23. AVVELENAMENTI

307. AVVELENAMENTI

(Per l'avvelenamento dovuto alla presenza di tossine batteriche o di altra natura negli alimenti, v. Cap. 28. Per gli avvelenamenti nei bambini, v. AVVELENAMENTI nel Cap. 263.)

Sommario:

Introduzione
Prevenzione
Terapia
Terapia delle complicanze


In tutto il mondo, sono state identificate più di 13 milioni di sostanze chimiche naturali e sintetiche; meno di 3000 di esse sono responsabili di più del 95% degli avvelenamenti accidentali e intenzionali. Il sospetto e l'identificazione dei casi di avvelenamento e l'accurata valutazione della potenziale tossicità di un veleno sono essenziali per poter instaurare una terapia efficace, dal momento che, finché non viene diagnosticata una sindrome tossicologica specifica, il trattamento è semplicemente di supporto. Un avvelenamento deve essere preso in considerazione nella diagnosi differenziale di qualunque sintomo o segno inspiegabile, specialmente nei bambini al di sotto dei 5 anni e nei giovani. L'avvelenamento può costituire un tentativo di suicidio nelle persone depresse. Altri gruppi ad alto rischio comprendono gli anziani (miscugli di medicamenti), i pazienti ospedalizzati (errori farmacologici), i lavoratori esposti a sostanze chimiche occupazionali e le persone esposte alla contaminazione ambientale.

Deve essere raccolta un'anamnesi pertinente. Sia il paziente, particolarmente se privo di sensi, sia il locale in cui si trova, devono essere ispezionati alla ricerca di farmaci (p. es., preparazioni solide con stampigliature di identificazione) o tracce dell'uso di farmaci (p. es., fori di ingresso di aghi), e di alcol o di segni della sua assunzione. (L'alcolismo, la tossicodipendenza e l'uso di altre sostanze illecite sono trattati nel Cap. 195.) Spesso, il tipo e la velocità dell'esordio della sintomatologia confermano o escludono un sospetto di avvelenamento. Appena possibile, devono essere raccolti campioni di sangue e di urina.

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Prevenzione

Negli USA, la diffusione dei contenitori a prova di bambino dotati di chiusure di sicurezza ha diminuito le morti da avvelenamento nei bambini al di sotto di 5 anni da circa 500 nel 1959 a circa 50 nel 1996. Altri provvedimenti per la prevenzione degli avvelenamenti comprendono l'etichettatura dei prodotti domestici e delle sostanze soggette a prescrizione, l'uso di stampigliature di identificazione sulle preparazioni farmaceutiche solide, l'eliminazione del piombo dalla benzina, l'impiego di sensori di rilevamento per il monossido di carbonio e il miglioramento della sorveglianza sull'esposizione alle sostanze tossiche nell'industria e nell'ambiente in generale.

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Terapia

Bisogna stabilire l’adeguatezza della funzione cardiaca e respiratoria, e se necessario bisogna avviare le manovre di rianimazione (v. Cap. 206 e 263). Ai pazienti con alterazione dello stato mentale devono essere somministrati immediatamente glucoso, naloxone e tiamina EV, dopo aver prelevato il sangue per le opportune analisi.

Se possibile, devono essere identificate rapidamente la sostanza assunta, la sua via di ingresso nell’organismo e la sua tossicità potenziale. Bisogna accertare l’effettiva necessità di un intervento medico, tenendo presente che molte sostanze non sono tossiche (v. Tab. 307-1). L’eccesso di trattamento può essere rischioso ed è sicuramente costoso.

Veleni ingeriti: l’emesi precoce rimuove di solito una quantità di veleno superiore rispetto alla lavanda gastrica o al carbone attivo impiegati più tardivamente. (Attenzione: non provocare il vomito se il paziente è comatoso, se sta avendo o è probabile che stia per avere un attacco convulsivo, oppure se ha ingerito sostanze corrosive. L’emesi dei distillati del petrolio è indicata di rado, a meno che essi non contengano in soluzione un composto che richiede lo svuotamento gastrico [p. es., il parathion].) Lo sciroppo di ipecacuana, da 15 a 30 ml (da 1 a 2 cucchiai da tavola), assunto con acqua o bevande analcoliche (15 ml/kg per i bambini piccoli o 1 l per gli adulti) induce immediatamente il vomito; la dose può essere ripetuta nei successivi 30 min, se necessario. Se l’ipecacuana non è disponibile e il paziente è lontano da una struttura medica, il vomito può essere provocato somministrando acqua saponata (con un detergente semplice). Devono essere conservati tutti i contenitori del prodotto ingerito e campioni adeguati del prodotto stesso, oltre a qualunque materiale espulso con il vomito.

La lavanda gastrica, se necessaria (evitare in presenza di convulsioni o se la sostanza ingerita è corrosiva), deve essere effettuata con il tubo di sezione più larga tra quelli idonei per il paziente. Nei pazienti sedati o comatosi di età superiore a 2 anni, per evitare l’aspirazione si utilizza un tubo endotracheale cuffiato. Nei pazienti con meno di 2 anni, la cuffia non è necessaria perché il tubo endotracheale aderisce alle pareti facendovi tenuta. Il paziente deve essere posto con la testa verso il basso e bisogna somministrargli NaCl (per gli adulti, soluzione fisiologica di NaCl allo 0,9% o acqua corrente; per i bambini, soluzione allo 0,45%). I liquidi di lavaggio devono essere introdotti in aliquote di 20-30 ml, ognuna delle quali viene seguita dalla rimozione del contenuto gastrico tramite sifone o siringa, fino a quando i lavaggi non appaiono privi della tossina (in genere, tra 500 e 3000 ml di soluzione di lavaggio). Viene quindi somministrato un antidoto specifico (v. oltre), se disponibile; altrimenti, si somministra un impasto di carbone attivo.

