22. FARMACOLOGIA CLINICA

304. TERAPIA FARMACOLOGICA NELL’ANZIANO

CONSIDERAZIONI PER UNA FARMACOTERAPIA EFFICACE

Sommario:

Introduzione
CLASSI DI FARMACI DI MAGGIORE INTERESSE


Gli aspetti clinici di fondamentale interesse comprendono l’efficacia e la sicurezza, il dosaggio, la complessità del regime terapeutico, il numero dei farmaci, il costo e la compliance del paziente.

La dose deve spesso essere ridotta fino a cinque volte, nonostante le dosi necessarie siano molto variabili tra un individuo e l’altro. In generale, per i farmaci con un basso indice terapeutico sono indicate dosi iniziali pari a 1/3 o 1/2 della dose abituale per gli adulti. Se un paziente ha un problema clinico che può essere esacerbato da un farmaco, la dose iniziale abituale deve essere ridotta del 50% circa, specialmente se l’eliminazione del farmaco diminuisce con l’invecchiamento.

La compliance (adesione) è condizionata da molti fattori, ma non dall’età di per sé (v. Compliance del paziente nel Cap. 301). Tuttavia, circa il 40% dei pazienti più anziani non assume i suoi farmaci come indicato dal medico, solitamente assumendo meno farmaci rispetto a quelli prescritti (compliance insufficiente).

Inizio Pagina

CLASSI DI FARMACI DI MAGGIORE INTERESSE

Alcune classi di farmaci (tra le quali i diuretici, gli antiipertensivi, gli antiaritmici, gli antiparkinsoniani, gli anticoagulanti, gli psicoattivi, gli ipoglicemizzanti e gli analgesici) presentano particolari rischi per i pazienti più anziani.

Diuretici: dosi più basse di diuretici tiazidici (p. es., l’idroclorotiazide o il clortalidone tra 12,5 e 25 mg) riescono a controllare efficacemente l’ipertensione, con un minor rischio di ipokaliemia e di iperglicemia rispetto a dosi più alte (v. anche Cap. 199). Ciò può consentire di ridurre la frequenza dei supplementi di potassio. Dosi superiori a 25 mg/die sono state associate con un aumento della mortalità.

Antiipertensivi: il trattamento dell’ipertensione è efficace nei pazienti anziani; una recente meta-analisi ha indicato che per prevenire 1 evento cardiovascolare devono essere trattati per 5 anni solamente 18 pazienti anziani. Le diverse classi di antiipertensivi (v. anche Cap. 199) hanno un’efficacia sovrapponibile nei pazienti anziani di razza bianca; tuttavia, i Ca-antagonisti e i diuretici sono efficaci soprattutto nei pazienti anziani di razza nera. Non è chiaro se alcuni antiipertensivi siano da preferire in virtù di una miglior garanzia di qualità della vita negli anziani. Se ben tollerati, i diuretici e i b-bloccanti sono i farmaci di prima scelta perché riducono il rischio di complicanze cardiovascolari in questi pazienti. Le controindicazioni dei b-bloccanti comprendono le broncopneumopatie croniche ostruttive e le vasculopatie periferiche; quelle della clonidina, la depressione; e quelle dei vasodilatatori e dei bloccanti a-adrenergici, l’ipotensione ortostatica preesistente. Le diidropiridine a breve durata d’azione (p. es., la nifedipina) non devono essere utilizzate, perché si sospetta che aumentino il rischio di mortalità.

Antiaritmici: gli antiaritmici (v. anche Cap. 205) hanno le stesse indicazioni e la stessa efficacia nei pazienti anziani e nei pazienti giovani. Tuttavia, a causa delle modificazioni della farmacocinetica, le dosi di alcuni di essi (p. es., la procainamide, la chinidina, la lidocaina) devono essere ridotte negli anziani. Inoltre, il rischio di reazioni avverse significative nei confronti di alcuni farmaci (p. es., la mexiletina, i farmaci di classe Ic come l’encainide e la flecainide) aumenta con l’età. La clearance della digossina si riduce mediamente del 50% nei pazienti anziani con normali livelli sierici di creatinina. Di conseguenza, le dosi di mantenimento devono essere inizialmente basse (0,125 mg/die) e regolate a seconda della risposta clinica e dei livelli sierici di digossina.

