che sono affetti da depressione piuttosto che da un’alterazione neuropatologica. Questi pazienti riacquistano la capacità mentale, qualora venga trattata la depressione. Più frequentemente, depressione e demenza coesistono; in tali casi, il trattamento della depressione è comunque importante, ma non ripristina completamente la cognitività.

La diagnosi si basa sull’anamnesi e sulla valutazione dello stato mentale. I criteri diagnostici sono riportati nella Tab. 171-5. Può essere necessario l’aiuto dei familiari per identificare i farmaci o gli altri fattori tossici. I pazienti depressi si distinguono perché inappetenti, costipati e perché dormono meno del normale e si sentono meglio la sera; rispondono lentamente alle domande, ma spesso in modo accurato; possono essere quasi muti, ma rari sono gli afasici. Raramente dimenticano gli eventi quotidiani importanti o gli argomenti di maggiore interesse; i pazienti gravemente depressi tendono a lamentarsi dei deficit della memoria, in modo esagerato rispetto a quelli riscontrati mediante la valutazione clinica. Al contrario, i dementi si lamentano raramente di problemi legati alla memoria. Contrariamente ai pazienti dementi, i pazienti depressi non presentano segni neurologici degni di nota.

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Prognosi e terapia

La velocità di progressione della demenza è molto variabile e dipende dalla causa che l’ha indotta. La demenza può essere stabile, qualora consegua a un trauma cerebrale grave o a una transitoria asistolia. L’astensione dall’alcol, da parte dei pazienti che presentano demenza alcolica, può condurre a un sostanziale miglioramento a lungo termine. Il controllo dell’ipertensione o del diabete può rallentare o arrestare l’evoluzione della demenza vascolare (multinfartuale), comportando un miglioramento per alcuni pazienti.

Anche se la funzione intellettiva non può essere ripristinata o il suo declino arrestato, semplici provvedimenti di sostegno (p. es., il frequente rinforzo dell’orientamento; un ambiente familiare brillante, favorevole; un minimo di nuove stimolazioni; attività regolari poco stressanti) possono essere di notevole aiuto. L’orientamento temporale è favorito dall’impiego di grandi calendari e orologi e dal rendere routinarie le attività quotidiane; l’uso di targhette di identificazione del personale sanitario, il quale si presenterà ripetutamente al paziente, migliora l’orientamento verso le persone. In ogni caso, il paziente necessi

ta di molto tempo per riadeguarsi all’ambiente, alle attività quotidiane, alla gente. Le informazioni date al paziente devono essere semplici, omettendo le frasi non essenziali.

Si dovranno evitare stanze troppo silenziose, scure o isolate. La camera deve essere luminosa e contenere stimoli sensoriali, come radio o televisione o una luce accesa di notte per aiutare il paziente a rimanere orientato. L’ambiente dovrà inoltre essere sicuro e protetto; per esempio, potranno essere installati sistemi di segnalazione per controllare coloro che tendono a girovagare. Si dovranno evitare sia l’iperstimolazione che l’ipostimolazione. La socialità del paziente sarà mantenuta dalle frequenti visite dei familiari e dello staff medico; l’isolamento deve essere evitato. I componenti dello staff medico dovranno evitare di contrastare o intimidire il paziente. Il paziente dovrà rimanere attivo quanto più possibile; le famiglie devono coinvolgerlo nelle attività, evitando però le attività che provocano ansia o confusione. Deve essere praticato quotidianamente dell’esercizio, che diminuirà l’inquietudine, migliorerà l’equilibrio e manterrà il tono cardiovascolare. La terapia occupazionale e la meloterapia aiutano al mantenimento del controllo motorio e consentono la stimolazione non verbale. La terapia di gruppo (terapia di reminiscenza e pratiche di socializzazione) possono coadiuvare le capacità di conversazione e di relazioni interpersonali e i consulti familiari possono insegnare ai parenti come evitare che il paziente cada accidentalmente e come evitare di essere colpiti da lui durante i periodi di agitazione. Ci sarà effettivamente qualche miglioramento se si semplificheranno le attività quotidiane e sarà pertanto ridotta la necessità di assistenza, senza che il paziente subisca la totale perdita dell’autocontrollo o della dignità personale.