Il carbone attivo, a causa della sua configurazione molecolare e della sua ampia superficie di scambio, adsorbe quantità significative di molti veleni, impedendone l’assorbimento da parte dell’intestino. Esso è particolarmente efficace quando il paziente è sintomatico e quando il composto viene riescreto nell’intestino (p. es., fenobarbital, teofillina). Il carbone attivo viene utilizzato sempre più spesso come la principale tecnica di trattamento degli avvelenamenti nei dipartimenti di emergenza.

Quanto più presto viene somministrato, tanto più esso risulta efficace. Ne deve essere impiegata una quantità da 5 a 10 volte superiore a quella del veleno che si sospetta sia stato ingerito. Se la quantità di veleno è sconosciuta, la dose abituale di carbone attivo va da 10 a 25 g per i bambini con meno di 5 anni o da 50 a 100 g per i bambini più grandi e per gli adulti. Il carbone attivo viene somministrato sotto forma di impasto (da 20 a 200 g in acqua), preferibilmente mediante sondino gastrico. Può essere utile la somministrazione di una dose prima di eseguire la lavanda gastrica. Esso non deve essere somministrato prima o immediatamente dopo lo sciroppo di ipecacuana. Circa il 30% dei pazienti vomita dopo la somministrazione del solo carbone.

L’impiego dei catartici è molto controverso; essi possono in realtà aumentare l’assorbimento, più che promuovere l’escrezione. Se vengono utilizzati, è meglio limitarsi a 30 g di solfato di sodio disciolti in 250 ml di acqua (riducendo proporzionalmente la quantità nei bambini) oppure in soluzioni di sorbitolo/carbone attivo (massimo 2 dosi).

Anche se non sono numerosi, gli antidoti specifici hanno una notevole efficacia; ne sono esempi il naloxone nelle overdosi di oppioidi, l’atropina negli avvelenamenti da organofosfati, il blu di metilene nella metaemoglobinemia, l’acetilcisteina nell’intossicazione da aminofeni (v. Avvelenamento da acetaminofene nel Cap. 263), i frammenti Fab anti-digitale (Digibind) nell’intossicazione da digossina (v. anche Cap. 302).

Contaminazione della cute e degli occhi: dopo la rimozione degli indumenti contaminati (comprese le scarpe e le calze), la cute deve essere accuratamente lavata e gli occhi sciacquati con grandi quantità di acqua o soluzione salina (v. anche Ustioni nel Cap. 91 e Trattamento d’emergenza iniziale nel Cap. 276). I soccorritori devono proteggersi a loro volta dalla contaminazione.

Veleni inalati: il paziente deve essere allontanato dall’ambiente contaminato e il resto del personale deve essere protetto dalla contaminazione. Può essere necessaria l’assistenza respiratoria.

Morsi e punture: il trattamento immediato delle punture e dei morsi velenosi è trattato nel Cap. 308.

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Terapia delle complicanze

La stimolazione del SNC può richiedere la sedazione, solitamente con una benzodiazepina o un barbiturico. Nell’avvelenamento da amfetamina pura, possono essere utilizzate la clorpromazina o una benzodiazepina. Per porre fine alle convulsioni o prevenire la loro ricomparsa, viene somministrata una benzodiazepina lentamente EV (p. es., diazepam da 5 a 10 mg per gli adulti, da 0,1 a 0,2 mg/kg per i bambini) oppure fenobarbital (da 100 a 200 mg EV o IM per gli adulti, da 4 a 7 mg/kg per i bambini). Idealmente, la fenitoina non dovrebbe essere utilizzata. La saturazione di O2 deve essere tenuta strettamente sotto controllo. Le convulsioni refrattarie necessitano molto raramente, se non mai, di anestesia generale.

La depressione grave del SNC richiede l’assistenza circolatoria e respiratoria (v. Cap. 66). Può essere necessaria l’intubazione endotracheale e, raramente, la tracheostomia. Nell’avvelenamento sospetto o accertato da narcotici, deve essere impiegato il naloxone in dosi ripetute (v. Dipendenza da oppioidi nel Cap. 195). Gli stimolanti risultano inefficaci e sono generalmente controindicati.

L’edema cerebrale è comune nell’avvelenamento da sedativi, da monossido di carbonio, da piombo e da altri depressori del SNC. Si somministra lentamente EV in 30-60 min una soluzione di mannitolo al 20% (da 5 a 10 ml/kg). Vengono impiegati anche i corticosteroidi (desametasone 1 mg/m2 di ASC q 6 h per infusione EV). Meno frequentemente, per cercare di modificare il grado di edema cerebrale viene utilizzato il monitoraggio della pressione intracranica associato a iperventilazione. Il coma da barbiturici, nell’edema cerebrale dovuto a episodi ipossici, non è più raccomandato.

L’insufficienza renale, se presente, può richiedere il trattamento dialitico. L’insufficienza epatica può rendere indicato il trapianto di fegato.

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