Antiparkinsoniani: la clearance della levodopa è diminuita nei pazienti anziani, i quali sono inoltre maggiormente suscettibili all’ipotensione posturale e alla confusione mentale. Pertanto, essi devono assumere basse dosi iniziali di levodopa e devono essere attentamente seguiti per identificare l’insorgenza di effetti sfavorevoli (v. anche Cap. 179). I pazienti che sviluppano confusione mentale durante una terapia con levodopa potrebbero non tollerare meglio di essa gli agonisti dopaminergici più recenti (p. es., la bromocriptina, la pergolide, il pramipexolo, il ropinirolo). Poiché i pazienti anziani con parkinsonismo possono avere una compromissione delle funzioni cognitive, i farmaci anticolinergici devono essere evitati.

Anticoagulanti: l’invecchiamento non altera la farmacocinetica del warfarin ma può aumentare la sensibilità alla sua azione anticoagulante. (Gli studi non hanno confermato che l’invecchiamento in quanto tale aumenta il rischio complessivo di sanguinamento, ma in alcuni di essi i pazienti con fibrillazione atriale e un’età superiore a 75 anni hanno mostrato un aumento del rischio di emorragia cerebrale.) I pazienti anziani generalmente necessitano di dosi di warfarin più basse sia come carico (< 7,5 mg) sia come mantenimento (di solito < 5 mg/die) (v. anche Cap. 72). Se il farmaco deve essere sospeso (p. es., prima di un intervento chirurgico), il ritorno a uno stato coagulativo normale può essere più lento.

Psicoattivi: nei pazienti non psicotici agitati, gli antipsicotici controllano i sintomi solo marginalmente meglio rispetto ai placebo. Sebbene gli antipsicotici siano in grado di ridurre gli stati paranoici, essi possono peggiorare la confusione mentale (v. anche Cap. 171). I pazienti anziani, specialmente le donne, hanno un aumento del rischio di discinesia tardiva, la quale è spesso irreversibile. Sedazione, ipotensione posturale, effetti anticolinergici e acatisia (irrequietezza motoria soggettiva) possono verificarsi in una percentuale che arriva al 20% degli anziani che assumono un antipsicotico, e il parkinsonismo indotto dai farmaci può persistere fino a 6-9 mesi dopo la loro sospensione. Quando si impiega un antipsicotico, la dose iniziale deve essere pari a circa 1/4 della dose abituale per gli adulti e deve essere aumentata gradualmente. Il rischio di disfunzione extrapiramidale sembra essere più basso con i nuovi antipsicotici atipici (p. es., l’olanzapina, la quetiapina, il risperidone), un potenziale vantaggio negli individui anziani. Tuttavia, l’esperienza con questi farmaci nell’anziano è limitata ed è necessario ricorrere a una riduzione della dose (p. es., per il risperidone una dose tipica è di 1-2 mg/die). Gli anziani sembrano tollerare l’olanzapina discretamente bene.