La funzionalità può spesso essere ulteriormente migliorata, eliminando o limitando al massimo i farmaci agenti sul SNC. È controverso l’impiego di farmaci psicoattivi nell’anziano, per il controllo di comportamenti indesiderati. Tuttavia, gli antidepressivi possono migliorare temporaneamente la funzionalità in pazienti che sviluppino una depressione clinica. La depressione deve essere trattata mediante antidepressivi non anticolinergici e l’ansia e i disturbi del sonno possono essere trattati con dosi adeguate di benzodiazepine a breve o a media azione. Il trattamento di altri comportamenti è più problematico. Sono frequentemente somministrati farmaci antipsicotici, ma la loro efficacia non è stata accertata tranne che per i pazienti psicotici. La tossicità è frequente e può essere grave. Se adoperati, non dovranno essere usati per lunghi periodi e le dosi devono essere mantenute molto basse. Per i pazienti affetti da demenze non Alzheimer, non esiste alcuna prova che siano di beneficio i farmaci a effetto colinergico aumentato.

Dopo aver completato la valutazione medica e stabilito il periodo di trattamento, le maggiori responsabilità saranno a carico della famiglia. Sebbene una cura efficace sia raramente disponibile, il medico può comunque aiutare la famiglia, cercando p. es., di far comprendere che, sebbene la malattia sia evolutiva, molti fattori alla base di complicanze possono essere controllati. Lo stress derivante dall’assistenza a una persona affetta da demenza è tremendo e può influire negativamente sulla salute fisica e psichica dei parenti. Il medico è in grado di riconoscere i sintomi precoci del burnout dell’assistente e indirizzare le famiglie a centri sociali appropriati, migliorando così la terapia generale del paziente. I componenti del team (assistente sociale, dietologo, infermiere, assistente domiciliare e altri) consiglieranno e sosterranno i pazienti e i loro curanti. L’inabilità può diventare talmente grave da rendere inutile la terapia di altre patologie coesistenti (v. Cap. 294) e il paziente decede in seguito a polmonite o altre affezioni acute.

I desideri del paziente circa l’assistenza dovranno essere chiariti prima che esso diventi inabile. Le pratiche finanziarie e legali (p. es., procura legale durevole, procura legale durevole per la propria assistenza sanitaria) dovranno essere effettuate nei primi stadi della malattia.

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MORBO DI ALZHEIMER

Progressiva, inesorabile perdita della funzione cognitiva, associata all’eccessivo numero di placche senili nella corteccia cerebrale e nella sostanza grigia sottocorticale, che presenta inoltre zone di degenerazione a vortice costituite da b-amiloide [fy3,2] e neurofibrille composte dalla proteina tau.

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Epidemiologia

Le forme a insorgenza precoce ammontano solo al 2-7% dei casi e sono generalmente dovute a una mutazione genetica ereditaria. La forma comune colpisce persone > 60 anni d’età; la sua incidenza aumenta con l’età.

Quattro milioni di statunitensi soffrono di morbo di Alzheimer, con un costo annuo di circa 90 miliardi $, comprensivi di cure mediche e di assistenza domiciliare, servizi sociali, perdita di produttività e morti premature. La malattia è circa il doppio più frequente nelle donne rispetto agli uomini (forse perché le donne vivono più a lungo, ma il sesso femminile può rappresentare di per sé un fattore di rischio). Costituisce più del 65% delle demenze dell’anziano. La demenza vascolare e il morbo di Alzheimer coesistono in circa il 15% dei casi.