L’utilizzo degli ansiolitici e degli ipnotici è problematico (v. anche Cap. 173). Diverse benzodiazepine sembrano avere efficacia sovrapponibile per il miglioramento della sintomatologia ansiosa; la scelta dipende dalla farmacocinetica e dalla farmacodinamica del composto. Prima dell’utilizzo degli ipnotici devono essere ricercate e curate le cause trattabili di insonnia (v. anche Cap. 173). In generale, le benzodiazepine a durata d’azione da breve a intermedia, con emivita < 24 h (p. es l’alprazolam, il lorazepam, l’oxazepam, il temazepam), sono da preferire per l’induzione della sedazione o del sonno. Le benzodiazepine a durata d’azione più prolungata devono essere evitate perché il rischio di accumulo e di tossicità è aumentato, portando a sonnolenza, riduzione delle capacità mnemoniche e compromissione dell’equilibrio con cadute e fratture. Il trattamento dell’ansia o dell’insonnia deve essere di durata limitata, se possibile, perché possono svilupparsi tolleranza e dipendenza; la sospensione può causare insonnia e ansia di rimbalzo. Il buspirone, un agonista parziale della serotonina, è efficace quanto le benzodiazepine nel trattamento del disturbo d’ansia generalizzato; i pazienti anziani tollerano bene dosi fino a 30 mg/ die. La lenta comparsa del suo effetto ansiolitico (fino a 2-3 sett.) può essere uno svantaggio nei casi urgenti. Lo zolpidem è un ipnotico non benzodiazepinico che si lega principalmente a un sottotipo del recettore per le benzodiazepine; i pazienti anziani con insonnia sembrano tollerare bene dosi tra i 5 e i 10 mg. I vantaggi dello zolpidem sulle benzodiazepine sono una minore interferenza sul profilo del sonno, minori effetti di rimbalzo e un minor potenziale di dipendenza. Gli antagonisti dei recettori istaminici (p. es., la difenidramina, l’idrossizina) non sono consigliabili a causa dei loro effetti anticolinergici.

Gli antidepressivi sono il cardine del trattamento della depressione negli anziani (v. anche Cap. 189) e gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (Selective Serotonin Reuptake Inhibitors, SSRI, p. es., la fluoxetina, la paroxetina, la sertralina) sono generalmente considerati gli antidepressivi di scelta. Questi farmaci sembrano essere efficaci quanto gli antidepressivi triciclici e causano minore tossicità, specialmente in caso di sovradosaggio. Un possibile svantaggio della fluoxetina è rappresentato dalla sua lunga emivita di eliminazione, specialmente per quanto riguarda il suo metabolita attivo. La paroxetina ha un maggior effetto sedativo, ha azione anticolinergica e può inibire l’attività enzimatica del citocromo P-450 2D6 epatico, con il rischio di compromettere il metabolismo di diversi farmaci, compresi alcuni antipsicotici, antiaritmici e antidepressivi triciclici. La sertralina è maggiormente attivante; la diarrea è un suo comune effetto collaterale. Le dosi di questi farmaci devono essere ridotte fino al 50%.

Gli antidepressivi triciclici sono efficaci. Quelli con i minori effetti collaterali sono da preferire negli anziani e quelli con significativi effetti anticolinergici (p. es., l’amitriptilina, l’imipramina), antiistaminici (p. es., la doxepina) e antidopaminergici (p. es., l’amoxapina) sono da evitare. La nortriptilina e la desipramina (inibitori del reuptake della noradrenalina), cominciando con 10-25 mg/die, sono più affidabili. Entrambe hanno una bassa potenza anticolinergica e la nortriptilina ha la minore azione di blocco a-adrenergico (ipotensivo). Il sovradosaggio provoca tossicità cardiaca e neurologica, precludendo l’impiego di questi farmaci nei pazienti a rischio di suicidio. Il trazodone è utile nei pazienti agitati, ha una bassa potenza anticolinergica ed è meno cardiotossico rispetto ai triciclici, tuttavia può causare priapismo. Il bupropione non è cardiotossico ma può aumentare il rischio di convulsioni. I farmaci più recenti (p. es., la mirtazapina, il nefazodone, la venlafaxina) devono essere riservati ai pazienti che non rispondono agli SSRI o che non li tollerano. Il metilfenidato può essere utile per il trattamento di pazienti anziani selezionati affetti da depressione che hanno avuto un ictus o che hanno una patologia di tipo medico. L’inizio dell’azione del farmaco è rapido.