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Eziologia

La causa del morbo di Alzheimer è sconosciuta. La malattia è familiare in circa il 15-20% dei casi. I rimanenti casi, cosiddetti sporadici presentano alcuni determinanti genetici. Almeno quattro diversi geni, localizzati sui cromosomi 1, 14, 19 e 21, influenzano l’insorgenza e l’evoluzione della patologia. Il cromosoma 21 codifica il precursore proteico dell’amiloide, che si accumula nell’encefalo dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer (come anche in altri tipi di patologie). Il cromosoma 19 codifica gli alleli 1 fino a 4 dell’apolipoproteina (apo) E (e1-e4). La presenza dell’allele e4 aumenta il rischio d’insorgenza del morbo di Alzheimer nei soggetti bianchi; gli alleli e2 e e4 aumentano il rischio d’insorgenza nei soggetti di colore. La trisomia 21 causa morbo di Alzheimer a insorgenza precoce nelle persone affette da sindrome di Down. Questi reperti confortano l’osservazione epidemiologica che la malattia abbia una modalità genetica autosomica dominante, nella maggior parte delle insorgenze precoci e in alcune forme più tardive, ma con variabilità di penetranza. I fattori ambientali sono oggetto di attive ricerche. Ipotesi non comprovate comprendono bassi livelli ormonali e l’esposizione ai metalli.

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Patogenesi

Si riscontra spopolamento neuronale nella corteccia cerebrale, nell’ippocampo e nelle strutture sottocorticali (compresa una selettiva perdita cellulare nel nucleo basale di Meynert), nel locus caeruleus e nel nucleo del rafe dorsale. Come individuato dalla tomografia a emissione di positroni, in alcune aree dell’encefalo, il consumo di glucoso e la perfusione cerebrale sono ridotti (corteccia del lobo parietale e temporale nelle fasi iniziali della malattia, corteccia prefrontale nelle fasi tardive della malattia); si ignora se tale riduzione preceda o segua la morte cellulare. Può inoltre essere colpito il sistema microvascolare, come nell’angiopatia congofilica.

Svolgono un ruolo nella patogenesi del morbo di Alzheimer le placche neuritiche o senili (composte da neuriti, astrociti e cellule gliali disposte intorno a un nucleo amiloideo) e aggregazioni neurofibrillari a vortice (composte da filamenti elicoidali accoppiati). Le placche senili e le aggregazioni neurofibrillari sono normalmente presenti nell’invecchiamento, ma sono molto più prevalenti nelle persone affette da morbo di Alzheimer.

Nel morbo di Alzheimer sono presenti specifiche anomalie proteiche. Si ritiene che la proteina b-amiloide contribuisca alla patogenesi della malattia. La ricerca attuale sta tentando di determinare se l’amiloide rappresenti una causa tossica del declino cognitivo o se essa costituisca una reazione biologica o un fenomeno secondario. Le apoproteine E, prodotte nell’encefalo e nel fegato, influiscono su molti processi cerebrali, come il deposito di amiloide, l’integrità del citoscheletro e l’efficacia della riparazione neuronale. Il ruolo dell’apoproteina E nel morbo di Alzheimer è sempre più certo. La proteina presenta tre forme alleliche denominate e2, e3 e e4, con conseguenti sei genotipi: e2/e2, e2/e3, e2/e4, e3/e3, e3/e4 e e4/e4. Il rischio per il morbo di Alzheimer è sostanzialmente aumentato nelle persone con due alleli e4, che svilupperanno più probabilmente la malattia tra i 60 e i 75 anni d’età. L’incidenza può essere diminuita in coloro i quali presentano l’allele e2. Dal momento che circa il 40% delle persone che raggiungono gli 85 anni d’età sviluppa alcune forme diagnosticabili di demenza, indipendentemente dallo stato delle apo E, questo test genetico non risulta molto utile nel predire se una persona svilupperà nel corso della propria vita il morbo di Alzheimer. Il test è disponibile in commercio. La sua utilità come test diagnostico aggiuntivo (piuttosto che come test predittivo) per il morbo di Alzheimer è oggetto di studio.

Molte proteine risultano aumentate in modo anomalo nell’encefalo e compaiono nel liquor. Non è certo se esse siano agenti causali o se siano i marker della malattia. La proteina tau (di origine neurofibrillare) ha un’alta specificità ma una bassa sensibilità nell’identificare una demenza come morbo di Alzheimer; un tipo diverso di proteina tau si accumula inoltre nei pazienti affetti da paralisi progressiva sopranucleare (v. Cap. 179). La colina acetiltransferasi è notevolmente ridotta, con conseguente ridotta disponibilità di acetilcolina. Sono ridotti in modo significativo la somatostatina, il fattore di rilascio corticotropo e altri neurotrasmettitori.