Ipoglicemizzanti: le dosi degli ipoglicemizzanti, compresa l’insulina e le sulfaniluree, devono essere titolate per prevenire un’iperglicemia sintomatica senza causare ipoglicemia (v. anche Cap. 13). L’invecchiamento può ridurre la clearance dell’insulina, ma le dosi necessarie dipendono dal livello di insulino-resistenza, che è molto variabile tra i pazienti con diabete di tipo II. L’incidenza di ipoglicemia dovuta all’utilizzo di sulfaniluree può aumentare con l’età. La clorpropamide non è raccomandata, perché i pazienti anziani hanno un aumento del rischio di iponatriemia e perché la prolungata durata d’azione del farmaco è pericolosa se si verifica una tossicità o un’ipoglicemia.

La metformina, una biguanide escreta dal rene, aumenta la sensibilità dei tessuti periferici all’insulina e può essere efficace nei pazienti anziani da sola o in associazione con le sulfaniluree. Tuttavia, la sua efficacia e la sua sicurezza a lungo termine negli anziani non sono state ben stabilite. Il rischio di acidosi lattica, una complicanza rara ma grave, aumenta con il grado di insufficienza renale e con l’età del paziente.

Il troglitazone, il quale può essere utilizzato insieme all’insulina o agli ipoglicemizzanti orali, sensibilizza i tessuti periferici agli effetti dell’insulina. I pazienti anziani sembrano tollerarlo bene. Tuttavia, la sua possibile epatotossicità ne fa un farmaco di riserva. Il troglitazone deve essere sospeso se non si dimostra efficace (p. es., inducendo una riduzione della Hb A1c superiore all’1%).

L’acarboso, somministrato ai pasti, riduce gli innalzamenti postprandiali della glicemia e, in associazione con altri ipoglicemizzanti, può migliorare il controllo della glicemia in alcuni pazienti. L’intolleranza GI può essere un problema.

Analgesici: i FANS fanno parte dei farmaci utilizzati più frequentemente; diversi di essi possono essere acquistati senza prescrizione medica (v. Cap. 167 e Artrite reumatoide nel Cap. 50). Alcuni dati indicano che la clearance dei salicilati, dell’oxaprozina e del naproxene è ridotta nei pazienti anziani. L’ulcera peptica e il sanguinamento delle alte vie digestive sono gravi conseguenze dell’utilizzo dei FANS; il rischio è maggiore all’inizio della somministrazione di un FANS e quando la dose viene aumentata. Alcuni FANS (p. es., l’ibuprofene, il diclofenac, il salsalato) hanno una probabilità lievemente inferiore di causare sanguinamento delle alte vie digestive. L’invecchiamento non sembra aumentare il rischio di effetti sfavorevoli GI indotti dai FANS, ma se tali complicanze si verificano, la morbilità e la mortalità sono considerevolmente superiori nei pazienti anziani. Il rischio di emorragia del tratto digestivo superiore aumenta più di dieci volte quando i FANS vengono somministrati in associazione con il warfarin. Nei pazienti ad alto rischio di complicanze gastriche da FANS, possono essere aggiunti il misoprostolo o un inibitore della secrezione acida gastrica più potente (p. es., l’omeprazolo, il lansoprazolo). Tali farmaci possono ridurre il rischio di insorgenza di ulcera peptica. Il rischio di insufficienza renale indotta dai FANS può essere aumentato nei pazienti anziani. Il monitoraggio della creatinina sierica è un approccio ragionevole al problema, specialmente per i pazienti con altri fattori di rischio (p. es., scompenso cardiaco, insufficienza renale, cirrosi ascitogena, deplezione di volume, uso di diuretici). Nel prossimo futuro, gli inibitori della ciclossigenasi-2 (CycloOXygenase-2, COX-2) potrebbero offrire una maggiore sicurezza rispetto ai FANS nei pazienti anziani.

Inizio Pagina

-indietro- -ricerca- -indice sezione- -indice generale- -indice tabelle- -indice figure- -help-

Copyright © 2002 Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A. Via G. Fabbroni, 6 - 00191 Roma - Tutti i diritti riservati.

Informativa sulla privacy