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Sintomi e segni

Il morbo di Alzheimer può essere diviso in vari stadi clinici. Tuttavia, i pazienti presentano grande variabilità e l’evoluzione della malattia non è così regolare come indicato nella seguente descrizione. La malattia evolve gradualmente, sebbene talvolta i sintomi sembrino raggiungere, per un certo periodo, un plateau.

La fase iniziale è caratterizzata da perdita della memoria a breve termine, incapacità ad apprendere e ricordare le nuove informazioni, problemi di linguaggio (specialmente nel reperire le parole), cambiamenti dell’umore e alterazioni della personalità. I pazienti possono presentare una difficoltà progressiva nell’effettuare le attività quotidiane (p. es., trovare la strada o ricordare dove hanno messo le cose). Il pensiero astratto e la critica sono ridotti. I pazienti possono reagire alla perdita del controllo e della memoria con irritabilità, ostilità e agitazione. Alcuni pazienti presentano afasia isolata o problemi visuo-spaziali. Sebbene lo stadio iniziale può non compromettere la socialità, i parenti si accorgono di strani comportamenti (p. es., il paziente si perde mentre si reca al supermercato o dimentica il nome di un ospite recente), associati a comparsa di labilità emotiva.

Nello stadio intermedio, i pazienti diventano incapaci di apprendere e di ricordare nuove informazioni. La memoria per gli avvenimenti remoti risulta compromessa, ma non del tutto perduta. I pazienti necessitano di aiuto per lavarsi, mangiare e vestirsi. La disorganizzazione comportamentale può manifestarsi con il girovagare, l’agitazione, l’ostilità, il negativismo o l’aggressività fisica. Da questo stadio in poi, i pazienti perdono del tutto il senso del tempo e dello spazio, perché i normali riferimenti ambientali e sociali sono gestiti in modo inefficace. I pazienti spesso si perdono, talvolta al punto di non essere in grado di trovare la propria camera da letto o il bagno. Sebbene conservino la capacità di camminare, rischiano di cadere o di subire incidenti conseguenti allo stato confusionale.

Nello stadio grave, i pazienti sono incapaci di camminare o di effettuare ogni tipo di attività quotidiana e, generalmente, sono completamente incontinenti. La memoria a breve e a lungo termine è completamente perduta. I pazienti possono non essere in grado di inghiottire e di mangiare, rischiando malnutrizione, polmoniti (specialmente da inalazione) e piaghe da decubito. Il ricovero presso strutture a lunga degenza diventa spesso necessario, in quanto i pazienti sono completamente dipendenti dagli altri. Successivamente, perdono l’uso della parola. Dal momento che questi pazienti non sono in grado di riferire alcun sintomo, il medico dovrà basarsi sull’esperienza e sull’intuito nella diagnosi delle patologie sovrapposte, specie per gli anziani che presentano reazioni afebbrili o non leucocitosiche alle infezioni.

Le alterazioni motorie o altre alterazioni neurologiche focali si presentano tardivamente durante la malattia, sebbene l’incidenza di crisi comiziali risulti in qualche modo aumentata durante tutti gli stadi. Lo stadio finale del morbo di Alzheimer è il coma e la morte, in genere a seguito a infezioni.

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Complicanze

Le complicanze che si manifestano mediante le alterazioni del comportamento comprendono l’aggressività, l’agitazione, il girovagare e il negativismo. Le complicanze psichiatriche comprendono l’ansia e le reazioni paranoidi. Le psicosi vere (paranoia, illusioni e allucinazioni) sono presenti in circa il 10% dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer. Inoltre, quasi l’80% dei parenti o degli assistenti, con il passare del tempo, sviluppa depressione. I problemi metabolici (p. es., disidratazione, infezioni, tossicità farmacologica) possono peggiorare le condizioni generali e rendere difficile il trattamento del paziente. Altre complicanze comprendono le cadute, l’incontinenza e lo stato confusionale serotino (sundowning). I farmaci comunemente adoperati per il trattamento del morbo di Alzheimer (specialmente gli antipsicotici per i disturbi comportamentali) possono provocare alterazioni motorie di tipo parkinsoniano e ipotensione ortostatica. I farmaci triciclici, con effetti collaterali di tipo anticolinergico, possono essere causa di stipsi, ritenzione urinaria, glaucoma e crisi comiziali. Gli antistaminici da banco possono peggiorare lo stato confusionale. Queste complicanze comportano il rischio di ricovero precoce; dovranno essere pertanto evitate o trattate rapidamente, in quanto molte possono essere controllate o risolte.

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Diagnosi

La diagnosi si basa in genere sull’anamnesi, sull’esame obiettivo, su test di laboratorio e sull’esclusione di altre cause di demenza. È necessario eseguire una valutazione codificata dello stato mentale; il Folstein Mini-Mental Status Examination (v. Fig. 165-1) è il test usato più comunemente. Per valutare le attività quotidiane, può essere utilizzata la scala di Barthel. Per circa l’85% dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer, una diagnosi corretta può essere posta sulla base di un’anamnesi esauriente e sui risultati di un esame obiettivo neurologico standard. La biopsia di tessuto cerebrale viene raramente ritenuta utile.

Le caratteristiche essenziali della demenza sono rappresentate dalla compromissione della memoria a breve e a lungo termine, del pensiero astratto e della critica. Sono inoltre presenti alterazioni delle altre funzioni corticali superiori e cambiamenti di personalità. L’evolutività della compromissione cognitiva conferma la diagnosi; il quadro clinico dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer non tende a miglioramenti. I seguenti criteri aiutano a stabilire la probabile diagnosi del morbo di Alzheimer: demenza, stabilità mediante l’esame clinico e documentata da un test codificato dello stato mentale, deficit in due o più aree cognitive, progressivo peggioramento della memoria e delle altre funzioni cognitive, nessun’alterazione della vigilanza, insorgenza tra i 40 e i 90 anni, più spesso dopo i 65 anni di età e assenza di alterazioni sistemiche o cerebrali che possano spiegare il deficit progressivo della memoria e della cognitività. Strumenti di valutazione, quali l’Hachinski Ischemic Score, sono utili nel differenziare la demenza vascolare (v. oltre) dal morbo di Alzheimer.

La valutazione di base dovrà comprendere un esame emocromocitometrico. Per alcuni pazienti può essere necessario eseguire un ECG e una radiografia del torace, nonché un dosaggio degli elettroliti, uno SMA-12/60 (Sequential Multiple Analyzer), un test di funzionalità tiroidea, il dosaggio dei folati e della vitamina B12, la VDRL e l’esame delle urine; Se l’anamnesi indica la presenza di una lesione espansiva cerebrale, se vi sono segni neurologici focali o se la demenza è a insorgenza recente, dovranno essere effettuate la TAC o la RMN per escludere la presenza di tumori, infarti, ematomi subdurali e dell’idrocefalo normoteso. La tomografia a emissione di positroni rappresenta la principale tecnica di indagine; comunque, la semplice tomografia a emissione di fotoni fornisce informazioni simili circa la perfusione cerebrale e, in alcuni casi, può contribuire alla diagnosi differenziale. La puntura lombare è raramente necessaria, ma dovrà essere presa in considerazione se si sospetta che la causa della compromissione cognitiva sia rappresentata da un’infezione cronica o dalla neurolue.

La depressione, il problema psichiatrico più comune dell’anziano, può simulare un morbo di Alzheimer allo stadio iniziale e coesiste con esso in circa il 20% dei casi; pertanto, dovrà essere trattata nei pazienti che presentano una compromissione cognitiva.

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Prognosi e terapia

Il declino cognitivo è inevitabile, ma l’entità dell’evoluzione non è pronosticabile. La sopravvivenza varia dai 2 ai 20 anni, con una media di 7 anni.

I principi generali del trattamento sono gli stessi delle altre forme di demenza (v. Trattamento sotto Demenza, sopra).

Durante le prime fasi del morbo di Alzheimer, alcuni farmaci che incrementano la neurotrasmissione colinergica, come il donepezil, possono migliorare, almeno provvisoriamente, le alterazioni della memoria. Tuttavia, essi non modificano il costante peggioramento della patologia di base. La tacrina presenta la maggior parte degli effetti collaterali. Potrà essere preso in considerazione un trattamento di prova con donezepil, iniziato alla dose di 5 mg alla sera e, dopo 4-6 settimane, aumentato a 10 mg; questo farmaco dovrà essere protratto per diversi mesi, per stabilirne l’efficacia. Gli effetti degli antiossidanti (p. es., la vitamina E), della terapia estrogenica e dei FANS sono ancora oggetto di studio.

Molti farmaci hanno un effetto negativo sul SNC perché aumentano lo stato confusionale e il sopore. I sedativi, quali le benzodiazepine, dovranno essere evitati quanto possibile. Dovranno essere evitati i farmaci anticolinergici, come alcuni antidepressivi triciclici, antistaminici, antipsicotici e le benzotropine.

Nei pazienti affetti da morbo di Alzheimer o da demenza vascolare, un estratto di Ginkgo biloba, denominato EGb, può rallentare o far lievemente regredire la perdita di memoria e migliorare gli altri sintomi. L’estratto può agire come scavenger dei radicali liberi. Le complicanze sembrano minime, ma sono necessari ulteriori studi di conferma.

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DEMENZE NON ALZHEIMER

La demenza a corpi di Lewy rappresenta la seconda demenza più comune dopo il morbo di Alzheimer. I corpi di Lewy sono le tipiche lesioni dei neuroni in degenerazione nel morbo di Parkinson e si rilevano nella demenza, con o senza le caratteristiche del morbo di Parkinson. Nella demenza a corpi di Lewy, i corpi di Lewy possono essere predominanti o essere interposti alle classiche alterazioni patologiche del morbo di Alzheimer. I sintomi, i segni e il decorso della demenza a corpi di Lewy sono simili a quelli del morbo di Alzheimer, eccetto che per la presenza di allucinazioni (principalmente visive) e per la spiccata sensibilità che i pazienti sembrano avere per gli effetti indesiderati di tipo extrapiramidale degli antipsicotici.

La successiva causa più frequente di demenza dell’anziano è la demenza vascolare, che può coesistere con il morbo di Alzheimer. Altre cause sono riportate nella Tab. 171-4.

Un paziente affetto da demenza non Alzheimer presenta talora un quadro simile al morbo di Alzheimer. Talvolta, risultano compromesse in modo specifico le aree di funzione superiore, come l’eloquio (afasia), l’attività motoria (aprassia), l’interpretazione dello stimolo sensoriale (agnosia), il giudizio, la memoria a breve termine, la personalità e il comportamento.

Contrariamente alle alterazioni cognitive e comportamentali del morbo di Alzheimer, le alterazioni delle altre forme di demenza possono insorgere improvvisamente e non sono necessariamente di tipo evolutivo. I sintomi neurologici focali (p. es., le anomalie dell’andatura, le crisi comiziali), l’incontinenza e le anomalie muscolari possono far parte della sindrome di demenza non Alzheimer e possono insorgere precocemente.

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Demenza vascolare

La malattia cerebrovascolare può distruggere il tessuto cerebrale tanto da comprometterne la funzione. La demenza vascolare, con compromissione funzionale legata a singoli infarti in zone critiche o a piccoli infarti multipli, per alterazioni a carico di piccoli o medi vasi, è più comune negli uomini e insorge generalmente dopo i 70 anni. È presente più spesso nelle persone affette da ipertensione arteriosa e/o diabete mellito o che abusano di tabacco. La demenza vascolare progressiva può generalmente essere rallentata mediante il controllo della pressione arteriosa, la regolazione della glicemia (90-150 mg/dl) e la sospensione del fumo. Nel 20% delle autopsie dei pazienti affetti da demenza, si rileva un danno vascolare di grado variabile.

Dal momento che il processo patologico è di tipo infartuale, la demenza vascolare tende a evolvere per episodi; ne conseguono il declino intellettivo e i frequenti deficit neurologici successivi ad ogni episodio. Il deficit cognitivo può essere in qualche modo focale. Negli stadi precoci, la personalità e l’insight tendono a essere più conservati rispetto al morbo di Alzheimer. Con il progredire della malattia, possono insorgere segni neurologici, specialmente emiplegie, paralisi pseudobulbare con riso e pianto patologici e altri segni di disfunzione extrapiramidale.

I sintomi della demenza vascolare sono talvolta simili a quelli del morbo di Alzheimer; le due malattie possono essere difficili da distinguere. A tal fine, può essere utile, come strumento di valutazione, l’Hachinski Ischemic Score. Possono contribuire a differenziare la demenza vascolare dal morbo di Alzheimer l’insorgenza precoce (età < 75 anni), il sesso maschile, l’abuso di sigarette, ictus precedenti, il diabete, patologie cardiache o ipertensione arteriosa, la presenza di deficit neurologici focali o il decorso evolutivo intermittente. I risultati delle indagini di laboratorio, comprese la TAC o la RMN, possono coadiuvare ma non stabilire la diagnosi di demenza vascolare. Nessuno strumento diagnostico risulta tuttavia inutile. Anche all’autopsia, la diagnosi definitiva risulta talora impossibile, in quanto le due malattie condividono alcune caratteristiche anatomopatologiche.

La demenza di Binswanger (encefalopatia arteriosclerotica sottocorticale) è infrequente ed è costituita da infarti multipli nella sostanza bianca profonda degli emisferi, associati a ipertensione e malattia vascolare sistemica. Sebbene clinicamente simile alla demenza vascolare, la demenza di Binswanger può essere caratterizzata da sintomi neurologici più focali, associati a ictus, nonché da un più rapido deterioramento. La RMN e la TAC mostrano aree di leucoencefalopatia nel centro semiovale adiacente alla corteccia.

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Altre cause

Più del 25% dei pazienti con morbo di Parkinson è demente; alcune stime ammontano all’80% (v. Cap. 179). All’autopsia, i pazienti affetti da morbo di Parkinson possono presentare alcuni dei reperti neuropatologici e molte delle alterazioni biochimiche rilevate nei pazienti affetti da morbo di Alzheimer. Una demenza sottocorticale meno grave è inoltre associata al morbo di Parkinson.

La demenza associata a paralisi progressiva sopranucleare è comunemente preceduta da altri sintomi neurologici, p. es., cadute ricorrenti, rigidità assiale distonica, torcicollo posteriore, oftalmoplegia sopranucleare, disfagia e disartria.

Anche i pazienti affetti da morbo di Huntington (corea) possono presentare sintomi di demenza, ma la diagnosi è in genere chiarita dall’anamnesi familiare, dall’età più giovanile e dalle caratteristiche alterazioni motorie del morbo (v. Cap. 179). In caso di dubbio, sarà diagnostica l’analisi genetica.

Il morbo di Pick è una forma di demenza meno comune, che colpisce le regioni frontale e temporale della corteccia. I pazienti presentano notevole apatia e alterazioni della memoria; mostrano incuria, carente igiene personale e diminuzione dell’attenzione. Sebbene il quadro clinico e i reperti TAC del morbo di Pick possano essere molto caratteristici, la diagnosi definitiva è possibile solo all’autopsia. Può insorgere precocemente, durante il decorso del morbo di Pick, la sindrome di Klüver-Bucy, con ottundimento emozionale, attività ipersessuale, iperoralità (bulimia e movimenti di suzione e schioccamento delle labbra) e agnosie visive.

Le sindromi di demenza del lobo frontale possono essere conseguenti a patologia intrinseche, come tumori primitivi o metastatici, manipolazioni chirurgiche pregresse, terapia radiante dell’encefalo o a trauma cranico grave. Il trauma cranico ripetuto nella demenza pugilistica, presente negli sportivi professionisti, sembra essere geneticamente legato all’allele e4 dell’apo E.

L’idrocefalo normoteso è caratterizzato dalla triade di demenza progressiva, incontinenza e andatura instabile, lenta e a base allargata. L’insorgenza è in genere insidiosa e si presenta per lo più nella tarda età media e in quella avanzata. La malattia è più comune negli uomini ed è talvolta correlata a meningite pregressa, emorragia subaracnoidea, trauma cranico o interventi neurochirurgici. Nella maggior parte dei casi, mancano le prove di un trauma precedente. L’idrocefalo normoteso può essere conseguente a un danno dei villi aracnoidei della convessità dell’encefalo, che può provocare un rallentato riassorbimento del liquor, dilatazione ventricolare e anomalie motorie del lobo frontale. La diagnosi viene posta in base al rilievo di una pressione liquorale normale o elevata (150-200 mm Hg) e al reperto TAC di dilatazione ventricolare e restringimento dei solchi cerebrali al vertice dell’encefalo, senza ampliamento dello spazio subaracnoideo. I risultati del trattamento di derivazione del liquor sono inconsistenti. La demenza è talvolta reversibile; alcuni esperti consigliano una puntura lombare terapeutica con sottrazione di circa 30 ml di liquor. Il miglioramento della marcia e della cognitività per alcune ore o giorni indicherà la validità dell’impianto di una derivazione.

L’ematoma subdurale può causare alterazioni dello stato mentale, provocando coma, stato confusionale acuto o una sindrome demenziale. Le alterazioni cognitive possono presentarsi in ogni momento, dopo che il sangue comincia ad accumularsi e possono evolvere rapidamente o lentamente, a seconda delle dimensioni e della localizzazione dell’ematoma. Questa sindrome cronica può assomigliare alla demenza vascolare, con deficit neurologici focali e alterazioni cognitive. Drenando l’ematoma, si riacquista la funzionalità o si previene un’ulteriore perdita della funzione intellettiva. Tuttavia, alcuni autori ritengono che, se gli ematomi hanno esercitato per molto tempo pressione sull’encefalo (forse per un anno o più), la loro evacuazione non migliorerà in modo consistente la funzione cognitiva.

La causa di trasmissione più conosciuta di demenza è la malattia di Creutzfeldt-Jakob, nella quale predominano i deficit di memoria, le alterazioni elettroencefalografiche, il mioclono e talvolta l’atassia (v. Cap. 162). L’agente infettivo è legato a una proteina alterata chiamata prione, che può essere geneticamente acquisita o introdotta mediante trapianto di tessuti (dura madre o cornea n.d.t.), il cannibalismo o apparentemente mangiando prodotti di bestiame infetto (da qualche autore è stata ipotizzata una relazione con l’alimentazione a base di prodotti di origine bovina provenienti da animali colpiti da encefalopatia spongiosa n.d.t.). La maggior parte dei casi si presenta sporadicamente. Produce un’encefalopatia spongiforme caratteristica, neuropatologicamente molto diversa dalle alterazioni del morbo di Alzheimer. Il decorso è più rapido rispetto a quello del morbo di Alzheimer e dura in genere per 6-12 mesi.

I pazienti affetti da malattia di Gerstmann-Sträussler-Scheinker, altra demenza correlata alla trasmissione di prioni, presentano generalmente atassia, seguita tardivamente da declino della cognitività (v. Cap. 162). La sindrome colpisce persone più giovani e ha un decorso più lungo rispetto al morbo di Creutzfeldt-Jakob.

La paresi generale, una forma di neurolue, ha rappresentato una volta, nel mondo occidentale, una causa comune di demenza. Essa è ancora prevalente nei paesi in via di sviluppo. Oltre al deterioramento intellettivo, possono essere presenti tremori e alterazioni pupillari. Il liquor deve essere posto in reazione con l’anticorpo fluorescente treponemico (FTA), in quanto il test VRDL non è specifico. Un test FTA positivo per la lue stabilisce la diagnosi.

La demenza da AIDS può complicare gli ultimi stadi di infezione da HIV. Demenza può essere provocata dal HIV, dal virus JC, che causa una leucoencefalopatia multifocale progressiva o da una varietà di altri agenti infettivi opportunistici, compresi funghi, batteri, virus o protozoi, che possono essere identificati durante l’autopsia. Le manifestazioni più precoci comprendono rallentamento del pensiero e dell’eloquio, difficoltà di concentrazione e apatia, con capacità di insight conservata e con poche manifestazioni depressive. I movimenti motori sono rallentati; può evidenziarsi atassia o debolezza. I riflessi, compresi quelli estensori e plantari, diventano anomali. Il trattamento con zidovudina spesso induce un miglioramento, talvolta notevole.

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